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La lunga marcia riparte da Mumbay

Publie le lunedì 26 gennaio 2004 par Open-Publishing

E’ difficile raccontare davvero lo squarcio di quell’immensa altra parte del mondo con cui siamo improvvisamente entrati in contatto a Mumbay.

Abbiamo avuto una breve, traumatica, visione di una società ove un’enorme piramide sociale comincia e si allarga a dismisura verso il basso, partendo da là ove, da noi, c’è il limite dell’esclusione, della povertà, dello sfruttamento. Questa dimensione dell’ingiustizia può annichilire. Ma il Forum ci ha mostrato invece un eccezionale protagonismo sociale e culturale proprio di coloro che sono al fondo di questa piramide. Uomini, donne soprattutto, bambini delle realtà più diverse e drammaticamente sfruttate ed oppresse, con i loro colori, le loro musiche, i loro canti. Le tessili Beltamil Nadu, manifestavano accanto ai metalmeccanici della Corea del Sud.

Norberto Bobbio, subito dopo l’89, scrisse un lungo articolo, che non mi pare sia stato ricordato nei giorni della sua scomparsa. Parlando del crollo del muro, della fine del socialismo reale, della svolta del Pci, egli ammoniva il capitalismo a non voler stravincere, a seguire un percorso democratico ed inclusivo. Altrimenti, concludeva, «la lunga marcia» degli oppressi e degli sfruttati di tutto il mondo, in qualche modo sarebbe ripresa.

A Mumbay abbiamo visto sommarsi e crescere le forze di una nuova lunga marcia verso un altro mondo possibile.

E’ chiaro non continua la stessa storia. Certo c’erano i comunisti, i sindacati, le sinistre tradizionali, i lavoratori organizzati. Ma essi sarebbero ben poco se non fossero parte di un ben più vasto e articolato movimento delle masse e delle coscienze. Un movimento fatto di persone e di identità differenti, dove si incontrano ragioni ed esperienze con radici lontanissime, dalle religioni ai marxismi, alle culture dei diritti umani. Dall’autorganizzazione alla lotta contro la discriminazione di casta. Un movimento moderno in cui vengono meno antiche separazioni tra le lotte nei paesi più ricchi e quelle nel mondo più povero. Perché i problemi delle lotte sociali, della battaglia culturale, del loro rapporto con la politica e le organizzazioni, hanno lo stesso segno ovunque. Da qui la forza unificante del social forum e la sua capacità di evocare ed estendere la partecipazione. A Mumbay abbiamo vissuto la materializzazione di un termine quale "globalizzazione dal basso". L’abbiamo vista in pratica nella manifestazione continua delle delegazioni dei vari popoli dell’Asia, che per cinque giorni ha affollato all’inverosimile le vie degli incontri.

Questo è il frutto della fecondità dei valori e dei principi di fondo del movimento. Il rifiuto del capitalismo liberista e della guerra, il rifiuto di ogni forma di terrorismo come risposta all’oppressione e la non violenza attiva come scelta strategica, l’autonomia dai governi, da tutti i governi, l’analisi culturale radicale accompagnata dalla puntigliosa ricerca della concretezza, sono queste le caratteristiche che danno al movimento la sua forza universale e unificante. E’ grazie ad esse che si può parlare la stessa lingua in tutte le parti del mondo.

Pur nelle enormi difficoltà del confronto quotidiano con la ferocia del capitalismo globalizzato, dobbiamo guardare con ottimismo alla storia nuova che si sta scrivendo. In fondo non è molto che il capitalismo aveva dichiarato la fine delle contraddizioni e del conflitto sociale, la fine della storia. Ed invece ecco europei, asiatici, americani gridare assieme per le vie di una grande città dell’India basta con l’occupazione Usa dell’Iraq.

Tutto questo è il frutto di una grande, quanto semplice innovazione: considerare una risorsa la contaminazione delle esperienze e delle culture. Riparte così la lunga marcia, ma non nello stesso punto e con le stesse forze ove si è esaurita quella del secolo passato. Non servono più di tanto i vecchi manuali, stiamo scrivendo una storia nuova, per culture e per pratiche. Per questo il movimento guadagna forze così rapidamente.

Ora siamo di fronte a nuove sfide. Bisogna dare più forza rivendicativa agli obiettivi generali, bisogna costruire proposte sulle quali far cominciare a convergere le forze. Questo ci pare il compito assunto dall’appuntamento dell’anno prossimo a Porto Alegre.

Ma anche in Italia dobbiamo provare a fare tesoro di questa nuova esperienza, interrogandoci su come possiamo meglio contribuire a quanto si è messo in moto. Ci si è già interrogati, secondo me giustamente, se non sia giunto il momento di costruire un vero e proprio forum sociale italiano, che non sia solo strumento di lotte e mobilitazioni ma anche di elaborazione e battaglia culturale.

Intanto per un momento concediamoci di contemplare il successo. L’altra potenza mondiale, citando le parole del New York Times, quella forza pacifica che fronteggia la guerra permanente di Bush, è in campo e si prepara a farsi sentire di nuovo. Il 20 marzo quando tutto il mondo manifesterà contro la guerra, la lunga marcia avrà compiuto un altro piccolo passo.