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La guerra e il petrolio: le ragioni strutturali dell’aumento dei prezzi
Publie le venerdì 13 agosto 2004 par Open-PublishingAl di la’ delle ragioni congiunturali, esiste un serio problema di riserve che si stanno prosciugando. Cina ed India stanno comprando sempre piu’ petrolio. Non ve n’e’ a sufficienza per il Terzo mondo se si progettasse seriamente lo sviluppo dell’Africa.
Tutto porta al ridimensionamento dei consumi energetici Usa: e’ per questo che la guerra dell’Iraq è decisiva.
di Alessandro Marescotti
Le guerre imperiali nell’antichità miravano alla conquista degli schiavi. Oggi, scrive Jeremy Rifkin, "l’americano medio dispone ogni giorno di una quantità di energia che potrebbe essere prodotta da 58 schiavi".
Benito Li Vigni, nel suo libro "Le guerre del petrolio" (Editori Riuniti, 2004), ha svelato i retroscena di molte guerre, fra cui quella in Irak del 2003.
Ecco quindi dieci cose da sapere assolutamente sul petrolio per comprendere le guerre del presente e quelle che verranno.
1) Le riserve petrolifere americane si stanno prosciugando. Tra il 1973 e il 1981 il numero di trivellazioni esplorative nel territorio Usa sono più che triplicate (passando da 28 mila a 90 mila) ma la produzione di greggio è diminuita del 25%. Gli studi della US Geological Survey dicono che il "picco" del petrolio americano sarebbe già stato raggiunto nel 1962 e da allora è cominciato il declino.
2) Il costo di estrazione di un barile di petrolio negli Usa è di 10-20 dollari a barile mentre quello il Iraq è di 1-1,5 dollari a barile (guerriglia permettendo). In scenari in cui (come è accaduto nell’aprile-maggio 2003) il prezzo del greggio scendesse sotto i 23-24 dollari a barile, una parte dei pozzi petroliferi degli Stati Uniti arriverebbe al limite della convenienza.
3) Oggi gli Stati Uniti producono appena il 40% del petrolio che consumano e sono fortemente dipendenti dalle importazioni.
4) L’andamento globale dell’estrazione del petrolio segue un grafico simile ad una "curva a campana" il cui "picco" sarebbe stato raggiunto già quest’anno. Altri esperti prevedono un picco per il 2005, altri per il 2006, altri ancora per il 2010. I più ottimisti collocano il picco nel 2037. Dopo di che l’estrazione diminuirebbe e i prezzi aumenterebbero senza più freni.
5) La "guerra preventiva" ha come vero oggetto la conquista "preventiva" delle riserve petrolifere prima che si giunga al "picco".
6) In Iraq vi è l’11% delle riserve di petrolio: seconda nazione dopo l’Arabia Saudita. Ma il sottosuolo iracheno è meno sfruttato di quello saudita. L’Iraq potrebbe in futuro pompare il 30% del petrolio mondiale.
7) La Cina sta entrando nel mercato petrolifero mondiale chiedendo sempre più risorse e questo porta in alto i prezzi di tutte le materie prime, compreso il petrolio.
8) Le future tensioni internazionali (e forse militari) potrebbero contrapporre Usa e Cina per l’accaparramento del petrolio sul mercato globale; e gli Usa tireranno fuori la questione dei "diritti umani" oggi taciuta.
9) I soldati italiani sono stati a suo tempo collocati nei pressi di un giacimento petrolifero che può assicurare l’autonomia energetica nazionale per circa dieci anni; questo è posto si chiama Nassiriya. Nessuna televisione ha mai inquadrato la raffineria di Nassiriya che sorge a poca distanza dall’accampamento italiano.
10) L’ottimismo sul "petrolio infinito" è gonfiato da conti manipolati al fine di non deprimere l’ottimismo degli azionisti, un po’ come è accaduto per i bilanci aziendali di varie multinazionali Usa, spiega Jeremy Rifkin.
Si prevede una guerra davvero infinita se i "signori del petrolio" continueranno, assieme ai "signori della armi", ad avere l’attuale peso politico nel governo Usa e se il modello economico statunitense non verrà profondamente ripensato in termini di consumi energetici.
L’americano medio - se vorrà la pace - non potrà disporre ogni giorno dell’equivalente energetico di 58 schiavi.
Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink
a.marescotti@peacelink.it