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Mario Capanna: "La sinistra colmi la crisi di ideali"

Publie le sabato 13 novembre 2004 par Open-Publishing

Dazibao Movimenti


Una lunga intervista in esclusiva (Aprile on line, NdR) a Mario Capanna, che ci parla della sinistra
italiana, di Ogm e Arfat. E ancora: la soluzione alle controversie internazionali,
un Parlamento Mondiale dove tutti gli abitanti della Terra vengano egualmente
rappresentati.

di Lorenzo Anania

La giornata non è delle migliori per gustarsi il panorama: pioggia e freddo sono
le cornici dell’incantato paesaggio Alto Tiberino che si gusta dalla collina
dove Mario Capanna ha trovato il suo rifugio. Tutta la sua storia politica permette
di affrontare i temi di più stretta attualità - la guerra preventiva, gli Ogm,
la questione palestinese, la politica interna... - sapendo di avere come interlocutore
un protagonista politico che mai si è risparmiato sull’impegno etico che la sua
professione gli imponeva.

Merito anche dei suoi studi classici e filosofici, del suo amore per lo studio, lo stesso che lo portò quando fu contestato da un collega a Strasburgo, non ad inveire contro una discriminazione subita, bensì a dare replica in latino nella sede del Parlamento Europeo!
Profeta dell’anti-verticalismo partitico, tanto da essere messo in minoranza in Democrazia Proletaria quando la volle far confluire in un grande Polo Progressista in un epoca in cui gli scricchiolii della sinistra si avvertivano appena - era il 1987. Gli chiediamo subito un’opinione su ciò che sta accadendo in Italia.

Nella sinistra c’è un dibattito aperto sulla sua riorganizzazione. Alcune forze parlano di Federazione, altre di contenitori politici. Come leggi queste intenzioni?

Non ho niente contro i contenitori, ma sono interessato esclusivamente ai contenuti. Attualmente, l’annaspare delle forze di sinistra è tale da non mostrare un vero progetto alternativo all’attuale governo. Si rischia solo ‘di cambiare di spalla al fucile’ per dirla come Gramsci. Ci sono dei problemi radicalmente nuovi che le forze progressiste devono affrontare unite. Nella società c’è un grande fermento, dal volontariato alle associazioni di categoria, ai sindacati; esso è dovuto ad una ansia sociale rilevante. Ma la sinistra non si sta aggiornando verso i veri problemi sociali. Da progressista sono preoccupato: l’opposizione di sinistra sta mancando al suo ruolo storico di forza motrice progressista. Non riesce a concentrare la sua agenda politica sulle questioni vitali.

Quali sono le tematiche di cui una forza progressista dovrebbe discutere?

Sono due i temi che, trasversalmente, interessano tutti gli abitanti della terra. Primo è necessario contrapporre la democrazia preventiva alla guerra preventiva, soprattutto in un momento storico come questo dove la riorganizzazione delle forze dominanti è tale da farci trovare davanti ad un impero che mai è stato così potente e prepotente. In particolare, manca un vero dibattito su cosa accadrà quando cadrà il ‘muro di Pechino’, ovvero quando esploderà la contraddizione, destinata inevitabilmente a maturare, fra sviluppo impetuoso delle forze produttive e la strozzatura del partito unico in Cina. Già da tempo la Cina è circondata da basi militari statunitensi dislocate in Giappone, Filippine, Corea del Sud, ora Afganistan e Iraq, senza contare tutte le basi nelle Repubbliche ex-sovietiche. Mentre non risultano esserci basi militari cinesi in Canada, Messico o Cuba. Tra Usa, Unione Europea e Cina è in corso già una guerra commerciale che ha il merito di far mantenere ai cinesi una politica estera molto prudente. Cosa succederebbe se anche la Cina applicasse a sua volta la dottrina della guerra preventiva? Il secondo grande problema è poi quello riguardante le biotecnologie.

Dimenticavo che sei presidente del Consiglio dei Diritti Genetici. Di cosa vi occupate?

Il Consiglio dei Diritti Genetici nasce nel marzo del 2002, come associazione scientifica e culturale, interdisciplinare e indipendente, attiva nella ricerca e nell’informazione sulle applicazioni e gli impatti delle biotecnologie, a tutela dei diritti basilari degli esseri viventi e dell’ecosistema, in un dialogo partecipativo e democratico fra scienza, cultura e società. È una associazione scientifica e culturale indipendente, a tutela dei diritti degli esseri viventi e dell’ambiente, di fronte alla sfida biotecnologica: svolge attività di ricerca e comunicazione interdisciplinari, per una scienza democratica e partecipativa. (www.consigliodirittigenetici.org/new/) Come presidente del Consiglio dei Diritti Genetici, sugli organismi geneticamente modificati dico prudenza! Non sappiamo niente degli effetti a lungo termine. La nostra è una prudenza largamente condivisa con i soci di Col. Diretti, Coop, Fed. Agri e della Confederazione Italiana Agricoltori. Tra il 70 e l’80% degli europei, in prima fila ci sono gli italiani, dichiarano di non volere Ogm nei loro piatti. Le persone coinvolte danno il loro impegno perché sanno che queste sono questioni vere. La sinistra non sta cogliendo le trasformazioni date dal mischiarsi di identità politiche delle persone che vivono questi problemi. La questione fondamentale è: che tipo di Mondo domani?

I giovani sono sempre stati protagonisti della tua prospettiva politica. Dove sta andando la moltitudine che non vuole la globalizzazione neoliberista?

E’ la memoria storica ad essere strategicamente importante; una generazione senza memoria è completamente in balia di se stessa. Sono venuti meno i tradizionali veicoli di comunicazione. Ad esempio, negli ultimi 20 anni nelle famiglie italiane si parla il 50% in meno! ‘Un altro mondo è possibile’ è un ottimo slogan, ma quali assetti del mondo sono possibili? La mia proposta è quella di un Parlamento Mondiale, un organismo che l’umanità non ha mai avuto, un’assemblea dove i problemi di tutti vengano decisi da tutti, una persona un voto. È fondamentale spingere in avanti questo disegno. Un primo passo potrebbe essere quello di mettere insieme le moltitudini new global
Che condividono questo progetto.

Mario Capanna, nel 1989 è uscita un tuo libro intervista ad Arafat. Dopo 15 anni, il tuo giudizio sul politico palestinese è sempre positivo?

Ad Arafat riconosco e sempre ho riconosciuto il merito di aver posto la questione palestinese all’ordine del giorno dell’agenda politica internazionale, anche adesso con la sua lenta morte. Quel libro fu un gran lavoro, una lunga intervista in un momento storico cruciale il 1989. La sua linea è sempre stata coerente a quella del famoso discorso al Palazzo di Vetro nel 1974. Signori delegati mondiali, io vi offro il ramoscello d’ulivo, ma badate che se no lo accettate scorrerà ancora sangue. Israele da allora ha sistematicamente violato le risoluzioni dell’Onu, come quelle della Convenzione di Ginevra. Il criterio usato dalla politica internazionale nel conflitto del Medio Oriente è sempre stato quello di due pesi e due misure. Vi siete mai chiesti perché i kamikaze palestinesi hanno tutti meno di 30? È dal 1967 che quella gente non vede altro che violenza, guerra e macerie. Arafat, come tutti, ha commesso degli errori, ma grazie alla sua volontà politica e personale - non dimentichiamo che ha dedicato tutta la sua vita alla causa del suo popolo - è espressione di una forza morale storica difficile da guadagnare per chiunque voglia succedergli.

http://www.aprileonline.info/articolo.asp?ID=2275&numero=142