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La rabbia della Sapienza

Publie le mercoledì 18 febbraio 2004 par Open-Publishing

Una manifestazione davvero imponente lunga tutto un giorno. Ieri il mondo dell’università si è
mobilitato contro il disegno di legge delega del ministro Moratti per il riordino dello stato
giuridico della docenza. Lo strumento che il governo vuole utilizzare per scardinare il sistema
dell’università, dopo aver già preso a colpi di machete quello della scuola e della ricerca scientifica. La
manifestazione più partecipata che ha aperto le proteste è stata quella dell’Università La
Sapienza di Roma dove in un’aula magna stracolma - tanto che gli organizzatori sono stati costretti a far
spostare i circa 5mila manifestanti nel cortile antistante il rettorato - ha visto sedere fianco a
fianco in una inedita alleanza una folla di attempati professori coi capelli grigi e di giovani
studenti con tanto di piercing e capelli rasta. A gridare tutti insieme «Moratti vattene».

I manifestanti arrivavano da tutta Italia (Trieste, Padova, Venezia, Genova, Pisa, Napoli sono
solo alcuni delle 35 sedi universitarie rappresentate). Una miriade le sigle di sindacati,
associazioni e organizzazioni professionali di precari, ricercatori, dottorandi, docenti specializzandi e
studenti. Tra il pubblico anche alcuni parlamentari come Alba Sasso (Ds) e Titti de Simone (Prc). Ma
manifestazioni di solidarietà con quella di Roma si sono svolte anche a Trieste (dove è stato
occupato simbolicamente il rettorato), a Padova, Venezia, Bologna, Bari e Salerno (dove per protesta
ma per non bloccare la didattica la facoltà di ingegneria ha organizzato «una notte in aula»).

Mentre Letizia Moratti, spaventata dall’inaspettata opposizione, si affrettava a dichiarare che in
fondo «sono molti i docenti e i ricercatori che non protestano e che condividono le idee portanti
della riforma», e poi che «scontiamo ancora i problemi ereditati dalla riforma del governo
precedente», molti altri spezzoni del variegato mondo universitario chiedevano riforme sì, ma di tono
diverso. E faceva impressione vedere tanti professori in giacca e cravatta che urlavano nei megafoni
la loro rabbia.

Il prorettore della Sapienza Gianni Orlandi gongolava: «è una bella giornata, il problema
dell’università è tornato al centro delle questioni prioritarie per il paese». «Questo modello di
università non ci appartiene», ha detto invece fra le ovazioni il portavoce dei presidi delle Facoltà di
lingue. «Un governo di sinistra non dovrà fare le stesse cose che vuole questo». I più applauditi
sono stati gli interventi dei più giovani: Andrea Capocci, fisico della neonata Rete nazionale
ricercatori precari, che ha ricordato come il precariato nell’università sia già una realtà. «Sono un
co.co.co., e come vedete esisto anche oggi», ha detto fra gli applausi. Augusto Palombini,
segretario dell’Associazione dottorandi e dottori di ricerca ha tuonato «fra noi ci sono quelli che il
precariato lo hanno consentito». Laura Gaffuni, ricercatrice dell’Università di Torino e membro del
coordinamento professori idonei, ha ricordato a una platea sempre più infervorata che mentre
tagliava i fondi per le università pubbliche, il governo ha destinato 50 milioni di euro per il Campus
Biomedico di Roma, una struttura legata all’Opus Dei. E ieri, ha ricordato, è stato inaugurato
l’inutile Istituto italiano di tecnologia a Genova, che in dieci anni assorbirà un miliardo di euro:
soldi che aiuterebbero ricerca e università a uscire dall’impasse finanziaria in cui li ha spinti
il governo.

Molti gli studenti, fra cui quelli di fisica che in uno striscione citavano Ungaretti («si sta
come d’autunno sugli alberi le foglie»), ma anche quelli dell’Udu che definiscono la riforma
«classista» e chiedono maggiori fondi per il diritto allo studio. Gli studenti di filosofia, che chiedono
più soldi per la ricerca e meno per i missili e carri armati, lamentano anche uno scarso appoggio
degli ordinari alla protesta.

«Siamo 30mila, e dobbiamo continuare a lavorare per il solito barone», ha raccontato invece un
medico specializzando. «A 34 sono ancora trattato da adolescente. E questa riforma non farà che
peggiorare le cose». Piero Bernocchi ha portato la solidarietà dei Cobas della scuola: «Non c’è scampo
per nessuno, la precarietà investe tutta la società e la Moratti vuole distruggere tutta la scuola
pubblica, dall’infanzia all’università. Il prossimo passo deve essere una iniziativa unitaria».
Cristiano Violani, che ha parlato di «disegno sfascista», rappresentava l’istituzionale Consiglio
universitario nazionale, che ha approvato una mozione molto critica verso il disegno di legge,
mentre uno dei ricercatori neoassunti (ma fermi per anni per il blocco delle assunzioni) ha segnalato
il paradosso: «sono appena entrato che già sono in via di estinzione».

La manifestazione si è conclusa con un corteo fino al vicino Cnr, dove siede il commissario
governativo De Maio, ispiratore della contestata riforma. Nel pomeriggio si è svolta una infuocata
riunione di tutte le componenti che appoggiavano la protesta. La mozione approvata propone una giornata
di mobilitazione per il 4 marzo, con occupazione di rettorati, blocco della didattica e assemblee
di ateneo e soprattutto la richiesta di ritiro incondizionato del disegno di legge delega.
Previsto poi il blocco delle attività didattiche nella prima settimana del prossimo semestre,
coinvolgendo gli studenti e tutto il personale universitario.

La protesta è proseguita con un sit-in serale davanti al ministero di viale Trastevere subito
prima che il ministro incontrasse una delegazione di sindacati prestabilita a cui si è potuto
aggiungere un unico rappresentante del mondo del precariato (grazie alla rinuncia di un delegato della
Cgil): Luca Mazzuccato, dottorando in fisica della Sissa di Trieste. Ad incontrare la delegazione di
sindacati, il ministro Moratti con il direttore del ministero D’Addona e il capo di gabinetto Di
Pace. «Si è trattato di una farsa ridicola e clamorosa», ha detto Mazzuccato. «Il ministro si è
detta disponibile a un tavolo tecnico di trattativa, ma riservandosi di non accettare le modifiche
proposte. In sostanza, nessun accoglimento delle nostre proposte e nessun riconoscimento della
grande manifestazione di oggi».

Intanto il Quirinale ha fatto sapere che il decreto così com’è è irricevibile in quanto privo di
copertura finanziaria. Sembra proprio che la via del ministro sia tutta in salita.

il MANIFESTO