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La scarsità d’acqua in aumento minaccia la sicurezza alimentare della Cina.
Publie le domenica 15 agosto 2004 par Open-PublishingDi Lester R. Brown
Un rapporto poco diffuso a Pechino rivelava, a metà agosto, che la situazione idrica della Cina è molto più drammatica di quanto si pensi. Le falde acquifere della Cina settentrionale, che produce più della metà del grano cinese e un terzo del suo mais, si stanno abbassando più velocemente di quanto si credesse.
L’eccessivo pompaggio dell’acqua ha svuotato le falde acquifere, riducendo la quantità d’acqua che può essere pompata; questa non riesce ad essere sostituita dall’acqua piovana, ed obbliga a scavare pozzi profondi che raggiungono le falde acquifere, le quali, a loro volta, non riescono a riformarsi.
Lo studio, condotto dall’Istituto di Monitoraggio Geologico Ambientale (GEMI) di Bejing, riporta che sotto la Provincia di Heibei, nel cuore della pianura settentrionale della Cina, il livello medio della profondità dell’acqua si è abbassato di 2,9 metri nel 2000. Vicino ad altre città, si è abbassato di 6 metri.
He Qingcheng, capo della squadra di monitoraggio delle falde del GEMI, crede che la situazione idrica che si sta deteriorando così velocemente dovrebbe meritare molta più attenzione. Egli sostiene che con lo svuotamento delle falde acquifere profonde sotto la pianura settentrionale della Cina, la regione sta perdendo la sua ultima riserva idrica - la sua unica salvezza.
La sua preoccupazione si ritrova in un nuovo rapporto della Banca Mondiale, che dice: “I pozzi scavati intorno a Bejing ora devono raggiungere la profondità di 1.000 metri prima di trovare l’acqua, ed è un costo che si aggiunge agli altri.” Con un linguaggio forte, inusuale per la Banca Mondiale, prevede “conseguenze catastrofiche per le generazioni future”, a meno che l’uso e le scorte d’acqua non siano riequilibrati rapidamente.
Un altro segnale della gravità della situazione idrica nella pianura settentrionale della Cina è dato dalla frenesia con cui si scavano pozzi negli ultimi anni. Alla fine del 1996, le cinque provincie della pianura settentrionale della Cina - Heibei, Henan, Shandong e le città delle provincie di Bejing e di Tianjin - avevano 3,6 milioni di pozzi, di cui la maggior parte servivano per l’irrigazione.
Nel 1997 ben 99.000 pozzi furono abbandonati, perché vuoti. Furono scavati altri 221.900 pozzi. La ricerca disperata d’acqua in Cina è evidente, dal momento che si continuano a scavare pozzi in profondità.
La metà settentrionale della Cina si sta prosciugando. La richiesta d’acqua ai tre fiumi che scorrono verso est nella piana settentrionale della Cina - l’Hai, il fiume Giallo e lo Huai - è eccessiva, tanto che i tre fiumi diventano secchi nella stagione secca, talvolta per lunghi periodi. Nei primi anni ’80 la portata del fiume Giallo nella provincia di Shandong - l’ultima delle otto provincie attraverso la quale il fiume Giallo scorre nel suo flusso verso il mare, e la provincia cinese che produce più grano - si è ridotta da 40 miliardi di metri cubi (1 metro cubo = 1 tonnellata) all’anno a 25 miliardi di metri cubi durante gli anni ’90.
Mentre le falde acquifere si abbassano, le sorgenti si prosciugano, i torrenti non scorrono più, i fiumi sono in secca e i laghi spariscono. Un tempo la provincia di Heibei aveva 1.052 laghi. Ne rimangono solo 83. La mancanza d’acqua nella piana settentrionale della Cina e l’uso eccessivo delle scorte sostenibili sono più di 40 miliardi di tonnellate all’anno. Al momento si supplisce a questa mancanza con le miniere d’acqua nel sottosuolo, ma quando le falde acquifere sono prosciugate e non si può più scavare nel sottosuolo, le scorte d’acqua diminuiranno molto. Nel bacino del fiume Hai - dove l’industria e le città, incluse Pechino e Tianjin, ora hanno la priorità - l’agricoltura che utilizza l’irrigazione potrebbe scomparire entro il 2010, facendo un passo indietro nella direzione dell’agricoltura basata sulla pioggia, meno produttiva.
Tra ora e il 2010, quando si prevede che la popolazione cinese sarà cresciuta di 126 milioni di persone, la Banca Mondiale prevede che la domanda d’acqua da parte delle città dell’intero paese aumenterà da 50 miliardi di metri cubi a 80 miliardi, pari a una crescita del 60%. Nel frattempo la richiesta d’acqua per l’industria aumenterà da 127 miliardi di metri cubi a 206 miliardi, pari a una crescita del 62%.
