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Istanbul in fiamme. Erdogan: colpa di Twitter

par Massimo Lauria

Publie le lunedì 3 giugno 2013 par Massimo Lauria - Open-Publishing

Terza notte di scontri, oltre 1400 feriti in tre giorni, 5 in gravi condizioni e 1700 arrestati. La stampa turca tace e il premier se la prende con i social network.

«Ora c’è una nuova minaccia che si chiama Twitter. Le bugie migliori si possono trovare qui. Per me, i social media sono la peggiore minaccia della società». Così Recep Tayyip Erdogan, riferendosi al ruolo che il web sta giocando nel rilanciare la grande protesta di Istanbul, che ormai si è estesa a tutta la Turchia. Le immagini delle manifestazioni, bagnate col sangue dei dimostranti, hanno fato il giro del mondo, costringendo il presidente turco Abdullah Gül ad ammonire Ergogan. «Esagerata la risposta della polizia, un uso eccessivo della forza», ha detto il presidente. E lo stesso primo ministro ha dovuto ammettere che in piazza i suoi uomini hanno usato la mano pesante. I numeri sono impressionanti: oltre 1400 feriti, di cui 5 in fin di vita e 1700 manifestanti sono stati arrestati. Non sono invece state confermate le notizie che parlano di 2 morti. Mentre i network televisivi e la stampa turca in generale hanno messo la sordina sulle notizie che riguardano le motivazioni del dissenso.

Ieri è stata la terza notte di scontri in tutto il Paese e ancora in piazza Taksim, a Istanbul, diventata il simbolo dell’opposizione al governo di Erdogan. Proteste anche ad Ankara e Smirne, dove i manifestanti hanno lanciato bottiglie molotov contro la sede del Akp, il partito islamico di Tayyip Erdogan. Quella che era partita come una protesta pacifica contro l’abbattimento di una grande area verde a Istanbul, per consentire la costruzione di un centro commerciale e il terzo ponte sul Bosforo, ha ormai assunto il carattere di un dissenso politico tout court. «Dittatore, dimettiti! Noi resisteremo fino alla vittoria», hanno urlato i manifestanti impegnati a difendersi dai continui attacchi della polizia. Erdogna intanto respinge le accuse di essere un dittatore e in un messaggio televisivo minimizza le cause della protesta. Poi attacca Twitter e Facebook, attraverso i quali sono state convocate le manifestazioni di questi giorni.

Lacrimogeni lanciati anche dagli elicotteri e per strada ad altezza uomo. Un manifestante, accucciato dietro una improbabile barricata, è stato letteralmente spazzato via da un blindato della polizia. Non si conosce il numero esatto di feriti. Per questa terza notte di manifestazioni le autorità parlano di 58 tra i civili e 115 tra le forze dell’ordine. Ma i dati ufficiali sono stati smentiti dalle fonti mediche di Ankara, che solo per la notte scorsa hanno parlato di oltre 400 persone finite in ospedale a causa degli scontri e soprattutto dei gas lacrimogeni lanciati dalla polizia. «Pretendiamo dal ministero della Sanità turco informazioni precise sul numero di persone rimaste ferite negli scontri» e «lanciamo un appello perché ci sia uno stop nell’uso di gas lacrimogeni che sono la causa principale delle ferite riportate dai manifestanti», ha detto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

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