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Leopoldo BRUNO: l’oggi e il Movimento

Publie le martedì 14 settembre 2004 par Open-Publishing
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di Leopoldo BRUNO

Comincio col parlare di Fausto BERTINOTTI. Parlare di una persona semplicemente speciale.

Sono uno di quelli che dall’inizio di quest’anno si è avvicinato al Prc, in particolare grazie alle posizioni espresse da Bertinotti stesso.
Ricordo che c’era la discussione sulla non violenza. Una discussione ricca di interventi, anche contrastanti, con opinioni qualificate.
C’è stato un avvicinamento sempre più stretto, reciproco e certamente anche operativo con il mondo dei movimenti.
Infine, l’idea concretizzatasi di far prender vita al Partito della sinistra europea.

Pochi mesi fa, ho scritto in lista Bologna Social Forum che Bertinotti aveva intrapreso “una strada alberata” con la speranza che un tale suo percorso desse come risultato quello di aiutare tutti noi a “farcela cavare”.

Poi ci sono state le elezioni del 12-13 giugno 2004.
Rifondazione, come sappiamo, è andata bene. Una percentuale nazionale del 6,1 e due milioni di voti, come titolava Liberazione.

Sì, è andata bene con un eletto in più del preventivato. Il problema allora è scegliere: “chi mandare in Europa”. Certo, da fuori si pensa: è un problema di abbondanza, averceli sempre questi problemi...
E invece no, diventa davvero un tema scottante tanto più passano i giorni.
Come sappiamo, alle elezioni è successo che il rappresentante dei Disobbedienti ottiene un inatteso successo. Che è andato oltre il voto della propria personale area politica di appartenenza.
E va bene, uno può dire, ci sono altre motivazioni delle quali tener conto; motivi superiori, di partito, affettivi, di riconoscenza. Tutti validissimi per persone normali ma Bertinotti non lo è.

Il Segretario di Rifondazione dà l’idea di uno che le cose le coglie al volo prima ancora che stiano per arrivare davanti a sé.

Nunzio D’Erme nella sua persona, con il suo successo incarnava lo spirito di una realtà che - al di là delle legittime e differenti posizioni politiche di ognuno - negli ultimi anni è stata oggettivamente fra le più feconde nel nostro Paese.
Una realtà con caratteristiche così innovative da renderla anche oggetto di studio, e quindi non solo delle attenzioni delle forze dell’ordine e della magistratura. Una realtà simbolo, si può azzardare, della nostra società di inizio del XXI secolo.
Tutte queste cose Bertinotti le sa a memoria, ma il Partito sceglie di essere rappresentato in Europa da altre, capaci e degnissime persone.

Arriviamo all’estate. Il Segretario è protagonista di una serie di interviste su vari quotidiani nazionali. Nel mio piccolo, passo agosto a rincorrere l’ultima dichiarazione di Bertinotti; e poi son sicuro di non averle lette tutte.
Interviste fatte solitamente con il carattere della domanda aperta, alla quale corrisponde una risposta ampia.

Sul Corriere della sera del 12 agosto, Roberto ZUCCOLINI chiude l’intervista:

Dom.: Bertinotti farà parte del governo in caso di vittoria?
“Io no, non entrerò nella squadra, Ma il partito ci sarà”

Dom.: Con ministri in poltrone strategiche tipo il Welfare?
_“E perché no l’economia?”
 Io sto buono. E poiché è l’inizio, non dico niente.

Su La Stampa del 20 agosto Bertinotti parla di “Assemblea rappresentativa del popolo delle forze di opposizione, composta da tre componenti - rappresentanti dei partiti di opposizione, di esperienze di governo locale, di esperienze sociali e di movimento (tra cui i sindacati) cresciute in questi anni che elaborano una proposta programmatica comune. Questa proposta, oltre a essere presentata, come è ovvio, alla consultazione dei partiti, dovrebbe essere sottoposta alla consultazione popolare di coloro che si dichiarano elettori di questa coalizione”.
 Dico io: a parte il fatto che, così com’è questa proposta, i partiti ci metterebbero becco - in un modo o nell’altro - tre volte. Ma poi, dopo un tale percorso, quali contenuti delle esperienze sociali e di movimento arriveranno sul tavolo del Governo? E di questi, cosa verrà concretamente attuato? E ­ alla fine ­ alla gente cosa davvero arriverà? C’è chi pensa che l’approdo sarà un mondo migliore o almeno un po’ diverso?

