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Napolitano esalta i marò, Accorinti vuole chiudere gli arsenali

par Checchino Antonini

Publie le martedì 5 novembre 2013 par Checchino Antonini - Open-Publishing

Mentre il capo dello Stato ricorda i due uccisori di pescatori indiani, il sindaco di Messina porta la bandiera della pace al Sacrario

Mentre il presidente della Repubblica si sperticava a Roma sul ritorno dei due marò che hanno ammazzato due pescatori poveri nel golfo del Kerala, nel giorno della "Festa delle Forze Armate", il sindaco di Messina, ha esposto una bandiera della pace sotto al sacrario e, nel suo discorso, ha detto che è giunta l’ora di chiudere tutti gli arsenali militari. Dicono i testimoni che le sue parole hanno fatto scendere il gelo durante la manifestazione a piazza Unione Europea. Qualcuno non avrebbe gradito ed è stato volgare come è volgare la guerra.

Il generale di Corpo d’Armata Ugo Zottin, Comandante Interregionale Carabinieri "Culqualber", presente alla cerimonia di questa mattina ha abbandonato le celebrazioni con anticipo perchè offeso dal gesto del sindaco e dalle parole pronunciate. Era assente il prefetto, Stefano Trotta.

Qualcuno potrebbe spiegare al generale che l’Italia ripudia la guerra ed è scritto in quel libricino sul quale poggiò la mano libera dalla sciabola, molti anni fa, giurando fedeltà alla Costituzione (che poi è anche il titolo del libretto).

Accorinti quel libro l’ha letto.

Più o meno alla stessa ora, a Roma, il Capo dello Stato giurava, riferito ai marò: «Non cessiamo di operare tenacemente per riportarli a casa». Lo ha detto Giorgio Napolitano, riferendosi "ai nostri marò, la cui odissea ancora continua lontano dall’Italia». E subito dopo ha avvertito le anime belle: «Non possiamo indulgere a semplicismi e propagandismi che circolano in materia di spesa militare e di dotazioni indispensabili per le nostre forze armate».

Scriviamo ciò in memoria di tutti i caduti militari e civili di guerre che non avevano voluto e di cui avrebbero fatto volentieri a meno, di tutti i militi ignoti uccisi di nuovo ogni volta che in nome loro è stato fatto sfoggio di retorica da parte di chi li mandò al macello e di chi è pronto a rifarlo e per il quale la guerra e la sua morte è un affare come un altro.

"Io lo so chi ti spinse a partire e non fu desiderio di gloria, io lo so non volevi morire, nè lasciare un ricordo alla storia, io lo so chi ti venne a cercare, fin sui campi, fin dentro a un cortile, io lo so non ci fu da parlare, con chi aveva in mano un fucile.

Io lo chi ti guardò partire, sorseggiando un bicchiere di vino, fu lo stesso che poi venne a dire, che eri felice come un bambino. Ma io lo so che non era affar tuo, che non era la tua quella guerra e del resto cos’è che era tuo, certo neanche quel pezzo di terra" (Claudio Lolli, 1975)

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