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Mani sulla montagna di Trento

Publie le mercoledì 25 febbraio 2004 par Open-Publishing

La giunta provinciale sta uccidendo (in anticipo su Roma) gli «usi civici»

TRENTO - Dolomiti trentine a rischio privatizzazione. Il patrimonio montano,
boschi, malghe e pascoli, appartenuto per secoli alle comunità locali, potrà
essere venduto. Il diritto d’uso civico, che tutela terreni e fondi
collettivi dagli appetiti di lobby affaristiche, sta per essere smantellato.
Imprenditori del turismo invernale (che vogliono nuovi impianti e canoni
d’affitto ridotti per le piste), imprese estrattive e costruttori hanno fatto
bingo. Lorenzo Dellai, presidente di centrosinistra (senza Prc) della
provincia autonoma, si è mostrato sensibile alle loro esigenze. Se a Roma la
legge che consente di mettere le mani sugli usi civici è ancora in
discussione, in Trentino è cosa fatta. Dellai ha varato la normativa il 13
marzo 2002 e quest’anno il regolamento applicativo. Dietro al paravento di
una riorganizzazione, la giunta provinciale mette la museruola agli usi
civici, condannandoli a morte per consunzione. E così sviluppo indiscriminato
e speculazione potranno aggredire la montagna.

In Trentino la cura e l’utilizzo comunitario di boschi, campi, pascoli e
malghe è affidata da otto secoli all’antichissima istituzione delle «Regole»,
dagli anni `30 trasformate in «Amministrazione separata dei beni d’uso
civico», Asuc. Il 70% di tutto il territorio provinciale trentino è tutelato
dall’uso civico. I fondi non sono di proprietà statale né comunale ma
appartenenti alla comunità locali, paesi o frazioni, che in maniera autonoma
decidono come «regolare» l’utilizzo di boschi (legna per riscaldamento o da
costruzione), prati (pascoli), malghe e alpeggi (allevamento), suoli
(attività estrattiva). Possono anche affittare a terzi i fondi (per le piste
da sci, ad esempio) senza venderli, poiché sono terreni di proprietà
indivisa.

Per secoli l’amministrazione dei beni collettivi, affidata ai capifamiglia, ha
svolto un ruolo di solidarietà all’interno della comunità. Negli ultimi
decenni è diventato uno strumento di tutela ambientale. In Trentino sono 98
le Asuc (su 223 comuni) e rispetto al resto d’Italia tutti i loro fondi sono
regolarmente intavolati fin dal XIX secolo, quando fu istituito il Tavolare
sotto il governo austroungarico. Dellai, rieletto lo scorso ottobre, vuole
togliere il governo del territorio alle Asuc per affidarlo ai comuni, più
malleabili e vicini agli interessi degli imprenditori. Introduce perciò il
principio di vendita dei beni collettivi in nome di un uso pubblico in senso
lato (prima si potevano alienare soltanto in casi straordinari e in permuta,
lasciando così intatto il patrimonio). Impone poi alle Asuc una
burocratizzazione asfissiante, costi maggiori e un assillante sistema di
controlli e autorizzazioni da parte di provincia e comuni. Cosa che indurrà
gli amministratori, tutti volontari, ad abbandonare progressivamente le Asuc.

La polemica divampa da mesi. Contro la legge si è schierato l’associazionismo,
anche cattolico (curia in testa) e il centrodestra. Nicoletta Aloisi,
presidente dell’associazione che riunisce le 98 Asuc, ha fatto ricorso al Tar
per far dichiarare incostituzionale la legge. A giorni si attende la
sentenza. «Con la legge si aprono le porte alla speculazione», dicono Aloisi
e l’avvocato Mauro Job, che ha redatto i ricorsi. «E che gli interessi di
altri stiano alla base di questa legge lo testimonia l’articolo con cui la
provincia impone i prezzi massimi d’affitto dei terreni per le piste da sci:
inferiori a quelli di mercato».

STEFANO ISCHIA, Il Manifesto