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La destra contro Simona e Simona, più scomode da libere che da rapite

Publie le sabato 2 ottobre 2004 par Open-Publishing

Dazibao


di Maria Zegarelli

Per i tanti sorrisi regalati a telecamere e flash e per le lacrime non versate.
I più cauti le hanno rimproverate di non aver ringraziato il governo, l’opposizione
e la Croce Rossa per il loro impegno. Di aver ringraziato, invece, il popolo
iracheno, la resistenza irachena e il mondo musulmano. Sono state criticate per
non aver detto una parola su Enzo Baldoni, l’ostaggio mai tornato né da vivo
né da morto. E per non aver ricordato gli ostaggi decapitati («Ma non lo sapevamo
fino a due ore fa», hanno inutilmente spiegato le due ragazze), non aver condannato
senza se e senza ma i terroristi di ogni specie, compresi i loro rapitori.

La colpa più grande. Ma la colpa più grande di cui si sono macchiate è l’aver detto che bisogna ritirare le truppe dall’Iraq. Hanno detto, una volta tornate qui, dove la guerra non c’è, che lì si muore ogni giorno, anche sotto le bombe americane. Questo non avrebbero dovuto farlo. Non avrebbero dovuto offuscare in questo momento tutto il lavoro fatto dal governo (e dall’opposizione) per farle tornare a casa, rinvigorire in questo modo il movimento pacifista che con il loro sequestro aveva subito un colpo durissimo e rischiava di starsene buono e in disparte almeno per un po’.

Agliana non docet. Tutta un’altra musica rispetto a quella suonata quando sono tornati Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio. Altri personaggi, quelli, e altre storie le loro. Erano body-guard partiti per svolgere un lavoro rischioso: tornarono da eroi, con il tricolore elevato a simbolo di tutta la vicenda. Libero di venerdì 11 giugno, titolava a pagina 7 «Da sinistra fango sugli ostaggi», «l’informazione ulivista adombra sordide attività dei nostri connazionali sequestrati». Marco Ferrazzoli scriveva: «Dopo due giorni di convenevoli, di felicitazioni piuttosto formali, la sinistra cambia registro: sono tre mercenari». Lo stesso giorno, Antonio Socci, in un editoriale pubblicato dal Giornale rifletteva: «In galera? Ai ferri? Riconsegnati agli iracheni? Messi a pane e acqua? E perché no? Agliana, Stefio e Cupertino hanno fatto l’errore di farsi liberare dal Berlusconi e per di più alla vigilia delle elezioni... Sono troppo popolari questi ragazzi e troppo italiani. Altro che abbracci e baci. Stanno già diventando bersagli polemici dell’Italia progressista e intellettuale...».

Danza macabra. Chi sono Simona Pari e Simona Torretta per quegli stessi giornali? Le due ragazze italiane rapite, volontarie dell’associazione non governativa «Un ponte per», impegnate in Iraq per la realizzazione di progetti di ricostruzione ce le raccontano come danzatrici che ballano «La danza macabra delle Simone sulle vittime della “resistenza”» (pagina 2 di Libero di ieri). Sono due «vispe Terese che tornano in Iraq», «che beatificano i terroristi, non ringraziano Berlusconi e dicono: il nostro posto è a Baghdad. Tanto se le ribeccano paghiamo noi» . O, ancora, sono le ragazze «che esibiscono i doni dei rapitori» «ed esaltano l’Islam dei fanatici che uccidono i civili», (Libero del 30 settembre). Mattia Feltri scrive: «Ne hanno nostalgia. Hanno detto: “Ci mancano i nostri bambini”. Forse fra i 34 bambini morti mentre andavano a prendere l’acqua e raccogliere le caramelle ce n’era qualcuno dei loro... Ecco, Simona & Simona e con loro “Un ponte per...” appartengono alla zona grigia. Popolano quel mondo fortemente ostile agli Stati Uniti e incapace di condannare senza titubanze il terrorismo, come Eugenio Scalfari, per il quale fra l’eccidio di Beslan e i bombardamenti americani non c’è differenza morale... Non è preciso dire che le due Simone e “Un ponte per” sono la zona grigia. Loro sono la zona grigia tendente al nero». Giulio Ferrari sulla Padania di ieri, a pagina 7 racconta così Simona Pari: «La laurea in Filosofia all’università di Bologna, la collaborazione alla locale redazione dell’Unità dove spiccano edificanti servizi giornalistici sui transessuali e, dulcis in fundo, una significativa esperienza nell’ufficio stampa dell’allora sottosegretario diessino alla Difesa, Domenico Minniti, detto Marco. Il politico, cioè, che fu tra i responsabili della pianificazione dell’intervento militare contro la Serbia, ai tempi del governo di Massimo D’Alema». Sulla prima pagina del Giornale del 30 settembre campeggiava questo titolo: «Salvate. Ma adesso salvateci dai pacifisti».

Anche Francesco Merlo, sulle pagine di Repubblica, non le risparmia: «A nessuno, neppure a due ragazze coraggiose, è consentito di proporre il proprio mestiere come visione del mondo, sia esso un mestiere militare o sia invece un mestiere di ricerca storica o paramedico o parapsicologico etnologico o sia esso “un ponte per”...». Tante anche le lettere dei lettori, indignati per il mancato ringraziamento al governo (avvenuto pubblicamente “soltanto” giovedì pomeriggio).

Ingrate! C’è anche chi dalle pagine de Il Foglio suggerisce alle due volontarie di fare una colletta per risarcire lo Stato del riscatto pagato per la loro liberazione. Anche la politica è scesa in campo, come sempre, per gonfiare le vele della polemica. Il leghista Alessandro Cé è tormentato da un dubbio: «Non si è capito ancora se stavano bene in cattività o erano realmente contente di essere liberate».

La rossa, di capelli, Tiziana Maiolo, Fi, è umiliata: «È proprio vero che spesso l’ingratitudine è l’unica risposta a chi fa del bene. Speriamo che sia solo la giovane età a dettare cattivi consigli. Ma noi donne occidentali ci sentiamo oggi umiliate, pur nel ritorno a casa di nostre sorelle, una volta di più da chi vuole a tutti i costi metterci il burqa così come, da chi sequestrata o libera che sia se lo mette da sola. Dentro la testa, prima che sopra».

Il vicepresidente della Regione Veneto, Fabio Gava, osserva: «Molti giornali di giovedì riportano servizi sull’orrendo attentato di Baghdad, rivendicato da un fanatico come Al Zarkawi, e le dichiarazioni di Simona Torretta che dicono tra l’altro: io distinguo terrorismo e resistenza. La guerriglia è legittima, ma sono contraria a sequestri di civili». Gava aggiunge: «Mi vengono i brividi e mi assale un dubbio: qual è il confine tra legittimità ed orrore per Simona Torretta?»

La corrente di antipatia. Ha ragione Corrado Augias, quando scrive: «Che Simona e Simona abbiano potuto fare qualche dichiarazione precipitosa o dimenticare, in un primo momento qualche ringraziamento doveroso mi pare perfettamente comprensibile e, se colpa è, è colpa lieve. Una piccola corrente di antipatia si è levata contro di loro perché hanno osato ricordare le sofferenze del popolo iracheno, l’opportunità, a loro modo di vedere, di ritirare le nostre truppe sui cui effettivi compiti operativi, peraltro, sappiamo ormai poco o nulla»

http://www.unita.it/index.asp?topic_tipo=&topic_id=38178