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di Giorgio Trucchi
1. Parmalat
Secondo il dirigente sindacale Marcial Cabrera della Federazione dei Lavoratori del Settore Alimentare, da quando l’impresa Parmalat Nicaragua é tornata sotto il controllo del Gruppo Parmalat con la nomina a Commissario Straordinario del sig. Vincenzo Borgogna, sono stati più di 60 i licenziamenti, molti dei quali di persone che si erano affiliate al nuovo "sindicato" (rappresentanza sindacale). I licenziamenti hanno colpito quasi tutti i settori dell’impresa e in modo particolare quello di Manutenzione Industriale (meccanici ed aiutanti) e di guidatori dei camion che trasportano il latte.
Questo dato conferemerebbe la tendenza a livello mondiale del Gruppo Parmalat di ridurre drasticamente il numero del personale assunto, chiudendo anche molte fabbriche soprattutto nel continente americano.
Intanto continua senza risposta la richiesta di formare una rappresentanza sindacale all’interno della Parmalat Nicaragua. Dopo i licenziamenti del Segretario Generale e del Segretario di Organizzazione lo scorso 6 e 7 settembre, la Federazione Sindacale dei Lavoratori del settore Alimentare ha presentato al Ministero del Lavoro la richiesta di riconoscimento della personalità giuridica della rappresentanza sindacale e una denuncia per comportamento antisindacale dell’impresa.
Il Ministero del Lavoro ha per ora rifiutato la concessione della personalità giuridica adducendo che a capo della rappresentanza sindacale figurano due persone già licenziate, senza tener conto che al momento della costituzione, il 4 settembre, le due persone erano ancora lavoratori a tutti gli effetti.
Le lettere che erano state inviate dal sindacato al sig. Borgogna e all’Ambasciata Italiana a Managua hanno visto solo la risposta di quest’ultima che ha comunicato che i problemi interni di un’azienda, anche se italiana, non possono riguardare le normali attività dell’ambasciata e quindi non hanno accettato la proposta fatta dal sindacato affinché intervenisse sulla grave violazione ai diritti sindacali avvenuta all’interno della Parmalat - Nicaragua.
2. Bananeros
Nelle scorse settimane la lotta dei bananeros colpiti dal pesticida Nemagòn ha compiuto un nuovo passo avanti.
Si é finalmente creata un’unione tra gli avvocati nordamericani che rappresentano i vari gruppi di bananeros presenti in Nicaragua. Questa nuova unione permetterà di affrontare tutti insieme la convocazione presso il Tribunale Statale della California per le tre denunce presentate presso questo tribunale durante il 2004.
La convocazione delle parti é prevista per la metà di novembre 2004 e in quella sede gli avvocati delle compagnie multinazionali, quelli dei bananeros e gli ex lavoratori e lavoratrici stessi dovranno trovare un consenso per decidere se procedere nel processo contro le multinazionali o stabilire le regole per l’inizio di una negoziazione che porti finalmente alla soluzione di questa lunga e tragica storia.
Intanto gli avvocati di entrambe le parti si sono gia più volte riuniti per parlare e per confrontare le varie prove che attestano i danni provocati dall’uso del Nemagòn in Nicaragua. Per la metà di ottobre é prevista una riunione tra gli avvocati dei bananeros per gli ultimi accordi sulla strategia da adottare negli Stati Uniti e per le prossime settimane é attesa in Nicaragua una commissione delle multinazionali per visionare la situazione delle persone ammalate.
Questa prima fase potrebbe quindi portare ad una decisione di non continuare con i processi aperti negli Stati Uniti, ma di aprire una seconda fase di studio dei passi da fare per arrivare alla negoziazione. Quest’ultima sarebbe poi la terza ed ultima fase.
All’eventuale processo di negoziazione parteciperebbero anche il governo e due membri della Commissione Parlamentare Economica e del Lavoro.
Intanto é stata confermata la notizia che nel mese di giugno scorso la Corte della California ha respinto la denuncia presentata dalla multinazionali contro le migliaia di lavoratori e lavoratrici in base alla Legge Rico. Tale denuncia resta invece aperta contro gli avvocati che effettivamente avevano commesso le irregolarità durante la presentazione delle vecchie denunce negli Stati Uniti.
I bananeros intanto non restano con le mani in mano. E’ ormai pronto il piano di lotta per ottenere delle risposte alle petizioni che non erano riusciti a far includere negli Accordi del Raizòn.
