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LA WTO NON HA IMPARATO LA LEZIONE DI CANCUN!

Publie le sabato 31 luglio 2004 par Open-Publishing

Comunicato stampa Tradewatch - http://tradewatch.splinder.it

Osservatorio sul commercio internazionale e il Wto promosso da:
Rete Lilliput, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Mani Tese, ROBA
dell’Altro Mondo

LA WTO NON HA IMPARATO LA LEZIONE DI CANCUN!
I BUONI PROPOSITI NASCONDONO I VECCHI PROVILEGI

Meno di 24 ore per studiare il nuovo testo dell’Accordo-cornice di Luglio
prima dell’approvazione;

un’intera nottata di negoziati nei quali i negoziatori dei poteri più forti
hanno incontrato faccia a faccia le delegazioni dei Paesi africani,
costringendole a una maratona che è durata fino alle prime luci dell’alba,
ma che non ha portato a sostanziali modifiche nei contenuti;

dalle green rooms di stamattina sono state escluse tutte le delegazioni
africane contrarie alla linea dell’Accordo-cornice;

infine una bozza di accordo finale che, come Tradewatch, in accordo con
reti, ong, e movimenti che fin da Seattle denunciano i rischi di questo
nuovo round di negoziati della WTO, definiamo pericoloso e pregiudizievole
per lo sviluppo sostenibile e l’autonomia politica dei paesi più poveri del
Pianeta.

La Wto non ha imparato la lezione di Cancun e, beffa tra le beffe, con l’
unica accortezza di impedire ai rappresentanti della società civile l’
accesso al Palazzo di Ginevra e il contatto con le delegazioni nelle ore in
cui si svolgevano i negoziati, cerca di riavviare i negoziati imponendo un
accordo che, in cambio di aperture di facciata, conserva intatto il
pacchetto di privilegi commerciali che USA e Unione Europea, soprattutto in
ambito agricolo, portano in dote alle proprie economie.

Utilizzando il criterio del "divide et impera" il testo è stato concordato
quasi esclusivamente all’interno del Non-Gruppo dei 5 (USA, UE, India,
Brasile e Australia), per spezzare il fronte dei Paesi in via di sviluppo
che aveva inceppato il meccanismo a Cancun. L’accordo di luglio fa digerire
quello che a Cancun era stato rifiutato e solo la cancellazione di 3 dei 4
cosiddetti "Temi di Singapore", relativi agli investimenti, costituisce, a
nostro giudizio, un buon risultato.

Riteniamo grave, infatti, che l’agricoltura rimanga ancora all’interno dei
negoziati, perché siamo convinti che il cibo non sia una merce come tutte le
altre, ma un diritto umano da garantire anche agli 800 milioni di persone
che oggi non mangiano tutti i giorni. L’obiettivo della Wto è stato quello
di garantire il diritto ad esportare di Paesi come USA e UE: lo spostamento
nella cosiddetta "Scatola Blu" dei sussidi legati alla Farm Bill, la riforma
agricola americana, consente agli Usa di tenere in piedi l’attuale sistema
degli aiuti ai propri coltivatori; mentre il mantenimento dell’assetto
attuale della "Scatola Verde", e quindi anche del 70 7761282ei sussidi USA e
tutti i sussidi UE legati alla riforma della Politica Agricola Comunitaria,
azzera i benefici che avrebbe potuto apportare la dichiarazione, esplicita
nel testo, di un futuro azzeramento di tutti i sussidi distorsivi della
concorrenza (pur senza l’indicazione di una finestra di tempo determinata).
Al contrario i Paesi poveri sono obbligati a ridurre tutti i sussidi
interni, seppure oggi ridotti al minimo, che noi giudichiamo necessari per
il sostegno ai piccoli produttori e alle agricolture familiari. Un’opzione
che, nel corso dell’incontro co-organizzato dalle nostre realtà in
Campidoglio nel marzo scorso, il ministro per l’Agricoltura Gianni Alemanno
aveva giudicato pericolosa, e che dal canto suo, il ministro Adolfo Urso e
il nostro Governo hanno voluto percorrere, allineandosi alla difesa francese
degli interessi delle lobby agricole, non certo dei piccoli coltivatori.
Il cotone, al centro della nostra campagna "La via del cotone" come prodotto
agricolo simbolo dell’ingiustizia del sistema commerciale internazionale,
rimane all’interno dei negoziati agricoli, parcheggiato in una cosiddetta
"sottocommissione", senza che vengano indicati effettivi tempi e modalità
per la rimozione di tutti i sussidi che danneggiano l’accesso al mercato dei
Paesi più poveri. E’ la prova più lampante di quando questo round negoziale
sia lontano dall’essere, come vorrebbe la Dichiarazione di Doha, un Round
dello sviluppo.

Il testo tenta di accelerare anche la liberalizzazione del mercato dei
servizi, tra i quali acqua, sanità, istruzione. L’accordo chiede infatti a
tutti i Paesi che non abbiano ancora presentato le loro "offerte iniziali"
di apertura dei propri mercati di farlo il più presto possibile. Sarà
negoziata una data per un secondo round in cui scambiarsi una seconda
versione (rivista e ampliata) delle offerte.

