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L’uranio uccide, Martino taglia i test

Publie le sabato 31 luglio 2004 par Open-Publishing

Dazibao


Controlli sui soldati, il ministro ammette: «Da 80 a 40 mila l’anno». Prc: «Depistaggio»

Le opposizioni hanno faticosamente strappato il primo «sì» delle destre (mercoledì al senato) all’istituzione di una commissione d’inchiesta sui danni da uranio impoverito, probabile causa di linfomi, leucemie e tumori vari che hanno colpito circa trecento militari al rientro dalle missioni. Ventotto i morti, secondo la contabilità dell’Osservatorio militare. Ma in parlamento si riaccende la polemica sui controlli: il ministro della difesa Antonio Martino è stato costretto ad ammettere che i controlli sui «reduci» dalle missioni nei teatri di guerra, sono stati praticamente dimezzati nel raffronto tra l’anno 2003 e il periodo gennaio 2001-2003. Erano ottantamila per una media di 3,6 test/uomo. Sono diventati quarantamila per 2,6 test/uomo. Tutto questo mentre l’epidemia si diffondeva.

I controlli sono quelli previsti nel 2001, dopo che la commissione del professor Franco Mandelli stabilì che il legame tra uranio e patologie neoplastiche non era dimostrato, anche se non si poteva escluderlo: la normativa dice che i 40 mila militari che hanno partecipato alle missioni all’estero devono essere controllati, per cinque anni. E ieri il ministro Martino ha risposto all’interrogazione di Gigi Malabarba, capogruppo del Prc al senato, che denunciava una sostanziale smobilitazione dei centri di medicina (Piemonte, Liguria, Val d’Aosta, Veneto, Friuli, Emilia, Lombardia), lunghe liste d’attesa e medici assenti, nonché la tendenziale dispersione dei test presso le asl sul territorio, peraltro con oneri più alti (il triplo) per lo stato - come se si volesse in realtà evitare un monitoraggio accurato.

Martino ovviamente ha detto che tutto va bene («nell’ambito della regione militare nord non risultano segnalazioni circa il mancato rispetto della normativa»), non ha risposto sul sostanziale abbandono di alcuni centri medici militari (Verona, Udine) e ha fornito dati che sembrano confermare quanto denunciato da Malabarba: «Nel periodo dal gennaio 2001/febbraio 2002 sono effettuati circa 80 mila test diagnostici, con una media di 3,6 controlli/uomo. Nel 2003 sono stati eseguiti 40.752 protocolli, con una media di 2,6 protocolli uomo». Insomma, da un anno all’altro i controlli li hanno dimezzati. Colpa della legge però, non di Martino: «Tale riduzione - ha spiegato il ministro della difesa nella risposta al senatore - è riconducibile all’introduzione del principio della non obbligatorietà degli accertamenti».

«La risposta del ministro - commenta Malabarba - conferma il depistaggio in corso da parte del governo. Non è più possibile negare l’evidenza, per cui si cerca di disperdere le analisi su tutto il territorio, depotenziando i centri militari di medicina legale. Il Ministro fornisce dati general generici, mettendo insieme l’efficiente Centro di Padova con i quasi inesistenti centri di Verona e Udine, che non dispongono neppure di idonee attrezzature. Pur di depistare, il Ministro ammette una spesa tripla per le analisi effettuate fuori dai Centri militari, spesso convertitisi in enti lucrativi (per alcuni ufficiali) per il rilascio di patenti», ha detto ancora Malabarba.

Il Manifesto