Home > Klein:«Il sequestro conviene a Roma»
L’autrice di No logo mette in fila i dubbi sul rapimento. Secondo un leader iracheno le due donne sono a Falluja
di SARA MENAFRA
«Quello che sappiamo è questo: se il rapimento dovesse chiudersi in un bagno di sangue, Washington, Roma e i loro surrogati iracheni useranno immediatamente la tragedia per giustificare la brutale occupazione - una occupazione contro cui Simona Pari, Simona Torretta, Raad Ali Abdul Aziz e Manham Bassam hanno lottato a rischio della vita.
E saremo liberi di pensare che questo era il piano fin dall’inizio». Si chiude con uno dei tanti dubbi che ha attraversato tutta questa vicenda l’articolo che l’autrice di No logo Naomi Klein e Jeremy Scahill, dell’emittente americana Democracy now, hanno dedicato alla vicenda dei volontari delle ong italiane rapite in Iraq ormai nove giorni fa.
L’articolo, pubblicato dal Guardian, ripercorre tutte le incongruenze che hanno segnato questo sequestro. A partire dai venti uomini vestiti con abiti molto simili a quelli degli agenti segreti di Saddam che si sono presentati alla porta di Simona, Simona, Mahanaz e Raad muniti di armi che difficilmente si trovano in Iraq e chiamando «sir» il loro capo.
E mette in luce un particolare: «I giornalisti occidentali preferiscono non parlare di spie perché temono di essere bollati come teorici della cospirazione. Ma le spie e le operazioni segrete in Iraq non sono una cospirazione. Sono la realtà quotidiana. Secondo il vice direttore della Cia James L. Pavitt "Baghdad è la sede della più grande base della Cia dalla guerra del Vietnam ad oggi" con 500 o 600 agenti in campo. Lo stesso Allawi è una testa di legno che ha lavorato con la M16, la Cia e il mukhabarat (i servizi di Saddam ndr), specializzandosi nella rimozione dei nemici del regime».
A prescindere dalle interpretazioni, però, sulle sorti dei quattro rapiti, dopo l’ottimismo di qualche giorno fa, regna il silenzio assoluto e circolano le ipotesi più diverse. Tra le tante due sembrano più attendibili di altre. Prima di tutto quella di Jalal Talabani, uno dei leader della comunità curda irachena, che in una intervista pubbicata oggi su Panorama si dice «molto ottimista». «Sappiamo che le due ragazze sono state nascoste in un primo momento nel quartire di Abu Ghraib. In seguito i sequestratori hanno cercato di trasferirle a Falluja, un luogo per loro più sicuro. Abbiamo preso contatto con alcuni membri del partito islamico sunnita e con alcuni leader tribali sempre dell’area sunnita.
Abbiamo chiesto loro di aiutarci a trovare le due italiane e anche i due iracheni e di liberare tutti perché non hanno alcuna colpa se non quella di far andare a scuola i nostri bambini». L’altra, pure ottimista, è quella dell’arcivescovo caldeo di Kirkuk, monsignor Luis Sako. «Secondo me Simona Pari e Simona Torretta sono state rapite per un riscatto in denaro» ha spiegato il prelato ai microfoni di Radio 24. «Questi terroristi , fedeli all’ex regime di Saddam o gruppi di estremisti, stanno finendo i soldi. Devono finanziarsi per comprare armi e ricorrono a questi sequestri. Perciò sono ottimista su come finirà questa vicenda».
Intanto ieri i carabinieri romani hanno riportato nel palazzo della provincia le due gigantografie di Simona e Simona, rubate nel fine settimana. Dietro al furto non ci sarebbe nessuna volontà politica, ma l’equilibrio mentale «precario» di un gahanese di 35 anni, rifugiato politico in Italia.