Home > Le due sinistre e i profeti dei ceffoni
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ROMA - «Voi gettate polvere negli occhi del proletariato!», urlava una
fazione al congresso di Livorno che spaccò i socialisti. «Rivoluzionari
da temperino!», urlava quell’altra. Ma forse mai si era sentito, a
sinistra, uno scambio di insulti pesante come quello che si sono
scambiati ieri i «disobbedienti» e i diessini. Con i primi a gridare
«assassini», i secondi a rispondere «squadristi». (Nella foto Scrobogna,
in alto al centro, Fassino) Musica per le orecchie di Silvio Berlusconi
e il centrodestra: stretta nell’angolo dalla sconfitta di Aznar, dai
segnali di smarcamento del primo ministro polacco e dal successo delle
grandi manifestazioni pacifiste in tutte le capitali del mondo, la
coalizione di governo assiste allo scoppio, proprio nel giorno in cui le
strade di Roma tracimavano di «pacifici pacifisti», dello scontro
intestino più aspro mai visto da anni dentro la sinistra.
Un regalo insperato. Agghindato con un fiocco in più: una dichiarazione
di Sandro Bondi che con soave perfidia è accorso a dettare alle agenzie
la sua «solidarietà all’On. Fassino vittima di una vera e propria
aggressione» e di «violente contestazioni che hanno di fatto reso
impossibile il suo diritto di partecipare ad una manifestazione in
favore della pace». Deve avere goduto, il portavoce azzurro, a scrivere
quelle poche righe. E deve aver sentito una coltellata nell’ossuto
fianco, il segretario diessino, a riceverle. Compatito! Meglio gli
insulti, piuttosto.
Meglio le contestazioni, i fischi e perfino i ceffoni metaforici. Ma
essere compatito da Bondi! E così quella che avrebbe potuto essere una
prova di forza della sinistra nella scia della vittoria di Zapatero, si
è trasformata nella plateale e impietosa dimostrazione, urbi et orbi ,
di tutte le fratture, le contraddizioni, le differenze insanabili che
per troppo tempo erano state coperte dal velo rassicurante della lotta
al Cavaliere, a Bush, all’America degli elicotteri Apache.
Certo, sarebbe stupido più ancora che scorretto riassumere la
manifestazione di ieri nella intimidazione a Piero Fassino, mai così
magro e malinconico con quel collo lungo lungo che spuntava da una
sciarpa arcobaleno. C’erano centinaia di migliaia di persone. Forse un
milione, forse più. Ed è stato un corteo larghissimamente pacifico,
vitale, colorato, gioioso, pieno di bambini sulle spalle dei papà e di
fidanzatini che si tenevano per mano. Con Patricia e le sue amiche di
Livorno che avevano portato una grande farfalla colorata per «volare su
tutti i muri» e la banda dei Fiati Sprecati che strombettava marcette e
i «Beati i costruttori di pace» padovani portati da don Albino che
avevano pitturato sullo striscione un intero campo di fiori e fiorellini
e Michele Zizzari che sulle note di uno zampognaro intonava la sua
«tammurriata» napoletana: «Amme pigliato nu pullman speciale / pecché
"sta guerr" vulimme fermà...».
E poi c’era Tiziano venuto da Manciano con il suo albero di scarpe
appese e i cartelli che dicevano «scarpate alla scuola», «scarpate
all’agricoltura», «scarpate al lavoro». E clown coi nasi rossi e musiche
andine degli Intillimani e la chitarra col distorsore di Ivan Graziani e
il giovane Pannocchia che girava tra la folla sui trampoli ed era così
alto ma così alto che qualcuno gli gridava ridendo: «Aho, a pertica! Che
ssei er cuggino lungo de Fassino?». E poi c’era Piero Ingrao che per la
seconda volta in tutta la vita aveva accettato un passaggio in motorino
e Walter Veltroni che sorrideva brillantemente guarito dall’influenza
che diceva avergli impedito di partecipare alla manifestazione unitaria
di giovedì e tanti frati e tante suore e tanti studenti e perfino un
democristiano in carne, ossa e bandiera scudocrociata che ghignava: «Nun
eravamo morti: solo in standby ».