E’ già stata presentata la richiesta formale alla Asamblea Nacional per far includere i 100 milioni di cordobas nel prossimo Bilancio Generale della Repubblica con cui coprire la mancanza di medicine per le persone malate, per far avviare il famoso Censimento mai partito per mancanza di fondi e per far elaborare un vero e proprio diagnostico sulla situazione sanitaria di ogni singola persona ammalata a causa del Nemagòn.
Inoltre si sta preparando nei dettagli la richiesta di una pensione vitalizia per le persone ammalate.
3. Lotte sociali
Il 12 ottobre, in occasione dell’ennesimo anniversario della Conquista delle Americhe, si terrà una manifestazione che si prevede molto partecipata per dire NO al Trattato di Libero commercio USA-Centroamerica (CAFTA) e alla Privatizzazione dell’acqua in Nicaragua.
Convoca il Movimiento Social Nicaraguense (MSN).
In questi giorni, tra l’altro, il Presidente della Repubblica ha ufficialmente firmato il CAFTA e l’ha passato alla Asamblea Nacional per la sua ratificazione definitiva. I deputati non potranno apportare modifiche ma solo approvare o respingere il trattato.
Il Nicaragua sarebbe il primo paese a ratificare il CAFTA, ancora prima degli stessi Stati Uniti che attendono l’esito delle elezioni presidenziali.
Il 15 ottobre grande manifestazione dei settori Sanità ed Educazione per l’aumento del loro budget per il 2005.
4. Condanna
Il giorno 7 ottobre 2004 la Contraloria General de la Republica (CGR) ha emesso una sentenza di condanna nei confronti del Presidente della Repubblica Enrique Bolaños, che domani partirà per la Libia per chiedere la cancellazione di un debito che il Nicaragua ha con questo paese di oltre 200 milioni di dollari, per essersi rifiutato di presentare le informazioni richieste circa il denaro ricevuto per la sua campagna elettorale del 2001 e che, secondo le informazioni ricevute dalla CGR, farebbero parte dei soldi sottratti allo Stato e versati sul conto intestato alla Fondazione Democratica Nicaraguense a Panama e di cui Arnoldo Alemàn era il beneficiario.
La sentenza prevede una condanna amministrativa con la sospensione di due mesi di salario. Dopo tale sentenza, se il presidente continuerà a non voler presentare le informazioni, si potrebbe arrivare ad un’altra sentenza, questa volta più grave.
COMUNICATO URGENTE
Repressione sindacale alla Parmalat Nicaragua e Campagna di Solidarieta’.
L’Associazione Italia-Nicaragua, promuove una campagna di solidarietà a sostegno della lotta dei lavoratori e dei delegati licenziati della Parmalat - Nicaragua.
Ti chiediamo ancora una volta un tuo appoggio.
Invia un’email dal sito www.itanica.org
Diffondi e fai inviare un’email di pressione diretta ai dirigenti Parmalat del Nicaragua Vincenzo Borgogna, in Italia Enrico Bondi; per conoscenza al Ministero del Lavoro nicaraguense.
Repressione sindacale alla Parmalat Nicaragua e campagna di solidarieta’
Il caso Parmalat è di nuovo alla ribalta e non solo in Italia dove siamo in piena fase processuale. Anche in Nicaragua la querelle legata all’impresa italiana, comincia nel dicembre passato quando, Aldo Camorani, il dirigente dell’epoca, su richiesta di Tanzi chiese alle banche nicaraguensi un prestito di 6 milioni di dollari che invece che essere investito nella filiale locale, viene inviato in Italia. La Parmalat che nel 1999 aveva assorbito l’impresa nazionale La Perfecta ed ha quindi acquisito in Nicaragua una sorta di monopolio rispetto la distribuzione del latte (raccoglie circa l’80% della produzione), risponde a questa fase di crisi col licenziamento di 300 lavoratori su 900 presenti.
I lavoratori della Parmalat, nonostante sia la legge italiana che quella nicaraguense prevedano la libertà di costituire un sindacato interno, non sono mai riusciti a fondarlo. Il primo tentativo nel 1999 viene stroncato da Camorani e provoca il licenziamento di circa 40 lavoratori che avevano cercato di costituire un sindacato interno e paura negli altri.
Dopo una fase di commissariamento dovuto al debito conteso dal gruppo finanziario Lafise e l’ex banchiere Haroldo Montealegre, ai primi di settembre il Commissario Enrico Bondi riesce ad imporre la nomina di Vincenzo Borgogna come nuovo dirigente Parmalat Nicaragua.
Di fronte ad una situazione di forte instabilità dell’impresa e a voci che vedono una possibile acquisizione da parte di Nestlè (altra multinazionale che più volte ha dimostrato il suo comportamento antisindacale), dopo la nomina di Borgogna, circa ottanta lavoratori si riuniscono clandestinamente in assemblea il 4 settembre ed eleggono i propri rappresentanti sindacali.
