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Le proteste spaventano Schroeder

Publie le venerdì 3 settembre 2004 par Open-Publishing

di Damiano Valgolio

Germania, primi segni di cedimento nel governo: la controriforma sociale perde pezzi, i sussidi di disoccupazione saranno pagati anche a gennaio
Berlinonostro servizioDopo l’intervento di Oskar Lafontaine, ex-leader del Spd, durante la "manifestazione del lunedì" a Lipsia in Germania, continua la polemica all’interno del governo tedesco e del partito socialdemocratico. Mentre il Seeheimer Kreis, corrente di destra dell’Spd, chiede di buttare Lafontaine fuori dal partito, Gerhard Schröder, presidente dei socialdemocratici e cancelliere tedesco, aveva già annunciato martedì di non volere «creare martiri». Il Finacial Times Deutschland, edizione tedesca del quotidiano degli imprenditori, ha pubblicato l’intero intervento di Lafontaine, che si era dimesso nel 1999 da ministro del tesoro per protestare contro le politiche liberiste del governo rosso-verde. Accanto alle parole di Lafontaine i redattori hanno scritto a mano i loro commenti, cercando di indebolire gli argomenti, frase per frase.

«Il governo è nervoso» ci spiega Malte Kreuzfeld, portavoce di Attac-Germania. Infatti le Montagsdemonstrationen, le manifestazioni del lunedì, ormai continuano da cinque settimane. I cortei settimanali, un’invenzione del movimento d’opposizione nell’ex Ddr del 1989, sono cominciati nelle regioni dell’est. Ma ormai, e forse è proprio questo che mette in dificoltà il governo, anche i Wessis, i tedeschi dell’ovest il lunedì scendono in piazza. In più di 200 città hanno avuto luogo le dimostrazioni, mentre il lunedi prima erano circa 150, due settimane fa solo 120.

«Non siamo divisi in est e ovest, ma in ricchi e poveri», aveva detto lo stesso Lafontaine lunedì. I cortei più grandi comunque continuano a esserci nella Germania orientale, come in Magdeburg e Berlino, dove cinque giorni fa hanno manifestato 30.000 persone, e Lipsia, dove sono venuti in 50.000 a sentire le parole di Lafontaine e soprattutto a contestare il pacchetto "Hartz IV", con il quale il governo Schröder vuole tagliare i sussidi ai disoccupati. Saranno proprio queste le regioni, con una disoccupazione media di oltre il 20%, più colpite dalla controriforma, che entrarà in vigore il primo gennaio 2005.

Che il governo tedesco tema le proteste non lo dimostrano solo le reazioni nervose sulla scesa in campo di Lafontaine. Due settimane fa, Schröder ha annunciato che i sussidi saranno versati anche in gennaio, in deroga alla sua stessa "riforma". Un’altra marcia indietro riguarda le cure dentarie: sempre a partire da gennaio non sarebbero più state a carico dell’assistenza pubblica. Ma la legge, già varata dal parlamento, non entrerà in vigore. Spiegazione ufficiale: «Problemi burocratici». Anche Wolfgang Clement, ministro del lavoro, ha annunciato, infine, che sarà ritirata una parte del pacchetto "Hartz IV": i disoccupati che hanno più di 58 anni continueranno a ricevere il sussidio attuale anche l’anno prossimo.

Ma mentre il governo mostra questi segni di cedimento, Schröder spara a zero contro i manifestanti. In un intervento televisivo lunedí sera li ha accusati di «denneggiare la memoria delle storiche Montagsdemonstrationen» del 1989. Ottenendo, in risposta, una dura presa di posizione di oltre 50 esponenti della storica oppasizione democratica nella ex Ddr: «Oggi esiste la dittatura delle grandi agenzie - hanno scritto in una dichiarazione comune - come 15 anni fa nella Ddr esisteva la dittatura della Sed».

Ed è proprio la questione della democrazia che i movimenti tedeschi hanno posto con una iniziativa iniziata il primo settembre, anniversario dell’inizio della seconda guerra mondiale, in Germania: l’Antikriegstag, il giorno contro la guerra. Il Friedensratschlag, una sorta di tavola della pace tedesca, ha colto l’occasione per protestare contro la costituzione europea e per chiedere un referendum sulla sua introduzione. «La costituzione è liberista e costringe gli stati europei ad aumentare gli armamenti e a versare soldi negli eserciti», spiega Peter Strutinski, portavoce del movimento.

La costituzione tedesca permette il referendum a livello regionale, ma lo proibisce a livello nazionale. Il governo Schröder fino a due anni fa ha tentato di cambiare la costituzione, ma è sempre stato bloccato dall’opposizione democristiana. Per cambiare la costituzione ci vorebbe una maggioranza di 2/3 nelle due camere tedesche. E ormai Schröder, grande sostenitore della bozza costituzionale di Giscard, ha cambiato idea. La posizione ufficiale, da un anno a questa parte, è sì al referendum nazionale, ma non sulla costituzione europea. «Se il governo non lo vuole, il referendum sulla costituzione lo organizzeremo noi», dice Strutinski.

http://www.liberazione.it/giornale/040903/LB12D69C.asp