Home > L’ avvocato «Il vicepremier c’era e in aula non potrà mentire»
L’ avvocato «Il vicepremier c’era e in aula non potrà mentire»
Publie le mercoledì 17 marzo 2004 par Open-PublishingGenova A Milano lo conoscono come "l’avvocato dei centri sociali". Ha 42
anni, Mirko Mazzali. Ieri, sull’incandescente terreno di sfida del
processo G8, dei 25 alla sbarra imputati di devastazione e saccheggio,
ha messo a segno un colpo magistrale. Ha calato un atout e ha fatto suo
il piatto e nessuno, fino a qualche ora prima, l’avrebbe pronosticato.
Mirko Mazzali, l’avvocato che costringe Gianfranco Fini, il vicepremier,
a venire in aula. A testimoniare, in un ruolo che non gli consente
dinieghi e rifiuti. «E chiamiamola pure una vittoria», spiega lui
rincantucciandosi nelle spalle. Doppia vittoria: perché anche Silvio
Berlusconi, pur scartato dall’elenco dei testi, può ora esser chiamato
davanti ai giudici. Per spiegare i perché della costituzione parte
civile della presidenza del Consiglio: potrà rifiutare, ma non sarà
certo una vittoria.
Mazzali: qual è la prima domanda che rivolgerà a Gianfranco Fini? «Gli
chiederò quello che da tre anni, ormai, stiamo chiedendo. Qual era il
significato della sua presenza, insieme all’onorevole Filippo Ascierto,
nelle sale operative delle forze dell’ordine quel giorno».
E se Fini risponderà usando le stesse argomentazioni illustrate qualche
giorno fa nella sua visita a Genova? Che la sua visita era solo di
conforto e di stima? «Io ho convocato Fini come testimone perché tale è.
E’ stato in quelle sale operative, ha visto che cosa stava succedendo. E
siccome è un testimone e non può mentire davanti ai magistrati, credo
che non potrà negare di aver visto, attraverso i monitor, che poliziotti
e carabinieri picchiavano manifestanti inermi. Non lo potrà fare».
Così parte il conto alla rovescia. Sbaglia chi si illude, chi pensa che
i tempi della giustizia rendano imminente la testimonianza di Fini e con
lui quella del capo della polizia Gianni De Gennaro. La scansione dei
ritmi processuali dice che vanno ascoltati prima i testi dell’accusa e
sono quasi centocinquanta. Risultato? «Passerà almeno un anno e magari
Fini non sarà nemmeno più vicepremier», sorride Mazzali e par quasi di
vederlo mentre incrocia le dita.
Via libera a una valanga di testimonianze. Una decisione, quella del
tribunale, che finirà inevitabilmente per cambiare il significato di
questo processo. Con un rischio ormai difficilmente evitabile, per le
forze dell’ordine: che anche questo procedimento (così come quelli che
verranno, per le vicende della Diaz e di Bolzaneto) divenga un pubblico
processo all’operato di polizia e carabinieri.
E’ quello che la procura non voleva. Ma profetiche, qualche settimana
fa, sono state le parole del procuratore aggiunto Giancarlo Pellegrino:
«Inevitabilmente finiranno in aula le testimonianze sulla carica in via
Tolemaide, sugli scontri nelle strade, sulla disposizione e sugli ordini
agli uomini in divisa».
Perché gli imputati hanno scelto da tempo, per non dire da sempre, la
linea di difesa: «Ci siamo solo difesi da attacchi gratuiti e
immotivati». Ora testimonierà in aula chi è stato nelle strade della
paura, nei terribili giorni del luglio 2001. C’era anche il
vicepresidente del Consiglio.
http://www.ilsecoloxix.it/Secolo_notizia01OK.asp?IDNotizia=176934&IDCategoria=583