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L’indifferenza della Texaco

Publie le martedì 28 settembre 2004 par Open-Publishing

Dazibao


di Giorgio Trucchi

Nel maggio del 2003 una delle stazioni di servizio della Texaco a Managua versò inavvertitamente
oltre 5 mila galloni (circa 20 mila litri) di benzina nel sottosuolo dove esiste
uno dei manti acquiferi più importanti per la capitale.

Immediatamente si formò un comitato degli abitanti della zona che cominciò una
lunga e snervante lotta affinché Texaco si facesse carico dei danni commessi
e risolvesse il problema dell’inquinamento, oltre a bonificare a sue spese la
zona.

Si formò una Commissione ad Hoc composta da esponenti del Ministero delle Risorse Naturali (MARENA), del Ministero della Sanità (MINSA), del Comune di Managua e degli enti statali di Energia (INE) e Acquedotti (ENACAL).
Anche alcuni organismi della società civile, come il centro Humboldt, si attivarono contro il continuo succedersi di episodi del genere.

A partire da Maggio 2003 in Nicaragua si sono susseguiti cinque casi di dispersione di idrocarburi nel sottosuolo da parte di stazioni di servizio al ritmo di uno ogni tre mesi.

Le imprese responsabili di questi "incidenti" che stanno provocando gravissimi danni ambientali sono la Texaco e Petronic (entrambe in due occasioni) e la Puerto Cabezas Power.

Texaco e Petronic hanno versato nel sottosuolo circa 15.300 galloni (circa 61 mila litri) di benzina e diesel, mentre la Puerto Cabezas Power ha versato circa 110 galloni (circa 400 litri) di prodotti oleosi.

Precedentemente erano stati più di 8 mila i galloni di benzina e diesel versati tra il 1999 e il 2003 in varie parti del paese sempre dalle stesse imprese.

Nel caso della Texaco e della stazione di servizio di Managua lungo la Carretera Norte, il MARENA emise una risoluzione concordata con la Commissione ad Hoc secondo la quale la compagnia statunitense veniva obbligata a contrattare un’impresa specialista in queste tematiche per studiare il caso e prendere le misure pertinenti per risolvere definitivamente il probelma.

Venne selezionata la compagnia Carl Bro Intelligent Solution che avrebbe dovuto svolgere lo studio anche per conoscere gli effetti nocivi per il sottosuolo e per la gente che vive nella zona.

Fino a oggi la Texaco non ha rispettato la risoluzione ed ha messo in atto tutta una serie di misure dilatorie, tra le quali un ricorso presso la Sala Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia per bloccare la risoluzione stessa.

La Procura dell’Ambiente, parte direttamente interessata in quanto organo di difesa degli interessi dello Stato, ha però portato avanti una politica attendista cercando accordi con la Texaco invece di aprire un processo contro la multinazionale avvalendosi della risoluzione già esistente. Tale comportamento ha visto la netta opposizione degli altri organi che integrano la Commissione ad Hoc e della società civile stessa.

L’area interessata dal versamento di idrocarburi é di oltre 900 metri quadrati e il lungo tempo trascorso dal momento dell’incidente ha probabilmente fatto penetrare la benzina ancora più a fondo.

Tra i componenti altamenti pericolosi in quanto cancerogeni si sono trovati il benzeno, il tolueno, il clorobenzeno e il xileno che, se raggiungsssero il manto acquifero potrebbero creare danni irreparabili ed estremamente pericolosi.

Quello che ora manca é appunto uno studio nelle profondità del terreno inquinato e un intervento risolutore che, come detto, dovrà essere a carico della Texaco.

Secondo Brenda Rocha del Centro Humboldt, il Procuratore dell’Ambiente, Lizandro D’Leòn, ha avuto un atteggiamento irresponsabile evitando di aprire un processo contro la Texaco con la scusa che questa soluzione potrebbe portare a un processo della durata di molti anni. Il rischio é che, anche questa volta, le multinazionali che provocano disastri nel paese restino nell’impunità e si rifiutino di riparare i danni commessi.

Come organismo della società civile che opera in modo particolare sulle questioni ambientali stanno chiedendo che la Procura dell’Ambiente si attivi immediatamente per costringere, anche attraverso la via giudiziale, le imprese (Texaco, Petronic e Puerto Cabezas Power) che hanno provocato i versamenti di idrocarburi a effettuare tutte le indagini del caso e a riparare i danni che verranno rilevati.

Infine chiede che la Corte Suprema de Justicia acceleri i tempi per dare una risoluzione finale alle richieste di sospensione delle risoluzioni amministrative contro le imprese Texaco, Petronic e Puerto Cabezas Power emesse dal MARENA.

( Maggiori informazioni sul sito http://www.humboldt.org.ni )

Gli antecedenti della Texaco

Ecuador

Tra il 1971 e il 1992 un consorzio che includeva la Texaco estrasse 1,5 miliardi di barili di petrolio. Secondo la denuncia, l’impresa eliminò in modo inadeguato 18,5 miliardi di galloni di acqua contaminata, inquinando così terreni, sorgenti e fiumi da cui dipendevano almeno 500 mila persone. L’Ecuador ha iniziato un processo da più di dieci anni per avere un indennizzo per le popolazioni colpite.

NIGERIA

L’estrazione di petrolio operata dalla Texaco nel paese ha portato a continui versamenti di questo prodotto, provocando la contaminazione delle acque e la morte della fauna itica, principale risorsa per le popolazioni della zona. La costruzione di canali artificiali ha provocato continue innondazioni di zone abitate. L’organizzazione della popolazione ha portato a una grande vittoria contro la Texaco che ha dovuto fermare le sue operazioni nella zona del Delta e ha limitato l’estrazione di petrolio in altre zone.