Home > La strage di Beslan
Non ho l’età ... ma voglio vivere e crescere in una società migliore!
La gioventù, l’infanzia in particolare, è diventata un vaso di coccio tra elefanti impazziti. Secondo l’Unicef, sono 547 i bambini che muoiono ogni giorno nel mondo a causa di guerre e attacchi terroristici.
Il 3 settembre, a Beslan (Ossezia del Nord), 366 morti, 705 feriti: i morti sono 31 terroristi e 156 bambini; 107 i corpi ancora senza nome. I feriti sono 307 bambini; 413 persone sono ancora in ospedale, a causa di un sequestro (pare) ceceno di una scolaresca e di uno sciagurato bliz russo
Il terrorismo nazionalista dei ceceni, la furia sciovinista degli ingusci, sotto forma di “pulizia etnica”, ha colpito alla radice una popolazione “nemica” (gli osseni del nord), tagliando la pianta etnica all’altezza dei giovani virgulti. Lo sfaldamento dell’impero russo sta provocando contraddizioni e orrori che superano quelli provocati tempo addietro dalla frantumazione della Federazione iugoslava. Da una parte, si fronteggiano la lotta nazionale dei ceceni contro i russi oppressori. Dall’altra, le varie micro-nazionalità, venuto meno il collante della morsa imperiale, si polarizzano in centri concorrenti di accumulazione dei rispettivi capitali, e si affrontano senza esclusione di colpi. Queste lotte di liberazione, di concorrenza inter-statale e infra-nazionale, si intrecciano e si svolgono sullo sfondo di un crescente movimento di lotta sociale, di difesa operaia e di tensioni anti-capitalistiche. Ciò spiega la reazione maldestra dell’orso russo.
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Come riportato sul blog Capire Per Agire, "sono 246 milioni i bambini che lavorano nel mondo, pari al 18.5% di tutta la popolazione minorile, come dire che lavora uno su sei. Di questi 10.8 milioni lavorano in condizioni a rischio e tra gli 8 e i 20 milioni sono coinvolti nel giro della prostituzione e nel traffico di stupefacenti. In Italia sono 144.285 i bambini tra i 7 e i 14 anni che lavorano secondo i dati Istat del 2002. Ancora più allarmanti i dati divulgati da una ricerca della Ires Cgil, secondo la quale il numero dei bambini sfruttati oscillerebbe tra i 360mila e i 400mila".
In una tale situazione, il problema dell’educazione infantile e giovanile assume aspetti nuovi e incalzanti.
Non è più possibile (se mai lo è stato) "tenerli fuori" dai problemi drammatici che li circondano, e che oggi li assediano e che, da un momento all’altro, li possono colpire.
Occorre renderli partecipi dei problemi del mondo in cui sono nati e in cui vivono.
Ma non basta. Occorre prepararli al peggio.
Tenerli cocciutamente e costantemente in una campana di vetro, nel mondo delle favole televisive, è la cosa più sbagliata che si possa fare: li esponiamo a tutti i venti, senza difesa alcuna.
Chiuderli in casa: peggio ancora. Sarebbe come incarcerare qualcuno senza che abbia commesso alcun reato.
Occorre prepararli ad affrontare, con spirito costruttivo, un mondo diviso in classi, nazioni, stati in guerra permanente tra loro. Abituarli a osservare e comprendere gli avvenimenti, avendo come metro di giudizio i bisogni dell’uomo, non quelli del profitto.
Devono imparare a riconoscere amici e nemici. Devono imparare a difendersi, nei limiti delle loro possibilità; a scappare; a chiamare aiuto, quando occorre. A vigilare essi stessi, su se stessi, sempre e ovunque.
Dobbiamo dare loro la possibilità di vivere e crescere in piena autonomia, perché possano contribuire alla costruzione di una società migliore, a misura d‘uomo e di bambino.