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L’occupazione del Comune uno sfregio alla democrazia
Publie le martedì 17 febbraio 2004 par Open-PublishingGiovedì una sessantina di no global hanno interrotto
per due ore il consiglio comunale di Genova, protestavano
per la costituzione parte civile di Tursi contro
i 26 manifestanti rinviati a giudizio per devastazioni
durante il G8. Rifondazione Comunista ha appoggiato
l’azione dei no global e i due assessori del Prc, Seggi
e Taccani, si sono “sospesi” dalla giunta. Sulla vicenda
interviene Silvio Ferrari, che è stato assessore nella
giunta Campart per il Pci.
L’occupazione del Comune uno sfregio alla democrazia
Anche se la "società dei telegiornali" deve passare rapidamente avanti, e dunque l’opinione
pubblica farà fatica a tornare sull’argomento, perché i soggetti politici, che dovrebbero essere
deputati a farlo, sembrano
rifuggire invece da ogni approfondimento pubblico, rivolto appunto ai cittadini, nel pomeriggio di
giovedì 12 febbraio, il consiglio comunale di Genova ha subito comunque
uno sfregio, nel momento in cui una minoranza - per di
più orientata radicalmente a sinistra - ha creduto di far valere in quei modi le ragioni della
propria versione delle cose e del proprio modo di concepire il funzionamento
delle istituzioni.
Si può parlare di sfregio, sempre apendo che le parole in politica hanno un valore essenzialmente
simbolico, si può parlare di atto grave e sbagliato perché, storicamente
parlando, in Italia, l’impedimento e l’alterazione del funzionamento delle istituzioni elettive, è
stata una triste ed inequivocabile prerogativa della destra mafiosa
e di quella fascista. Se poi a pensare che in questo modo si
spostino equilibri e si allarghino i consensi (o si contribuisca a fare luce sul terreno
giudiziario) è un
soggetto politico di sinistra radicale, allora il segnale del malessere è più grave e l’equivoco
ancora più pericoloso.
Se, da ultimo, alle obiezioni ora avanzate qualcuno arriva a rispondere che a Genova - nei giorni
del G8 - c’è stato anche un morto ammazzato e che esponenti delle cosiddette forze dell’ordine si
sono comportati bestialmente e con violenza ormai dimostrata e documentata - rispetto a ben minore
rilievo penale di danni provocati da imbrattamenti e devastazioni materiali inferte alla città e
che, pertanto, con il contenuto della delibera assunta dalla giunta
comunale si va a sovvertire la scala di valori dell’illegalità e si spostano gli indirizzi dei
contenuti
di imputazione, allora è segno che fra le forze politiche permane un’abissale distanza nel modo di
stare nelle istituzioni e soprattutto di praticarne l’autonomia e la reale operatività, in
relazione al benessere dei cittadini. Segno altresì di una modesta qualità dei gruppi dirigenti
della vita politica cittadina, che preferiscono sopravvivere
sull’equivoco di questioni non analizzate e non danno alle forze politiche il ruolo che è loro
proprio, preferendo delegare agli esecutivi istituzionali i presunti aspetti scabrosi delle
decisioni, facendoli passare per tecnici e dovuti, quando sono sempre politici e di spessore amministrativo
non indifferente.
Sia anche detto, solo per inciso, fra il 1990 e il 1993,
dunque poco più di dieci anni fa, c’era una giunta, a Genova, che era costituita innanzitutto da
due partiti della sinistra - uno al governo del paese e l’altro all’opposizione - e tuttavia in
nessun atto deliberativo
c’è riscontro in quel periodo di una concezione
opportunistica e strumentale, di quelle per cui il merito di una deliberazione si sfilaccia, al
punto da diventare positivo o disdicevole in rapporto alla collocazione parlamentare delle forze
politiche localmente impegnate per l’attuazione di un programma di sviluppo della città. Qui nessuno
è tanto ingenuo da non cogliere la strumentalità
della situazione venutasi a creare e di cui frasi rituali e grottesche come "non avevo letto la
delibera con attenzione" o "mi autosospendo per le riunioni strategiche"
(potenza del linguaggio quando copre la miseria dei contenuti!), sono ormai un segno avvilente per
la logica e la coerenza.
E tuttavia anche e forse soprattutto da quest’episodio, indipendentemente
da come verrà mediato
(che è altra cosa), torna con forza una questione centrale, soprattutto per la sinistra. Che è la
capacità di trovare una credibilità nella lettura di ciò che è avvenuto anche
a Genova nello scontro fra le concezioni forcaiole dello Stato vecchio e corrotto nei suoi servizi
e una visione movimentista e minoritaria, destinata a cadere nella
provocazione della violenza. E’ stato questo il vuoto tremendo lasciato, due anni fa, dalla
sinistra storica, nella drammaticità di quei giorni. E non si è più cercato di
colmarlo, con riflessioni e proposte adeguate. Senza uno sforzo del genere, le delibere "tecniche"
e gli "atti dovuti" possono diventare esplosivi.