Spiccava anzi, in mezzo a quel chiasso allegro, un’assenza: Berlusconi.
Intendiamoci, in quattro o cinque chilometri di corteo, qualche ombra
del Cavaliere c’era. Qui era un pupazzone con le enormi orecchie tirate
con le mollette appena uscito dal lifting , lì era vestito da Duce
accanto a un Bush-Führer, lì ancora faceva la parte del cane da guardia
su un carro di pupazzi di cartapesca in cui il presidente americano
puntava un pistolone contro Saddam Hussein col pigiama a righe del
carcerato mentre Prodi e D’Alema giravano in tondo senza sapere che
pesci prendere. Non mancavano un po’ di slogan e uno striscione con «le
bombe di Bush» dove accanto alla bomba atomica e alla «bomba hacca»
c’era la «bombetta puzzolente»: lui. Ma vogliamo far paragoni con altre
manifestazioni degli ultimi tre anni? La metà della metà della metà. E
forse meno ancora. Come se questo pezzo di popolo di sinistra si fosse
in qualche modo liberato della «ossessione Berlusconi». E pur
conservando intatta l’avversione contro il Cavaliere, avesse cominciato
a dargli meno importanza. Come desse quasi per scontato, dopo le
difficoltà del governo, la svolta nei sondaggi, la ripresa
dell’opposizione, la sorpresa spagnola, che il tramonto della destra sia
inarrestabile. Un’idea che Gino Strada, la cui brutalità di giudizio è
pari alla delicatezza con cui maneggia i bisturi, riassume così:
«Berlusconi? Boh... E’ morto».
Ed è qui, nella sensazione diffusa che «la Spagna ha detto chi ha
ragione» e «ormai è fatta anche qua», che è venuta fuori quella vecchia
anima confusionaria, sgangherata e sventurata di una certa sinistra
ribelle. Incapace di impedire l’ostentazione di uno striscione che
inneggiava alla «resistenza irachena», la stessa che fece saltar per
aria i nostri militari a Nassiriya come un anno fa non era stata in
grado di fermare la sfilata di finti kamikaze palestinesi. Incapace di
emarginare i teppisti che «col volto coperto e urlando slogan
inaccettabili», stando alla denuncia di Stefano Fancelli, hanno
«aggredito premeditatamente» i giovani diessini «lanciando uova,
bottiglie di vetro, lattine, aste di legno ed oggetti contundenti ad
altezza d’uomo».
Incapace di tenere a bada quanti avevano organizzato l’imboscata di
insulti a Piero Fassino. Un’imboscata annunciata. E in qualche modo
perfino legittimata preventivamente non solo dal no-global Francesco
Caruso con la minaccia di «ceffoni umanitari» o dallo stesso Strada con
la sparata sui «delinquenti politici» ma anche da alcuni che sulla carta
sono i compagni di strada dei Democratici di Sinistra. Come il
cossuttiano Marco Rizzo, arrivato ad accusare Fassino di avere voluto
lui la manifestazione unitaria in Campidoglio per «indebolire» la marcia
di ieri e ad avvertirlo che per lui venire alla manifestazione di ieri
sarebbe stato «come andare a sedersi allo stadio nella curva che ospita
i tifosi avversari». O il verde Paolo Cento, che aveva avvertito: «I
fischi, se ci saranno, saranno conseguenza dei loro errori». E lo stesso
Fausto Bertinotti che aveva riaffermato l’ovvio diritto che tutti
possono partecipare a ogni manifestazione però...
La frittata è fatta. Sarà divertente, adesso, vedere la corsa a
rassicurare gli elettori che un domani, se fossero tutti insieme al
governo...
di GIAN ANTONIO STELLA