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Najaf, salta la tregua: Sadr. «Via gli Usa, vogliamo l’Onu»
Publie le domenica 15 agosto 2004 par Open-Publishingdi Cinzia Zambrano
Non c’è verso, in Iraq le buone notizie hanno vita breve. Il filo della difficile trattativa messa in piedi per tentare di fermare i durissimi scontri in corso da dieci giorni a Najaf tra i miliziani del leader ribelle Moqtada Al Sadr da un lato e le truppe americane e la polizia irachena dall’altro, si è spezzato. I negoziati per arrivare ad una soluzione pacifica e riportare la calma nella città sciita, dove era in vigore un cessato il fuoco temporaneo, sono falliti. La ripresa dei combattimenti appare imminente, mentre in tutto il Paese si registrano almeno 90 morti.
«Sono profondamente rammaricato di annunciare il fallimento degli sforzi che abbiamo messo in atto per concludere la crisi in Iraq», dichiara il consigliere per la Sicurezza nazionale Muwafaq al-Rubaie in una conferenza stampa. La conseguenza del mancato accordo è la ripresa dell’offensiva irachena «per ripristinare la legge e l’ordine nella città santa», ammonisce. La risposta dei miliziani non tarda ad arrivare. Puntano il dito contro il premier Allawi, è stato lui la causa del fallimento dei negoziati, fanno sapere. Al mancato accordo ribatte anche il leader sciita al Sadr, che offre una via d’uscita: sarebbe disposto ad accettare il dispiegamento in Iraq di una forza delle Nazioni Unite. A riferirlo è il suo portavoce, subito dopo l’annuncio del fallimento dei negoziati per una tregua a Najaf. «Preferiamo le Nazioni Unite alle forze di occupazione poiché l’Iraq è membro dell’Onu -dichiara Ahmed al Shaibani. C’è una bella differenza tra i caschi blu e le truppe occupanti». Sadr, assicura Shaibani, «è pronto a incontrare il rappresentante dell’Onu (arrivato a Baghdad per partecipare alla Conferenza nazionale che si tiene oggi, ndr) se egli dovesse chiedere un colloquio».
La tensione a Najaf resta dunque altissima. La mattanza a questo punto potrebbe riprendere da un momento all’altro. Migliaia di iracheni sono arrivati alle porte di Najaf per sostenere le milizie di Al Sadr, da giorni barricate nel cimitero e nel mausoleo di Ali, disposte a lottare fino alla morte pur di non arrendersi al nemico americano. Nella città santa è anche arrivata una delegazione di capi clan di Falluja, la città del triangolo sunnita dove più forte nei mesi scorsi è stata la resistenza alla presenza americana. Non è la prima volta che sunniti e sciiti, in passato divisi da un odio atavico, si uniscono per far fronte comune contro l’occupante americano. Ieri la delegazione aveva con sè camion carichi di prodotti alimentari e medicinali. Lo scopo, secondo uno dei membri della delegazione di Falluja, è «rompere il blocco delle forze di occupazione e dare sostegno a Sadr in un momento difficile».
Dopo l’annuncio di al-Rubaie sulla fallita mediazione per la tregua, un rappresentante di Moqtada Sadr ha puntato il dito contro il premier Allawi. «Dovete sapere che avevamo trovato un accordo su tutti i punti con al-Rubaie, ma Allawi lo ha richiamato indietro, mettendo fine alla questione», ha dichiarato ad Al Jazira Ali Samseem, secondo cui «questa è una cospirazione per perpetrare un massacro a Najaf. L’obiettivo non sono soltanto gli alleati di Sadr ma chiunque sia contro l’occupazione». Prima dell’annuncio del mancato accordo il leader sciita in un’intervista su Al Jazira aveva ancora una volta chiesto le dimissioni del governo ad interim, etichettandolo «peggiore del regime di Saddam».
La pace latita non solo a Najaf, ma nell’intero Iraq. Alla vigilia della Conferenza nazionale sul futuro del Paese fronti di guerra si riaccendono un po’ ovunque, facendo in meno di 24 ore circa 90 morti: a Samarra, a nord di Baghdad, almeno 50 miliziani sciiti sono stati uccisi dai bombardamenti americani. L’aviazione ha colpito le posizioni della guerriglia con bombe da 250 chili. Vittime, almeno una quarantina, anche ad Hilla dove per tutta la notte si è combattuta una cruenta battaglia tra i miliziani sciiti da un lato e la polizia irachena, i militari americani e quelli polacchi da un lato. Combattimenti anche intorno a Ramadi, nel cosiddetto triangolo sunnita dove tre iracheni sono stati uccisi e altri tre sono rimasti feriti.
Nel caos iracheno si allunga anche l’elenco dei caduti americani: due militari sono rimasti uccisi nella provincia di Anbar. Riprendono anche i sequestri: ieri mattina un camionista siriano è stato preso in ostaggio nel nord dell’Iraq. Hassan Awad Mohammed è stato sequestrato verso le 7 di ieri mattina da uomini a volto coperto e a bordo di due automobili nei pressi della cittadina di Al-Buwair, 75 km a nordovest di Kirkuk. A sud, intanto, il principale oleodotto è stato chiuso per minacce di attentati. La linea interrotta è la più importante per l’export di greggio iracheno. Il greggio è stato dirottato su una linea parallela ma con la metà della capacità di quella principale. Le infrastrutture petrolifere sono state nel mirino anche a Baghdad, dove un attentato ha dannaggiato la raffineria di al Dawa.