Molte delle ong aderenti alla rete internazionale Questo Mondo Non E’ In
Vendita nella scorsa notte ha inviato ai delegati dei Paesi più poveri un
appello, sottoscritto anche dalle nostre organizzazioni (di cui riportiamo
il testo completo in allegato), per invitarli a non arrendersi, a portare
fino in fondo la lotta per un commercio più giusto.
Anche se i negoziati dovessero ricevere un nuovo impulso dall’Accordo di
luglio, Tradewatch continuerà ad analizzare e denunciare il loro impatto
sull’anello più debole del sistema: tutti quei produttori e quei cittadini
che rischiano di essere tagliati fuori e che solo nei movimenti sociali e
nelle reti di solidarietà e di economia solidale, nel Nord come nel Sud del
mondo, trovano spazio politico e alternative concrete per la propria
sopravvivenza.
Rilanciamo l’invito a costruire insieme ai movimenti di tutto il mondo la
Settimana Globale di Mobilitazione sul Commercio Internazionale (10-16
Aprile 2005) in vista della possibile nuova ministeriale della WTO di Hong
Kong

Per informazioni:

Roberto Meregalli (Beati i costruttori di pace-Rete Lilliput)
roberto.meregalli@email.it cell. +39 3489279038
Monica Di Sisto: (ROBA dell’Altro Mondo-Rete Lilliput) moni.disisto@iol.it
cell + 39 3358426752

ALLEGATO:
Documento congiunto della rete internazionale sul Wto
Alla WTO Paesi in via di sviluppo "sotto torchio" per tutta la notte

Nelle ore finali nell’ultima trincea nella quale i membri della Wto stanno
combattendo per raggiungere il consenso sull’Accordo-cornice di Luglio è
chiaro che la WTO non ha imparato la lezione. Non soltanto la sostanza dell’
Accordo-cornice non riesce a rispondere ai pericoli di vita e di morte dei
Paesi in via di sviluppo, ma il processo è così marcio che questi stessi
Paesi sono stati minacciati e messi sotto pressione, a porte chiuse, perché
accettassero posizioni che non incontrano i loro interessi.

Consideriamo il cotone, ad esempio. La scorsa notte i quattro paesi dell’
Africa subsahariana - Benin, Burkina Faso, Mali and Chad - che hanno
lanciato prima di Cancun l’Iniziativa sul Cotone, sono stati sottoposti a
intense negoziazioni fino alle Quattro di stamattina perché accettassero un
"risultato di compromesso" sul tema del cotone. Il risultato di questo
negoziato intensivo è il testo attuale che fa un gran lavoro per consolidare
l’attuale posizione degli USA sul mercato ma offre una ben misera speranza
ai 10 milioni di coltivatori dell’Africa occidentale ai quali viene detto
che un’apposita Sotto-commissione si occuperà di riesaminare il loro caso.
Analoghi negoziati proseguiranno sui temi agricoli e dei prodotti
industriali (NAMA) per tutta la notte e nella giornata di Sabato per
assicurare che ogni Stato membro che opponga resistenza all’accordo quadro
venga rimesso al proprio posto.

Il processo è ingiusto e assolutamente inaccettabile se si consider ache
riflette ancora gli interessi dei Paesi ricchi e non offre alcuna concreta
opportunità di sviluppo. La triste verità è che i Paesi ricchi, e in
particolare Unione Europea e Stati Uniti, non hanno voluto fare alcuna
concreta concessione per raggiungere un sistema commerciale più giusto ed
equo. Il testo rimane sbilanciato in loro favore. Ad esempio, esso recepisce
la richiesta avanzata da parte degli Usa di un’espansione della "Scatola
Blu" e contiene anche un passaggio forte e specifico sui "prodotti
sensibili" per i Paesi europei, mentre chiede ai Paesi poveri di abbattere
il loro minuscolo sostegno alle produzioni interne al di sotto dei livelli
minimi oggi consentiti.

Il testo mantiene lo status quo rispetto alla concorrenza sleale in atto e
facendolo impedisce ogni passo avanti verso un sistema commerciale agricolo
più giusto che intacchi le cause strutturali delle storture del mercato e
prevenga il dunping e ogni forma di concorrenza sleale in ambito agricolo.
Se non si pone rimedio a quest’ultimo fenomeno c’è poca speranza per i paesi
ad economia più fragile di proteggere e promuovere la sicurezza alimentare,
una vita dignitosa nelle aree agricole e uno sviluppo rurale sostenibile.

Abbiamo rivolto un appello urgente a tutti i paesi in via di sviluppo membri
della Wto di resistere alle tattiche intimidatorie di Stati Uniti ed Unione
Europea e di respingere l’Accordo-cornice di luglio nelle condizioni
attuali. Così com’è il testo servirebbe soltanto a imprigionare nella
povertà e nella rovina le esistenze di milioni di agricoltori in tutto il
mondo. Per contro, vogliamo regole commerciali multilaterali giuste per
tutti, invece di regole che proteggono i forti e distruggono i deboli.