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La produzione di oppio, in forte crescita, pesa sul "partenariato" con gli Stati Uniti
Publie le mercoledì 8 dicembre 2004 par Open-PublishingDazibao Guerre-Conflitti Internazionale
di Françoise Chipaux, Kabul
Persino prima della formazione del suo nuovo governo, il primo compito che si é dato,
sotto la pressione americana, il presidente Hamid Karzaï, é quello di convocare
a Kabul, giovedi’ 9 e martedi’ 10, una conferenza nazionale sulla lotta contro
la droga.
Questa conferenza, che dovrebbe riunire " religiosi, anziani e capi tribali",
dovrebbe formulare un nuovo piano per combattere un flagello completamente fuori
controllo e che si é esteso, per la prima volta, alle 34 province del paese.
Il recente rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga ed il crimine (UNODC) é inequivocqbile: 64% di aumento in un anno delle terre destinate alla coltura del papavero da oppio; 17% di aumento della produzione (una differenza dovuta al cattivo tempo e ad una malattia in certe regioni) che raggiunge 4 200 tonnellate ed un valore di 2,8 miliardi di dollari (circa 2,1 miliardi di euro), equivalente al 60% del prodotto interno lordo (PIL). La parte del leone, 2,2 miliardi di dollari, va ai trafficanti, contro soli 600 milioni ai 2,3 milioni di Afghani che vivono della coltura del papavero.
Tre anni dopo la caduta dei talibani che avevano bandito con successo, nell’altimo anno del loro regno, questa coltura, i molteplici piani e strategie annunciati per combattere la rinascita di quest’attività non hanno prodotto alcun effetto ed il papavero non ha fatto che estendersi a province fino ad allora immuni. Come dice un diplomatico: De facto l’Afghanistan é un narcostato che ha la particolarità di essere il solo ad essere sostenuto dalla comunità internazionale e, aggiunge, cio’ non potrà durare a lungo."
SOSTEGNO BRITANNICO
Onnipotenti in Afghanistan, gli Stati Uniti hanno preso coscienza del paradosso e, afferma il loro ambasciatore, Zalmay Khalilzad, "la produzione illegale di droga minaccia la prospettiva di un partenariato a lungo termine con gli Stati Uniti. Se l’Afghanistan vuole raggiungere la comunità delle nazioni di successo, deve mettere fine alla produzione illegale di droga".
Capofila della lotta contro la droga, la Gran Bretagna, discretamente ma severamente criticata dal suo alleato americano, vuole rilanciare i suoi sforzi ma con una strategia più elastica di quella degli Stati Uniti, che insistono principalmente sulla repressione. Washington si é impegnata a sborsare 780 milioni di dollari nel 2005, di cui solo 100 saranno riservati all’impiego di mezzi di sussistenza alternativi per i coltivatori. Circa 380 milioni serviranno allo sradicamento delle colture, mentre il resto andrà a rafforzare l’apparato repressivo con la formazione di poliziotti specializzati, di giudici, o la costruzione di prigioni.
Dopo aver previsto di utilizzare, come in Colombia, lo spargimento aereo di prodotti chimici, gli Stati Uniti hanno rinunciato davanti al rifiuto del presidente Karzaï. Washington ha subappaltato all’agenzia di sicurezza privata DynCorps la creazione e l’addestramento di una forza di circa 400 Afghani per sradicare manualmente le colture.
Venuto a Kabul per riaffermare "il sostegno a lungo termine del Regno Unito all’Afghanistan" il 6 dicembre, il segretario di Stato britannico agli affari esteri incaricato dell’Afghanistan e della lotta antidroga, Bill Rammell, si é detto fiducioso. La strategia adottata dovrebbe comprendere lo sviluppo di colture alternative, lo sradicamento, il rafforzamento della sicurezza e la repressione con arresti ad alto livello per mostrare che le cose sono cambiate".
Il ministro ha anche sottolineato il cambiamento, a partire dall’estate, del comportamento delle truppe della coalizione e dell’ISAF (Forza internazionale di assistenza alla sicurezza)" che, secondo lui, agiscono quando si presentano delle opportunità, ad esempio, di distruggere laboratori o arrestare trafficanti. Si tratta tuttavia di un’evoluzione ancora minima ed i militari della coalizione diretta dagli Stati Uniti o dall’ISAF sono ancora molto reticenti ad impegnarsi in un compito che minaccia, da una parte, di metterli in pericolo e, dall’altra, di isolarli dalle popolazioni dalle quali si aspettano cooperazione. I responsabili del giovane Esercito nazionale afghano, in corso di costituzione, sottolineano da parte loro che i soldati sono già molto sollecitati e che i contadini non sono loro nemici.
Per il momento il messaggio é rimasto tanto ambiguo, che la composizione del nuovo governo e l’eventuale esclusione di numerosi responsabili di alto livello - di cui taluni sono vicini a Karzaï ed implicati nel traffico di droga - saranno una prima indicazione della reale volontà del presidente di agire seriamente.
Françoise Chipaux
Campi irrorati di sostanze chimiche?
Cos’é realmente successo in due distretti della provincia di Nangarhar (est del paese), dove i contadini lamentano che i loro campi sono stati irrorati dall’aereo di sostanze chimiche? Il governo afghano, che ha inviato una delegazione per raccogliere campioni di terra, non ha fornito i risultati di questi test, ma ha violentemente denunciato quest’aspersione, affermando per bocca del portavoce presidenziale, Javed Ludin: "Non abbiamo mai autorizzato la vaporizzazione aerea di prodotti chimici contro i campi di papavero." L’ambasciatore degli Stati Uniti, il cui paese é sospettato, ha respinto tutte le accuse affermando che "gli Stati Uniti non lo hanno fatto e non hanno chiesto a nessuno di farlo". In visita a Kabul, il segretario di Stato britannico agli affari esteri, Bill Rammell, ha negato anch’egli ogni implicazione del suo paese, aggiungendo che non credeva che una qualunque vaporizzazione avesse avuto luogo. Il dubbio, che resta, rischia di accrescere la sfiducia dei coltivatori e di complicare la campagna di lotta che le autorità vogliono intraprendere su grande scala.
ARTICOLO APPARSO NELL’EDIZIONE DELL’8.12.04
Tradotto dal francese da Karl&Rosa