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Maisa e il suo velo...8 marzo 2004

Publie le sabato 6 marzo 2004 par Open-Publishing

Maisa (che cammina con fierezza)
si guarda allo specchio col suo velo e si vede bella.
Gli occhi neri e brillanti il naso sottile l’ovale perfetto il mento
delicato e la bocca ben disegnata.
Compiaciuta si dice i versi del poeta Hamdis

"Il profumo di lei! Tu credi che il suo amplesso e quella che lo procura
siano tutto il paradiso.

Si schiude la rosa della guancia sul ramo della sua persona, e ivi fiorisce
la camomilla del sorriso.

Ascoltare la sua parola e’ un gradevole passatempo, come il diletto del vino
o d’un canto improvvisato.

Mentre la tengo stretta a me, mi racconta i suoi segreti, e la mia bocca
raccoglie dalla sua intime confidenze.

Quando le Pleiadi adornano il sommo della notte, offrendo nelle mani
dell’alba un mucchietto di stelle, trovo le sue labbra dolci, come fossero
infuse di vino vecchio miscelato con muschio".

Rimette per l’ennesima volta la cassetta della "sua" musica e la stanza
vibra ai suoni dolci e sensuali dell’erotismo dello sfinimento amoroso di
Umm Kulthum, la stella di Oriente.
Una musica e una voce tutta languore e struggimento e nello stesso tempo
minacciosa e ruggente.
Si sorprende a pensare che non è buona cosa quel giorno che il suo corpo e
la sua mente siano influenzate dalla poesia e dalla musica, anzi a dire il
vero, le parole che le vengono in mente sono "che il suo corpo e la sua
mente siano contaminate..".
Lo specchio le rimanda l’ombra di sconcerto.

Questo è un giorno importante per Maisa.
E’ il giorno della sfida.
Una legge vuole impedirle di portare il velo islamico e lei ha preso la
decisione di sfidare la legge.

Eppure anche se determinata è nello stesso tempo inquieta.
Si toglie il velo, si abbandona sulla sedia col velo sulle ginocchia, le
mani carezzano la stoffa, pare così leggera, così leggera.
Maisa (che cammina con fierezza) si sente divisa, lacerata.
I simboli, pensa, paiono leggeri, ma sono pesanti e sempre segno di
contraddizione.

E Maisa è attanagliata dalla sua tragica contraddizione:

Lei è una donna mussulmana che vive in occidente
conosce queste due culture ed anche altre veramente perché è una donna
colta, e’ una dei tanti che la storia rende nomadi, transfughi, rifugiati,
clandestini.
Passano di confine in confine e subiscono ma imparano a conoscere anche
leggi, usanze, società; università in cui studiano e ristoranti in cui
lavano piatti,
accumulando un sapere profondo.
Non può nascondere alla sua saggezza come tutto sia strumentale.

Il velo è per lei una sfida, è il suo modo di dire: "Io sono questa : così
dovete accettarmi, VOI non avete nessun diritto di giudicare o di dirmi
quello che debbo o non debbo fare e pensare".
Il velo è la sua identità e nello steso tempo la negazione della sua
identità più intima.
La sua saggezza profonda le fa dire:" e quale donna in qualsiasi luogo non
è scissa come me?"

Maisa è consapevole che è scissa tra oppressione e una ipocrita altrui
strumentale denuncia della sua oppressione.

Altrimenti, pensa Masia, farebbero scandalo anche alcune tribù che
costringono le donne a portare pesanti collari di metalli, farebbero
scandalo le donne Karen con i lobi deformati dai lunghi orecchini, tanti
turisti-etnici invece accorrono in certe zone della Thailandia ad
immortalare
con le loro macchine da presa i Padung(collo lungo), infatti lì ci sono le
donne-giraffa.

La legge vuole che le donne debbano portare attorno al collo una lunga e
pesante spirale d’ottone. Questo collare è composto da due parti distinte:
quella inferiore, che ricopre in parte la spalla,
ed è tenuta insieme da un’ansa formata a sua volta da anelli, mentre la
parte superiore è formata da una lunga spirale che avvolge il collo
All’età di cinque anni, nel corso della "cerimonia del plenilunio", alle
bambine vengono imposte spirali d’ottone alle braccia e le caviglie, poi i
loro colli vengono sottoposti a vigorosi massaggi per stirare i muscoli del
collo per essere pronte ad indossare i primi tre chili di collare
attorno alla gola.

I chili si accumuleranno nel corso degli anni.

Eppure questi segni di sottomissione non fanno scandalo;
verrà pure il turno loro, si dice Maisa, quando farà comodo!
Nella mente di Maisa passano tanti segni di sottomissione della donna:
dalla cintura di castità ai piedini deformati delle cinesi, allo scialle
nero delle donne del mediterraneo. E’ consapevole che la radice di questa
sottomissione è dovuta alla divisione del lavoro, altri dicono dei ruoli, ma
lei sa che ciò che era la forza della donna, il procreare il dare la vita,
ad un certo punto è diventato la sua debolezza e la sua schiavitù.