Continua Bertinotti: se ci saranno le primarie sulla leadership, il nome di PRODI non è in discussione. Dopo di che, ho dato la mia disponibilità a candidarmi, visto che per farle bisogna essere almeno in due. Domanda della giornalista Maria Grazia BRUZZONE: e se ricevesse molti voti, il primo e il secondo farebbero ticket di governo? “No. Ho già detto che partecipare personalmente non mi interessa”.
 Dico io: ma insomma a questo punto chi lo voterebbe? che si candida a fare, per rompere le uova nel paniere di qualcun altro?

In un’intervista più recente a Miriam MAFAI su Repubblica del 2 settembre chiude così l’intervista:

Dom.: Ritiene ancora attuale il principio fondamentale del comunismo, cioè della proprietà privata dei mezzi di comunicazione?
“Non l’abolizione, ma il superamento sì. Nell’ambientalismo ad esempio c’è un’idea della ricostruzione dei beni comuni che prevede il superamento della proprietà privata dei mezzi di produzione”.

Dom.: Metterai anche questo argomento in discussione nelle primarie di programma?
“Certamente. Perché no?”
 E adesso però vorrei proprio sapere a quale genere di film il sig. Fausto Bertinotti è affezionato spettatore.

E arriviamo al 9 settembre. Il titolo dell’intervista di Goffredo DE MARCHIS al Segretario di Rifondazione è: “Ora salviamo le due ragazze del ritiro riparleremo dopo”
 Io mi domando e dico: ma le guerre, non erano fatte da più battaglie che si svolgevano anche contemporaneamente? O le guerre son cambiate anche in questo, cioè si coordinano le battaglie e si affrontano con calma una alla volta?
E il pezzo si conclude con la domanda:

Non è la sinistra antagonista a parlare di resistenti iracheni?
Risponde Bertinotti: “Mai usato quel termine. C’è una Resistenza con la “r” maiuscola come quella italiana. E ci sono le resistenze con la “r” minuscola. La prima ha sconfitto il fascismo e dato una Costituzione repubblicana all’Italia, quella irachena, mi riferisco a chi è fuori dal terrorismo, può essere legittima perché lì si vive un’occupazione ma non contiene in sé la soluzione del problema. Poi c’è il terrorismo...”
 E io che ero convinto che il termine Resistenza se lo conquistasse direttamente il popolo sul campo. Da oggi ce ne sono due: una che mentre resiste ha già elaborato, magari attraverso un percorso come quello prima descritto, un’ottimale e condivisa soluzione del problema. E un’altra resistenza che non ce la fa a trovare soluzioni.

E qui mi fermo con le interviste

Finisco con il titolo di un articolo dell’Unità: “Vado avanti. Se perdo pezzi pazienza”.

Il 9 maggio ero a Roma, fra il pubblico del Congresso costituente della sinistra europea. Gli occhi di Fausto Bertinotti brillavano. Il giorno dopo veniva acclamato Presidente del nuovo Partito.

Io paragono oggi il Segretario del Partito della rifondazione comunista a un atleta. Uno che per anni si è allenato, sacrificando la parte migliore della propria vita, ed è così riuscito a vincere meritatamente una medaglia.
A quel punto - però - fatica a guardare in faccia al suo passato e chissà, forse anche se stesso.

Ha ottenuto umanamente tutto ciò che voleva e poteva avere su un livello. Adesso passa a un altro. Il problema è cosa lascia dietro.
Ritengo pertanto che sia tutto alla luce del sole, finalizzato all’importante obiettivo della politica in Europa.
Di tale legittimo obiettivo fanno parte: la nascita del Partito della sinistra europea, il suo personale ruolo di Presidente, la scelta dei parlamentari, il cambio di rotta nella politica del Paese, al fine di accreditarsi quale esponente di sinistra, anche radicale, ma affidabile nel contesto continentale.

A questo punto posso parlare di Bertinotti “prima” e “dopo”.

Cambio solo per un attimo argomento.
Sergio COFFERATI è stato il leader sindacale ­ si può dire solitario - a capo del mondo del lavoro. Grazie a lui, i diritti di tutti i lavoratori hanno subito danni limitati. Riferito ai tre milioni di persone del 23 marzo 2002, Eugenio SCALFARI titolava: _ “L’immensa forza tranquilla”.

Cofferati in qualità di semplice cittadino, dalla fine dello stesso 2002 all’inizio del 2003, ha illuso il mondo dei Lavoratori, dei Girotondi nonché buona parte dell’intero Movimento (ricordo il suo girovagare nel nord e poi anche nel centro Italia, con l’obiettivo di un infaticabile dialogo e sviluppo culturale sul territorio). La fine di tale periodo, sfociato nella candidatura a Sindaco di Bologna, la definisco - così alla buona - come una delusione, sì sui contenuti ma anche fortemente del carisma di chi si pensava potesse lavorare per far sorgere un Paese diverso. Dico in quattro parole che fu: una forte perdita affettiva.

