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La storia dei marxismi continua, più vivace e più fertile

Publie le venerdì 11 novembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Movimenti Libri-Letteratura Storia

Il libro di Cristina Corradi segna la rinascita in Italia dell’interesse e degli studi sul filosofo tedesco

di Alfonso Gianni

(Anticipiamo l’articolo che sarà pubblicato sul prossimo numero della rivista "Alternative").

Tuffarsi nella lettura del libro di Cristina Corradi, "Storia dei marxismi in Italia" (Manifestolibri, Roma, 2005, pagg. 438, 30 euro), non è un’impresa da compiere a cuor leggero, richiede pazienza e passione, ma ne vale proprio la pena. Siamo di fronte infatti ad un libro di straordinaria erudizione - se si può usare ancora questo termine che alcuni autori considerano invece sminuente della propria creatività - che ci accompagna in una rilettura delle complesse vicende teoriche dei marxismi italiani lungo l’intero Novecento.

Un’opera che ci dà il segno inequivocabile della ripresa (si può dire della rinascita?) dell’interesse e degli studi marxisti nel nostro paese, dopo una grande e grigia parentesi durata quasi trent’anni. Un ottimo segnale dunque, da giudicare positivamente, direi persino al di là e oltre i meriti specifici di questa opera che comunque sono molti e su cui vorrei brevemente condurre qualche considerazione tutt’altro che esaustiva, anzi dichiaratamente parziale.

Naturalmente rinuncio in partenza (come invece dovrebbe fare un buon recensore, ma tale non sono) a qualunque tentativo di riassumere la narrazione dell’autrice. Ricordo solamente, per invogliare i futuri lettori, che il volume si articola in tre parti. La prima, che secondo l’autrice dovrebbe svolgere semplicemente una funzione introduttiva, ma in realtà ci dice molto di più, muove da Labriola per giungere a Gramsci, e naturalmente ci racconta della pesante influenza crociana sulla lettura italiana del marxismo, nonché delle influenze di Sorel, di Gentile e di Mondolfo. In particolare le pagine su quest’ultimo conferiscono a questa parte un tratto di stimolante originalità interpretativa, che meriterebbe approfondimenti ben maggiori anche rispetto ad un’opera già così corposa.

Comincia qui a delinearsi una delle chiavi di lettura che l’autrice utilizza per percorrere l’intera vicenda intellettuale che connota il modo con cui il marxismo si è diffuso ed è stato accolto nel nostro paese. Come è stato osservato anche da Roberto Finelli nel dibattito attorno a questo libro - al quale ha partecipato anche chi scrive - tenutosi alla recente Festa nazionale di Liberazione, da qui parte quella lettura del marxismo senza "Il Capitale" (e naturalmente a maggior ragione senza i Grundrisse) che caratterizzerà la storia dei marxismi italiani, in particolare per una prima parte abbondante del secolo.

I marxismi in Italia si snodano lungo un percorso stretto dall’idealismo crociano e dal positivismo di molteplici ascendenze. La conoscenza dell’opera fondamentale di Gramsci, raccolta nei "Quaderni del carcere", che, seppure giungendo tardi, modificherà sensibilmente e positivamente la lettura del marxismo, non poteva certo invertire da sola questa tendenza, data anche «l’oggettiva difficoltà di dedicarsi allo studio del Capitale» da parte di Gramsci stesso.

Questo vizio d’origine, questa pesante tara, non abbandonerà più i marxismi italiani, evidenziando, rispetto ad altre esperienze di pensiero in altri paesi e in altre tradizioni, un’endemica carenza della critica dell’economia politica, che neppure la potente riflessione dell’istituto Gramsci e del Cespe lungo tutti gli anni Sessanta sul capitalismo italiano, europeo e mondiale riuscirà a eliminare.

Con la seconda e la terza parte il lettore è invece condotto in un viaggio tra i marxismi contemporanei, che si snoda attraverso diversi autori e pensatori quali Della Volpe, Banfi, Luporini, Colletti, Rossi, Panzieri, Togliatti, Tronti, Timpanaro, Napoleoni, Negri, Cacciari, Preve, Losurdo, La Grassa, Turchetto, Bellofiore, Finelli, per citare i principali.

La storia dei marxismi è costruita quindi attraverso l’analisi della produzione teorica dei suoi protagonisti. Verso tutti l’autrice mostra un grande rispetto e, pur destinando ad essi pesi diversi nella trattazione, frutto di inclinazioni e sensibilità proprie, rifugge da qualunque pretesa di ergersi a giudice dei valori in campo. Questo è un pregio specifico di questo libro, tanto più importante quanto infrequente nel panorama della saggistica contemporanea spesso e volentieri contrassegnata da sanguinose, quanto inutili e sterili, "guerre di religione". E’ un pregio che l’autrice difende lungo tutte le oltre quattrocento pagine con grande rigore e coerenza, anche al prezzo di qualche timidezza che, almeno per chi scrive, può perfino apparire eccessiva.