Con l’acqua che vale 70 volte di più che nell’industria e nell’agricoltura, i coltivatori perdono quasi sempre nei confronti delle città. Mentre le falde acquifere continuano ad abbassarsi, i costi del pompaggio aumentano e renderanno l’acqua del sottosuolo troppo cara perché i coltivatori la possano usare per l’agricoltura.
Oltre alla diffusa scarsità idrica, molte forze ambientali ed economiche stanno riducendo la produzione cinese di grano. I coltivatori cercano di massimizzare le loro entrate dai piccoli appezzamenti di terra, coltivando per esempio frutta e verdura, che valgono più del grano.
La Cina sta lottando strenuamente dal 1994 per rimanere autosufficiente nella produzione del grano. Lo ha fatto alzando i prezzi molto al di sopra del livello del mercato mondiale, arando molto e contribuendo così a formare il più grande bacino di polvere al mondo, e pompando oltremodo le falde acquifere sotto la pianura settentrionale della Cina.
La combinazione di vari fattori, quali i prezzi deboli, le falde acquifere che si abbassano e una forte siccità, hanno fatto scendere il raccolto di grano a 335 milioni di tonnellate, rispetto al raccolto limite di 392 milioni di tonnellate del 1998. Tutto ciò farà diminuire il consumo previsto di 46 milioni di tonnellate. L’emergenza di questo deficit - il più ampio nella storia della Cina -, aggiunto al deficit dell’anno scorso di 34 milioni di tonnellate, fa sorgere degli interrogativi circa la futura sicurezza alimentare.
Tali scarsità ravvicinate di produzione di grano di questi ultimi due anni, in un momento in cui l’importazione è trascurabile, hanno ridotto le scorte a circa 81 milioni di tonnellate. Con una disponibilità di scorte così esigua un altro raccolto scarso nel 2002 indurrebbe la Cina ad importare grandi quantità di grano per arrestare la crescita dei prezzi.
L’importazione cinese di grano potrebbe aumentare velocemente, come dimostra l’esperienza recente con i semi di soia. Quando i prezzi calmierati del grano crebbero nel 1994, le risorse furono spostate dai semi di soia - il quarto raccolto del paese dopo il frumento, il riso e il mais. Il risultato fu che il raccolto di semi di soia diminuì del 6% dal 1994, mentre la domanda raddoppiò. Con un cambiamento repentino la Cina è passata da un’esportazione minima di semi di soia nel 1993 all’importazione più ampia del mondo nel 2001, importando 14 milioni di tonnellate dei 30 milioni che consuma.
Se la Cina dovesse avere un’altra annata di raccolto scarso di grano nel 2002, sarà probabilmente obbligata a importare molto più dei 7 milioni di tonnellate di frumento e dei 5 milioni di tonnellate di mais che deve promettere di importare se entra nell’Organizzazione Mondiale del Commercio alla fine del 2001, come previsto.
Con le falde acquifere che si stanno prosciugando, la Cina sta cercando di rendere uguale la quantità d’acqua che si utilizza a quella delle scorte. Ha di fronte tre strade diverse: conservazione dell’acqua, deviazione dell’acqua dal sud del paese al nord, e importazione di grano. La deviazione dell’acqua dal sud al nord per trasportare l’acqua dal bacino del fiume Yangtze costerà decine di miliardi di dollari e costringerà centinaia di migliaia di persone a spostarsi. Un investimento pari a questo fatto nell’utilizzazione migliore dell’acqua per l’industria e in apparecchi casalinghi e per l’irrigazione più efficienti produrrebbe probabilmente più acqua. Dal momento che ci vogliono 1.000 tonnellate d’acqua per produrre una tonnellata di cereali, importare grano è il modo migliore per importare acqua.
A prescindere dalla decisione che prenderà, se concentrarsi solo sulla conservazione oppure fare anche una deviazione dal sud al nord, la Cina dovrà, quasi sicuramente, rivolgersi al mercato mondiale per l’importazione di grano. Se importasse anche solo il 10% del suo bisogno di grano - 40 milioni di tonnellate - diventerebbe in un sol giorno la maggiore importatrice di grano, scatenando grandi tensioni sul mercato delle importazioni e facendo salire i prezzi mondiali. Se ciò accadesse, non avremmo bisogno di leggerlo sui giornali: ce ne accorgeremmo alle casse dei supermercati.
Lester R. Brown
(Traduzione di Stefania Alatri)