Home > Iraq: orrore in chiesa
di Gennaro Migliore
La densità dell’orrore e della barbarie aumentano ogni giorno in quella che era una nazione e che oggi è, indiscutibilmente, una galassia in esplosione. Domenica, nell’ora consacrata alla preghiera per i cristiani di tutto il mondo, cinque simultanee auto cariche di bombe umane ed esplosive hanno fatto crudelmente irruzione nella quotidianità della comunità cristiana caldea. E’ una guerra inedita ma non per questo scollegata da ciò che è avvenuto in precedenza. Dalla martellante pioggia di bombe, come ancora ieri a Falluja, che prima non faceva distinzioni se non tra occupanti ed occupati, che è continuata con gli attentati alle lunghe file di chi cerca un lavoro nei cosiddetti "corpi di sicurezza" al soldo degli americani, che poi si è rivelata come contesa tra fazioni in lotta, come nel caso degli attentati alle moschee, e che oggi diviene monito sanguinante per una minoranza già da tempo in fuga.
Questa occupazione dell’Iraq si sta rivelando come il paradigma delle guerre contemporanee: forme endemiche e prive di conclusioni prevedibili, che ad ogni colpo sferrato producono un vuoto, riempito immediatamente dal caos della violenza. E’ difficile, infatti, pensare che la lunga sequenza degli attentati terroristici risponda ad una logica di ricostruzione di un fronte di resistenza nazionale. Piuttosto preferisce lanciare "segnali" mondiali e, colpendo inermi civili per loro sfortuna cristiani, vuole proiettare l’ombra della guerra di civiltà ovunque. La generazione di panico è l’unica strategia di una lotta per il potere che si combatte così asimmetricamente.
D’altro canto, le potenze occupanti sono impegnate a rincorrere in un baratro le loro folli scelte, per raggiungere scopi anch’essi, e su ben altra scala, di autoconservazione del potere. Gli stessi media occidentali funzionano come specchi deformanti, tesi alla amplificazione delle minacce di Al Zarkawi e simili, per trovare una ragione alla prosecuzione di una guerra nata sulle menzogne.
Del resto sul tavolo irakeno si stanno giocando molte partite. Se Kerry non fa altro che rimuovere la questione guerra, tacendo vergognosamente anche sulle torture e mostrandosi come un soldato pronto per la patria, la Francia, insieme a paesi per ora considerati non belligeranti, riprende la strada della ricontrattazione dei rapporti di forza mondiali, servendosi della Nato e, in fretta, accantonando l’Onu.
L’Iraq e gli irakeni sono allo stremo, mentre la guerra continua nel suo corso di sangue e lutti. Solo un atto di reale sospensione delle ostilità, il ritiro delle truppe occupanti, può provare a frenare l’esplosione, non solo metaforica, che ci attendiamo con timore da quella terra. E a quelli che ci dicono che "proprio oggi" non ci si può ritirare, per un malinteso senso di responsabilità, rispondiamo che la guerra non è stata mai così tragica come oggi.