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Kerry è un candidato con l’elmetto

Publie le sabato 31 luglio 2004 par Open-Publishing

di Massimo Fini

Mi paiono un po’ patetiche le speranze che molti autorevoli esponenti della sinistra italiana, a cominciare da Fassino e Rutelli che si sono recati a Boston per assistere, adoranti, alla Convention democratica, ripongono in Kerry. «Se vince lui tutto cambia» hanno detto i due dioscuri. Non cambia assolutamente nulla, Kerry ha già detto a chiare lettere che non ritirerà le truppe americane dall’Iraq, manderà anzi più soldati. Però consulterà i leaders europei. In cambio di questa degnazione Kerry chiede «un fattivo contributo dell’Europa in termini di uomini e di partecipazione alle spese». Ma che bella festa. Così l’Europa si troverebbe coinvolta fino al collo in una guerra che la stragrande maggioranza dei suoi governi e la totalità della sua popolazione non ha voluto.

C’è tutta la storia americana degli ultimi cent’anni a dire che i democratici sono sempre stati più guerrafondai dei repubblicani, la cui tendenza di fondo è semmai l’isolazionismo. Fu il democraticissimo John Fitzgerald Kennedy ad iniziare la sciagurata avventura del Vietnam e il repubblicano Richard Nixon a chiuderla (’Nixon boia’ per le sinistre italiane che ragionano, non meno delle nostre destre, per schemi). Fu sempre Kennedy a tentare la spedizione della ’Baia dei porci’.

Fu il democratico Carter a provare un grottesco blitz nell’Iran khomeinista. E, per venire a tempi più recenti, è stato il democratico Clinton, che tanto piace a Veltroni la cui passione per l’America nasce dal fatto che da bambino leggeva Nembo Kid, a violare per primo quella norma di diritto internazionale, fino ad allora mai messa in discussione, che vietava ogni ingerenza militare negli affari interni di uno Stato sovrano. E l’aggressione alla Jugoslavia è l’antecedente, fattuale e logico, di quella all’Iraq. Con l’aggravante che Clinton non aveva alle spalle nemmeno l’11 settembre e che, in quell’occasione, violò anche lo statuto della Nato che è un accordo difensivo, mentre la Jugoslavia di Milosevic non costituiva una minaccia per alcun Paese del Patto Atlantico (era anzi un baluardo dell’Europa cristiana contro l’infiltrazione islamica nei Balcani). Ma cambierà pochissimo anche in politica interna.

Un sondaggio di un paio di anni fa avvertiva che una buona parte degli stessi americani non percepisce le sottili differenze fra democratici e repubblicani. E si capisce perché, negli Stati Uniti le politiche non vengono decise dai Presidenti, democratici o repubblicani che siano, ma dalle grandi Corporation che li sostengono. E i ricchi difendono, com’è ovvio che sia, gli interessi dei ricchi. Bush e Kerry, se non è zuppa è pan bagnato.

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