Il 7 settembre la responsabile delle Risorse Umane Parmalat licenzia in tronco il Segretario generale Luis Mejia Gòmez, il Segretario di Organizzazione Carlos Sanarrucia e uno dei firmatari della nuova organizzazione sindacale, Horacio Ramòn Payàn. Borgogna approva il licenziamento giustificandolo col fatto che in un momento di crisi non ci si può organizzare sindacalmente.
Subito dopo i licenziamenti, il sindacato nicaraguense dell’alimentazione appoggiato dalla Uita, Union Internacional de Trabajadores de la Alimentaciòn, ha immediatamente presentato i documenti al Ministero del Lavoro per il riconoscimento del consiglio di fabbrica anche se la legge lo tutelava già dal momento in cui l’assemblea aveva votato la sua formazione.
A livello internazionale la UITA (Unione Internazionale delle Associazioni di lavoratori nei settori alimentazione, agricoltura, alberghi, ristoranti, catering, tabacco ed affini), ha lanciato una campagna di pressione sulla Parmalat. (www.rel-uita.org.)
La Uita, nella figura del suo rappresentante in Nicaragua, Marcial Cabrera, ha chiesto che anche in Italia si formi un movimento di protesta affinché si rispettino i diritti sindacali in Nicaragua e chiede una presa di posizione da parte del sindacato italiano, in particolare del settore alimentare.
L’Associazione Italia Nicaragua, interpellata direttamente da Cabrera, ha lanciato una campagna di pressione sulla Parmalat affinché i lavoratori licenziati vengano riassunti e perché venga consentita la formazione del sindacato interno.
Aderiamo in molti mandando una email dal sito www.itanica.org
Questo il testo che troverete e che basterà cliccare per inviare:
Noi cittadini e lavoratori italiani chiediamo che la Parmalat, un’impresa italiana, rispetti anche nella sua filiale nicaraguense i diritti di libertà sindacale contemplati dalla Costituzione italiana e da quella nicaraguense.
Per questo aderiamo alla campagna internazionale promossa dalla UITA (Unione Internazionale delle Associazioni di lavoratori nei settori alimentazione, agricoltura, alberghi, ristoranti, catering, tabacco ed affini).
Chiediamo la riassunzione di Luis Manuel Mejia Gomez, Carlos Sanarrucia e Horacio Ramon Payan e il rispetto del diritto di formare un consiglio di fabbrica interno all’impresa.
Parmalat Nicaragua
OSSESSIVAMENTE ANTISINDACALE
Intervista con Manuel Sanarrusia – Segretario di Organizzazione del Sindacato Parmalat
Ha 51 anni, sposato e con otto figli. Sono 19 anni e mezzo che lavora nel settore latteo, da quando l’impresa si chiamava La Perfecta ed era di proprietà della famiglia Llanes.
Lo scorso 7 settembre è stato licenziato. La causa? Essere il segretario di organizzazione del Sindacato dei Lavoratori della Parmalat.
Sono entrato a lavorare nell’impresa durante il governo sandinista nel 1985 e mi sono affiliato al sindacato, poi è arrivata la Parmalat nel 1997. In quel tempo il sindacato attraversava un momento difficile. Con l’amministrazione italiana abbiamo cercato di riorganizzare il consiglio di fabbrica e il risultato fu di vari lavoratori licenziati. Lo stesso accadde quando ci provammo una seconda volta. Questa seconda volta, oltre ai licenziamenti, cominciò una caccia alle streghe contro i sindacalisti e con il pretesto della inestabilità economica realizzarono una "ristrutturazione" con il licenziamento di circa 200 lavoratori. "Sembra che per la Parmalat la parola sindacato sia una brutta parola" commenta molto sicuro Sanarrusia.
Com’era la situazione prima che arrivasse la Parmalat?
Nonostante i cambiamenti politici dopo il 1990 avessero avuto ripercussioni in fabbrica, come lavoratori avevamo una serie di benefici come prestiti personali, aiuti in caso di malattia o di decesso di famigliari, beni alimentari primari, delle bevande durante le pause e la mensa. Tutto questo venne eliminato e tutti quelli che provarono a formare una rappresentanza sindacale vennero licenziati.
Nonostante questo lo scorso 4 settembre siete riusciti a formare questa rappresentanza sindacale.