In un certo momento da donna diventò moglie.
e cominciò la sequenza di figlia, moglie madre sorella.,
con tutte le varianti accidentali dovute al contesto sociale e politico;
figlia, moglie, madre, sorella persero il significato originario di
tenerezza e forza è divennero termini di sudditanza.
Una donna, si dice Maisa, può anche essere kamikaze ma prima di ogni cosa è
la sorella di un uomo, una donna può essere anche "emancipata" ma prima di
ogni cosa è la moglie di un uomo.

Stringe il velo al petto con rabbia.

Vogliono, per legge, strapparglielo per renderla, per legge, uguale civile
e liberata;
con sarcasmo si dice "loro, che costringevano le donne per avere un minimo
di cultura o di indipendenza a finire
in convento o a fare le cortigiane.
Dell’oggi non voglio parlare".
Fra la sua gente il velo è imposto per legge, e significa, per legge, la sua
sottomissione.

Maisa (che cammina con fierezza) è consapevole della sua lacerazione e ne
conosce i motivi profondi e veri.
Sa che qualsiasi società monoteista è uguale, sa che quello che fanno
passare per un conflitto tra mondo cristiano civile e mondo mussulmano
incivile è una menzogna che nasconde la verità dello scontro.
Una donna ebrea cristiana o mussulmana è schiava della stessa legge
cosiddetta naturale che impone ad ogni uomo e ad ogni donna compiti
differenziati, obblighi e doveri diversi. Ipocritamente dicono che la legge
di Dio mette l’uomo e la donna sullo stesso piano però le due
creature non sono confrontabili, uno vale più dell’altra.

Per la legge coranica la testimonianza di un uomo vale
quella di due donne; per la religione ebraica a causa di una bugia di
Sara(Genesi 18,9,16),
le donne sono testimoni inaffidabili; i cristiani a lungo dissertarono se
le donne avessero l’anima, figuriamoci se poteva essere o fare testo,
provvidero a coprire le vergogne di Eva col velo ceruleo della Madonna.
ma nel laico occidente quanto vale la testimonianza di un’operaia contro il
proprio datore di lavoro?

Qualsiasi legge è contro la donna
e Maisa (che cammina con fierezza)
guarda tristemente il suo velo che ha poggiato sulla
spalliera del letto.

La sua sensazione di lacerazione e di scissione aumentano sempre di più e il
disagio pure, la musica è finita, la stanza è muta nel leggero pulviscolo
della luce che filtra dalle tendine. Ed ecco che ora le viene in mente anche
l’escissione e subito si dice :quanto coraggio e quanta superiorità hanno le
donne; loro lottano e si ribellano a questa pratica infame, col solito
appoggio interessato, ma gli uomini, avete mai sentito un uomo che si
ribella alla circoncisione?

Qualcuno ha mai provato a capire perché?

Fanno passare la circoncisione per una norma igienica, ma in realtà è il
segno del privilegio del maschio, il segno del patto fra Dio e Abramo, il
segno del legame eterno fra il Santo Benedetto e la casa d’Israele(Genesi
17,7), il patto colla divinità è impresso nella carne di ogni Ebreo e di
ogni Mussulmano.

Maisa ritiene che sia una grande sconcezza, e insieme uno sconcio del corpo,
non è una mutilazione perché è un segno di privilegio ma per Maisa una
sconcezza e uno
sconcio restano.

La circoncisione consiste nella rimozione della pelle che ricopre il glande,
questa operazione viene effettuata su bambini che hanno 8 giorni per gli
ebrei; per i mussulmani il periodo è fra i sette giorni di vita sino
all’inizio
della pubertà.
comunque la circoncisione o milà consiste nel compimento di tre atti:

1) milà propriamente detta, che consiste nella recisione del prepuzio, cioè
della pelle che ricopre il glande;

2) peri’à, rivoltamento della mucosa sottostante;

3) metzitzà, succhiamento del sangue della ferita.

Con la circoncisione viene rimossa la pelle del prepuzio a dei neonati. La
superficie del glande svilupperà uno spesso strato di cheratina che lo
renderà molto meno sensibile, al pene circonciso resta una cicatrice
anulare.

Dato che nel rapporto sessuale le sensazione derivano dalla stimolazione di
prepuzio frenulo e glande qualcuno ritiene che la circoncisioni alteri in
qualche modo il piacere.

Come dire chi figlio di Dio vuol apparire un poco deve soffrire.

Maisa (che cammina con fierezza) contempla il velo abbandonato e si sente
sola, prigioniera di scelte che non sono sue, stringe le mascelle e i pugni
e odia tutte le leggi del potere. Lucidamente vede la contraddizione di cui
è prigioniera e non sa come uscirne.
Vuole portare il velo per ribellarsi ad un legge che lo annulla per decreto
e non vorrebbe portarlo per ribellarsi a chi per decreto lo impone.

Questo mi ha confidato Maisa (che cammina fiera) oggi quando sono andata a
trovarla e dopo le sue confidenze ci siamo abbracciate come sorelle che si
ritrovano dopo tanto tempo.