Home > Né guerre né terrorismi
Nel cuore popolare di Madrid, ieri, erano allestiti due enormi ospedali da campo. Accoglievano le vittime del più spaventoso attentato terroristico, su suolo europeo, dalla fine della Seconda guerra mondiale. Migliaia di testimoni hanno udito i boati che si rincorrevano lungo i binari, occupati in quel momento per lo più da lavoratori e studenti che si stavano recando nel centro cittadino. Le immagini strazianti degli uomini e delle donne dilaniati dalle undici cariche esplosive, messe per uccidere e per terrorizzare il maggior numero di persone possibile, sono subito rimbalzate sui media di tutto il mondo.
Il primo pensiero non può che andare alle vittime, alle loro famiglie, all’intera comunità madrilena e spagnola. Il terrorismo si riaffaccia in Europa, in particolare in un paese segnato da una decennale stagione d’attentati per opera dell’Eta, parlando oramai il linguaggio comune del massacro dei civili, del gesto a massimo impatto d’orrore. Quelle vittime sono state uccise da un’orrenda, ma lucida, strategia criminale: uccidere innocenti per creare il caos.
A tre giorni da un voto decisivo per il futuro del paese iberico, le bombe esplose ad Atocha sono cariche di significati politici che certamente influenzeranno l’intero paese. Il dato emotivo sarà certamente presente nelle elezioni e, come osservano quasi unanimemente i commentatori politici spagnoli, il Partito popolare di Aznar conseguirà un successo oltre le previsioni, avendo concentrato tutta la campagna elettorale contro il terrorismo separatista. Eppure la risposta che in queste ore sta dando il popolo spagnolo, le centinaia di cortei spontanei contro il terrorismo e l’unanime condanna del massacro stanno a significare che le prossime elezioni, precedute da tre giorni di lutto nazionale, saranno espressione di una comunità ferita ma non rassegnata.
Il riflesso immediato potrà essere una recrudescenza del governo centrale contro le espressioni democratiche del nazionalismo iberico, com’è già accaduto nel caso del governo catalano. Nel momento in cui scriviamo non conosciamo con certezza il nome dei responsabili, anche se il coro delle forze politiche spagnole è tutto concentrato sulle responsabilità dell’Eta. Ciò potrebbe essere avallato dalle recenti intercettazioni di commando dell’organizzazione terroristica e dalle segnalazioni di Europol. E poi pesa su Eta la responsabilità storica di aver condotto in questi anni una lotta criminale, basata sul ricorso sistematico al terrorismo nel totale disprezzo della vita e delle elementari regole del confronto democratico. Pesa su Eta la messa in scacco della questione basca e ci pare improvvida la difesa d’ufficio dei rappresentanti della disciolta Batasuna, che escludono responsabilità dirette dell’organizzazione terroristica, pur condannando l’attentato.
La corsa alle attribuzioni sta prendendo il tempo e lo spazio che bisognerebbe riservare al dolore collettivo. Eppure le modalità esorbitanti dell’attentato parlano la stessa lingua di altre tragedie: New York, Bali, Istanbul. Insomma parlano il linguaggio del terrore globale di Al Qaeda. Pur non azzardando macabre attribuzioni, è innegabile che a Madrid si sia prodotto il salto di qualità già visto alle Twin Towers.
La spirale della guerra globale e del terrorismo attrae dentro di sé parti crescenti di violenza planetaria. Oggi è più difficile leggere le logiche criminali del terrorismo se non si ricorre ad una lettura di contesto più generale. Il terrorismo si autoalimenta di una strategia che propone la guerra civile planetaria, la replica dell’orrore, la distruzione d’ogni elementare progetto di cambiamento. L’ipotesi terrorista è quella di imporre la violenza come unico terreno su cui misurare i rapporti di forza nel mondo. I governi di guerra potrebbero proporre ulteriori restringimenti delle garanzie, ulteriori strappi nello stato di diritto, ulteriore benzina propagandista per accendere nuovi fuochi di conflitto.
Le centrali del terrore globale esistono e i terroristi sono assolutamente consci del danno che fanno alle forze democratiche tutte ed in particolare a chi vuole contrapporre alla barbarie della guerra la pace. Bisogna combattere il terrorismo come la guerra. Ai terroristi di qualsivoglia "resistenza" non possiamo e non vogliamo creare alibi e sconti. Del resto a costoro non importa quali saranno le conseguenze, anzi sono complici della guerra globale.
Tra meno di dieci giorni, il 20 marzo, le piazze del mondo si riempiranno di nuovo di donne e uomini che si oppongono agli orrori della guerra. Ma noi ci sentiamo già nelle piazze di Spagna che si stanno riempiendo di no al terrorismo. Stanno combattendo una guerra civile globale che ammazza e terrorizza, e le centrali si tengono vigliaccamente a distanza.
Non vogliamo né guerre né terrorismi.
Messaggi
1. > Né guerre né terrorismi, 16 marzo 2004, 10:03
Vladimiro scrive:
Pesa su Eta la messa in scacco della questione basca e ci pare improvvida la difesa d’ufficio dei rappresentanti della disciolta Batasuna, che escludono responsabilità dirette dell’organizzazione terroristica, pur condannando l’attentato.
..... sono bastati pochi giorni e tutto il ragionamento è finito nella pattumiera!!!!!
(e non certo nella pattumiera della storia, che sarebbe già qualcosa!)
Insomma un altro pollastro che ha abboccato all’esca delle bugie di Aznar