E’ forse il caso delle pagine dedicate a Napoleoni, del quale si sarebbe potuta sottolineare ed esplicitare ancora di più l’importanza e la singolarità nel quadro dei marxismi contemporanei, tanto più che nel dibattito sopra ricordato dello stesso avviso si è dichiarata l’autrice stessa.

La considerazione qui svolta ci porta direttamente a sottolineare un altro dei meriti principali di questo libro, che viene dichiarato e annunciato dal suo stesso titolo. Bisogna dire che si tratta di una scelta coraggiosa. Qui si parla di marxismi e non del marxismo. Finalmente si rompe la presunta unità sacrale del marxismo, per cui la sua storia sarebbe fatta solo di successive implementazioni o deviazioni. Si accetta una pluralità di teorie, aventi tutte un ceppo comune, ma senza pretendere di tracciare il fatidico filo rosso. Questa concezione non può non piacere particolarmente a chi, come chi scrive, ritiene oggi necessario promuovere sul terreno culturale un ritorno a Marx, ad un Marx non mutilato di nessuna sua parte. E questo ritorno non può compiersi se non "distinguendo" da Marx e "mettendo da parte", senza ovviamente né negarli né liquidarli, i marxismi successivi.

L’autrice riesce a compiere questa scelta anche grazie ad un’opportuna contestualizzazione dei diversi marxismi. Non siamo certo di fronte ad una storia "sociale" dei marxismi, questa resta pienamente una storia delle teorie, ma del loro evolversi si coglie sempre un nesso dialetticamente causale con la realtà sociale ed economica e con il contesto politico e culturale.

Centrale, nella narrazione dell’autrice, è la svolta degli anni Settanta. Lì molti elementi che avevano caratterizzato le precedenti letture del marxismo entrano in crisi e ciò avviene mentre nel mondo maturano quegli elementi che determinano la moderna globalizzazione capitalistica, dal superamento del paradigma produttivo del fordismo-taylorismo alla crisi dello stato sociale, dal crollo dei vecchi istituti che in qualche modo governavano la finanza mondiale alla riduzione e alla modificazione dei poteri dello stato-nazione, per non parlare dell’evidenziarsi di un rapido sfaldamento dei regimi del "socialismo reale".

In questo quadro le esistenti letture del marxismo patiscono una crisi che si articola essenzialmente attorno a tre grandi nodi teorici, ancora oggi al centro della riflessione attuale: il problema della trasformazione del valore in prezzi, acuito dalla conoscenza dell’opera sraffiana; la questione della teoria dell’estinzione dello stato; il tema della dialettica. Come si vede un problema eminentemente di teoria economica, un secondo di teoria politica, un terzo di filosofia.

Non tutti i marxismi successivi, quelli che animano il dibattito attuale, sono incastonabili solo entro il tentativo di soluzione di questi tre problemi, basta pensare a come l’irrompere dei movimenti su scala mondiale, in particolare all’inizio del nuovo secolo, abbia sensibilmente modificato l’ordine e il peso delle tematiche su cui verte la riflessione teorica. Né si può dimenticare quanto è maturato nell’incontro, sempre difficile, tra i marxismi e il pensiero che muove dalla differenza di genere, o tra i primi e quello che insiste sulla difesa dell’ambiente, della natura, del vivente non umano.

Ma queste nuove dimensioni non possono che essere soltanto accennate dall’autrice. Mi riferisco in particolare alle pagine che essa dedica alla individuazione delle caratteristiche della globalizzazione capitalistica, alla critica delle teorie sulla fine del lavoro, alle diverse posizioni sul delinearsi di un mondo dominato da un impero e sulla crisi dello stato-nazione, alla individuazione del postmoderno come approfondimento del rapporto capitalistico di produzione e della diffusione dell’astratto «sia nel mondo della produzione che in quello del consumo, sia nell’agire interindividuale che nello spazio intrapsichico», per usare le parole di Roberto Finelli.

La storia dei marxismi continua e libri come questo, facendoci conoscere il pensiero fin qui accumulato nelle sue diverse accezioni e senza mutilazioni, aiutano a renderla ancora più vivace e fertile. Infatti, come diceva il grande matematico e filosofo francese Renè Thom «il nemico del vero non è il falso, ma l’insignificante».

http://www.liberazione.it/giornale/051111/LB12D683.asp