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Il vento di Seattle soffia anche sulla "Grande Mela"
Chi sono, da dove vengono e cosa vogliono i militanti che assedieranno la convention repubblicana
Decine di migliaia di persone, in auto, in treno, in aereo, in pullman stanno raggiungendo in queste ore New York. Sono il movimento americano. Vogliono contestare il grande show del Madison Square Garden, la convention del Partito repubblicano che giovedì prossimo lancerà ufficialmente la candidatura di George W. Bush. Vengono da esperienze e condizioni materiali diverse: giovani, lavoratori bianchi, neri, ispanici, femministe, attivisti politici e sociali. Molti voteranno a malincuore Kerry, perché "anyone but Bush" (chiunque ma non Bush). Altri voteranno per Nader. Alcuni (pochi) non andranno a votare. Malgrado le differenze, tutti sono uniti da una visione comune: il rifiuto della guerra, delle ingiustizie sociali e della violazione dei diritti civili. E tutti intendono sperimentare la capacità di iniziativa e di autonomia sul terreno più difficile, più tradizionalmente dominato dalla classe dirigente: la campagna elettorale per la presidenza....
...Sembra ormai certo che la marcia di domenica mattina, organizzata da United for Peace and Justice, sarà una delle più grandi manifestazioni della storia degli Stati Uniti. Senza contare, peraltro, che il corteo di domenica sarà solo l’avvio di cinque giorni di marce, azioni dirette, wokshop e assemblee (sul piano della discussione, gli incontri di Life After Capitalism 2004 costituiscono la scadenza principale). L’agenda degli appuntamenti della counter convention intreccia le modalità di dibattito e di incontro dei Social Forum e dei contro-vertici. Oltre ai diversi cortei, ci sono le iniziative di azione diretta e di disobbedienza civile, organizzate da centinaia di gruppi, più o meno coordinati tra loro. Forte sarà il ricorso a pratiche creative e situazioniste, dalla critical mass alle tattiche pink, l’uso delle nuove tecnologie audio-visive e informatiche, le iniziative mediattivistiche. Anche l’area black, spesso sostenitrice di tattiche di azione diretta più dure, sarà attiva (gli anarchici sono già stati molto visibili nelle contestazioni alla convention democratica di Boston). L’efficacia di tutte le azioni dirette sarà però condizionata dall’imponente apparato di sicurezza e dala repressione preventiva dell’FBI.
L’elenco delle sigle promotrici della counter convention è estremamente lungo. Ma un’analisi basata sulle sigle nazionali è ingannevole. L’importanza delle strutture organizzate, nel movimento Usa, è relativamente limitata, almeno se paragonata alla tradizione europea. Le differenze sociali, geografiche, etniche, insieme ad una radicata tradizione anti-burocratica, producono da sempre una forte mobilità organizzativa.
La più importante, la già citata United for Peace and Justice, è essa stessa una coalizione di centinaia di strutture, collettivi, riviste, associazioni, realtà locali e nazionali.
Dal punto di vista geografico, dopo i newyorchesi, il nucleo più consistente proverrà dall’Ovest, San Francisco in primo luogo, ma anche Washington State e l’Oregon, le regioni da cui ha avuto origine il movimento anti-globalizzazione negli anni ’90. Presenze significative sono comunque previste da tutte le aree metropolitane e addirittura, anche se più marginalmente, dal Sud e dal Mid-west. La caratterizzazione giovanile delle manifestazioni sarà molto forte e non limitata agli studenti benestanti dei campus storici. Tra le minoranze, la presenza degli afro-americani sarà la più importante, per numero e per influenza, nonostante la crisi politica ed organizzativa del movimento dei neri. Numerosa anche la minoranza arabo-americana, la più colpita dagli effetti del Patriot Act. Ancora relativamente limitata sarà invece la presenza degli ispanici, divenuti da qualche anno la più numerosa minoranza Usa. Massiccia sarà la partecipazione di attivisti dei movimenti omosessuali. Uno dei dati più interessanti è la presenza di lavoratori iscritti all’Afl-Cio. Il sindacato Usa non ha una tradizione pacifista ed anzi in passato è stato restio a qualsiasi avvicinamento alle minoranze "non white" ed al radicalismo giovanile. Ma, per la prima volta nella storia Usa, l’opposizione alla guerra ha coinvolto settori importanti nelle union (come dimostra la nascita della coalizione U. S. Labor Against the War). La presenza di lavoratori sindacalizzati alle mobilitazioni della counter convention, nonostante le forti pressioni dei vertici filo-democratici, sarà dunque significativa.
Molti in America ricordano in questi giorni le mobilitazioni contro il Wto del ’99. Dice, tra gli altri, il noto intellettuale Mike Davis: "Le manifestazioni anti-Bush proveranno a resuscitare lo "spirito di Seattle" - quell’enorme e durevole energia potenziale esplosa nel ventre della Bestia. " Ma forse New York potrà essere anche qualcosa di più: un esperimento nuovo nella relazione conflittuale tra politica e movimenti.
Alessio Aringoli - Liberazione.it
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