Oggi, il Bertinotti “dopo” rischia di arrecare spaccature. Le posizioni assunte dal leader politico certamente più in vista del Movimento vanno a incidere nella carne, nel tessuto.

Quello che è accaduto in questi giorni sorprende ­ in primo luogo ­ tantissimi iscritti, militanti e, si legge, dirigenti di Rifondazione comunista.
E’ chiaro a tutti che non è il problema della guida di un partito a una o all’altra persona.

Il Movimento, dopo aver superato quella del leader carismatico, è oggi ­ a mio parere - chiamato a superare la prova del Partito di riferimento.

A Roma ­ sabato 11 e domenica 12 settembre ­ all’Assemblea nazionale delle Reti, delle Organizzazioni e dei Movimenti italiani del Social Forum Europeo, io ho avuto una chiara percezione. Quella che il Movimento si potesse spaccare su parole d’ordine come: il Diritto alla resistenza del popolo iracheno; la responsabilità diretta dell’attuale Governo italiano in merito al rapimento di Manhaz, Ra’ad, Simona e Simona e alla distruzione dell’Iraq e del suo popolo nonché la sua conseguente illegittimità a trattare la liberazione degli ostaggi; la responsabilità diretta dei Governi di centrosinistra per aver partecipato alle “guerre umanitarie” distruggendo anch’esse interi Paesi; la responsabilità della classe politica italiana che ha ridotto - dal giorno della firma a oggi - la nostra Costituzione, nella sua interezza, a carta da riciclare negli appositi contenitori.

Oggi, migliaia di persone in Italia e nel mondo piangono, ridono e si indignano guardando un film.
Se io però scrivo che George W. BUSH e Osama BIN LADEN sono due amici-terroristi, faccio un’affermazione fuori dalla norma.
Nei nostri striscioni non riusciamo a scriverlo; nella nostra testa non è ancora entrato perché fanno di tutto per distoglierci dall’evidenza di un’ovvietà.

Ma poiché - al momento - ci tengo ancora alle mie vene, così come a quelle di chi eventualmente sta leggendo, chiudo con una citazione di chi prima afferma: “La chiamano unità nazionale. La definirei piuttosto una sintonia di casta” e poi conclude:
“Il movimento per la pace sono milioni di persone che vogliono tornare ­ o forse incominciare ­ a essere cittadini, non semplici consumatori o strumenti del consenso. E credono nella democrazia come strumento per realizzare i diritti umani, perché solo nel pieno rispetto dello sviluppo della persona, e quindi di tutti gli esseri umani, sta la condizione indispensabile per la pace. Dall’altra parte sta chi pensa che la democrazia sia un puro gioco elettorale, che i diritti umani siano un optional, e che si possa ammazzare e torturare a piacimento. Sta al movimento per la pace fare in modo che nessuno, in futuro, possa considerare i nostri concittadini, e noi stessi, come “nemici”. Lo deve anche a tutti coloro che hanno perso o che stanno rischiando la vita per la guerra. Lo deve anche a Simona Torretta e Simona Pari, che speriamo di vedere libere al più presto, con i loro colleghi iracheni”.
Un uomo su cui contare: è Gino STRADA.

Messaggi

  • caro leopoldo,

    credo che il popolo della pace saprà far cambiare rotta ai politici, dal
    momento in cui attraverso la partecipazione attiva sposterà gli equilibri .
    al popolo della pace è chiaro che il sangue e le armi non costruiscono nulla
    ma creano sempre più armi e sangue. rendere la pace un fatto politico, un
    nuovo modo di relazionarsi e non solo una parola aulica e da manifestazione,
    è l’impegno quotidiano che ha ancora troppo pochi adepti. il problema
    fondamentale sta li’, nel renderlo quotidiano nelle azioni comuni, nel
    rapportarsi con le istituzioni. il popolo della pace è ancora troppo
    silente, troppo poco incisivo nel quotidiano della politica e delle
    istituzioni; sappiamo che c’è, appare nelle manifestazioni, ma poi torna nel
    buio della disaffezione alla politica, alla rassegnazione del tanto non
    cambia niente. dobbiamo convincere la gente che si può cambiare, che ognuno
    di noi può far cambiare qualcosa a cominciare da ciò che ha attorno.

    ciao nadia