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La provocazione di Castelli

Publie le mercoledì 25 agosto 2004 par Open-Publishing

Caso Battisti, secondo il ministro «la sinistra europea difende gli assassini». L’Ulivo: «Berlusconi si scusi». Pisapia (Prc): «Il Guardasigilli dovrà rispondere al Parlamento»

di Sara Pompei

Rifiutano il "carrello", come si dice in gergo carcerario, le detenute del carcere di Rebibbia. Nella sezione femminile dell’istituto di pena romano, dalla scorsa domenica, digiunano per protestare. Ieri hanno donato tutto il vitto ai poveri della Comunità di Sant’Egidio. Dovrebbero essere duecentoventi donne, ce ne sono ben trecentocinquanta, il pasto viene servito soltanto una volta al giorno e i loro venti bambini - quattro al reparto di massima sicurezza, sedici al nido - vivono nei pochi metri quadrati di una cella. Recinti dal filo spinato.

La protesta, partita la settimana di ferragosto da Regina Coeli, è arrivata nel carcere del V municipio. «Con basi comuni rispetto al carcere trasteverino, ma con l’aggravante della vergogna dei bambini» spiega il verde Paolo Cento, che sabato ha visitato entrambi gli istituti di pena. Le detenute aggiungono alle proteste del sovraffollamento, dell’abuso della custodia cautelare, del fallimento dell’indultino, la mancata applicazione della legge Finocchiaro. Il testo del marzo 2001 che prevede il divieto del carcere per le donne incinte e per le madri di bambini inferiori a tre anni. Prevede inoltre il differimento della pena per le madri con bambini inferiori ad un anno.

E’ imbarazzante il numero dei bambini detenuti nelle carceri italiane. In una sovrappopolazione carceraria di più di 56.000 detenuti, laddove non ce ne dovrebbero essere più di 42.000, 53.780 sono uomini e 2.260 donne. I bambini in carcere, sotto i tre anni, sono circa 60. A questi si aggiungono i più grandicelli che sono fuori dalle prigioni. Un problema che coinvolge, facendo una nostra proiezione sui dati del Dap 2001, circa 1400 detenute con uno o più figli.

Cosa accade intanto a Regina Coeli? Nei giorni scorsi i detenuti del vecchio carcere di Trastevere, hanno scritto una lettera in cui esprimono «rammarico per i fatti accaduti martedì notte alla quarta sezione e se ne assumono la responsabilità collettiva perché la disperazione è di tutti». Al proposito, si sta preparando un autunno caldo di proteste. «La mobilitazione nazionale sarà unitaria e pacifica, hanno già aderito 108 dei 205 istituti - spiega Papillon, l’associazione dei detenuti - scatterà il 18 ottobre a Rebibbia e in decine di altri penitenziari con scioperi della fame e varie forme di protesta». Intanto domenica pomeriggio «è stato l’ultimo giorno di protesta» dichiara Paolo Cento, precisando che i problemi restano tutti: i detenuti «rivendicano l’applicazione della legge Gozzini e delle misure alternative, l’abbattimento dei termini di custodia cautelare proponendo che le scelte vengano affidate direttamente ai direttori delle carceri».

Intanto ieri sono entrati in sciopero della fame i detenuti del carcere triestino di Coroneo. La protesta si esprime pure con la consueta battitura dei coperchi e delle posate contro le grate. Anche loro snocciolano i dati del sovraffollamento. Attualmente sono rinchiusi 245 detenuti, il 50 per cento dei quali stranieri, per un istituto costruito però per una capienza ideale di 147 detenuti. «Una protesta che non ci spaventa - chiarisce un esponente della polizia carceraria - in quanto motivata da richieste comprensibili». Il sovraffollamento.

http://www.liberazione.it/giornale/040824/LB12D6C0.asp