Sì, ma la risposta dell’impresa è stata la stessa: ha licenziato circa 30 compagni che avevano deciso di fare parte della struttura sindacale. Inoltre stanno entrando in un processo per passare a terzi l’officina di meccanica automotrice, tornio, saldatura e manutenzione dell’edificio. Ad alcuni hanno proposto di tornare a lavorare, ma come precari e quindi senza un rapporto diretto con la Parmalat. Hanno già fatto lo stesso con gli ausiliari delle vendite che hanno licenziato e ora opera un’impresa con un altro nome.
Che cosa avete pensato quando l’impresa è passata alla Parmalat?
Essendo una multinazionale, un "mostro" come diciamo in Nicaragua, con filiali in tutto il mondo, ci aspettavamo dei milgioramenti. E invece è stato il contrario ed abbiamo perso tutto quanto avevamo ottenuto con le rivendicazioni. Dopo tre anni hanno costruito una mensa, ma solo il locale ed ogni lavoratore deve portarsi il mangiare da casa. Prima ci davano qualcosa da bere due volte al giorno, alle dieci e alle tre del pomeriggio. Tutto questo è svanito con l’arrivo degli italiani.
Quando ti hanno comunicato che eri stato licenziato?
E’ stato il 7 settembre alle dieci di mattina. Il caporeparto mi ha detto che dovevo presentarmi nell’Ufficio del Personale. Una volta lì mi hanno notificato la cancellazione del contratto di lavoro con una lettera della Responsabile del Personale, Norma Medina Urbina. Mi hanno anche detto che dovevo consegnare tutta l’attrezzatura, l’uniforme e la tessera d’identificazione. E’ stato a quuesto punto che mi hanno chiesto se sapevo già perché venivo licenziato ed io ho risposto che non lo sapevo.
Chi ti ha fatto questa domanda?
La Dott.ssa Marta Guzmàn.
La lettera di licenziamento non l’ahi fiormata in questo momento…
E’ vero, l’ho fatto più tardi e dopo che i compagni della Federazione dell’Alimentazione mi avevano consigliato di aspettare. E’ a questo punto che la Dott.ssa Guzmàn mi ha detto che non mi avrebbero licenziato, ma che poi mi avevano visto parlare con l’altro lavoratore già licenziato il giorno prima (Luis Manuel Mejìa – Segretario generale del Sindicato).
E’ andata proprio così?
Sì. Dopo essere stato licenziato, Luis Manuel è venuto al reparto di manutenzione industriale dove lavoravo. Mentre stavamo parlando sono passati il sig. Vincenzo Borgogna, direttore generale dell’impresa e la Dott.ssa Norma Medina e ci hanno visti.
Tu hai firmato la lettera di licenziamento, ma non hai ricevuto niente per le prestazioni?
E’ proprio così ed è anche per questo che è stata commessa un’ingiustizia e devo lottare per essere reintegrato al posto di lavoro.
Che cosa hai provato quando hai consegnato i tuoi attrezzi e le altre cose prima di abbandonare la fabbrica?
Dopo quasi 20 anni la fabbrica era uno spazio importante nella mia vita e ancora di più quando il lavoro ti piace. Me ne sono andato però con la soddisfazione di aver formato finalmente una struttura sindacale, perché in un’impresa senza un’organizzazione sindacale e ancora di più se è una multinazionale, i lavoratori avranno sempre da perdere.
Gerardo Iglesias
Bolaños al contrattacco
Il Presidente della Repubblica, Enrique Bolaños, é rientrato nel paese dopo un viaggio in Libia per chiedere la cancellazione di un debito di circa 250 milioni di dollari.
Dall’aeroporto si é immediatamente trasferito alla Casa Presidencial per riunirsi con il suo staff e studiare le prossime mosse per affrontare quella che probabilmente é la crisi più difficile da quando é presidente.
Dalla sua parte si sono schierati tutti i Ministri degli Esteri dei paesi che formano il Sistema di Integrazione Centroamericana (SICA), i quali hanno emesso un comunicato in cui riconoscono il suo grande lavoro contro la corruzione e considerano il tentativo di destituzione in atto come "un attacco all’istituzionalità democratica, allo Stato di Diritto ed alla democrazia in Nicaragua". Nelle prossime ore é prevista una riunione tra Bolaños e gli ambasciatori dei paesi latinoamericani mentre, nei giorni scorsi, si era riunito con quelli dei paesi nordici europei. Si vocifera anche di una prossima ed urgente riunione con i presidenti centroamericani.
Anche gli Stati Uniti, tramite il sottosegretario di Stato, Dan Fisk, hanno fatto sapere che "appoggiamo il presidente Bolaños in quanto é un buon amico degli Stati Uniti ed applaudiamo i suoi sforzi per far condannare i politici corrotti". Ha inoltre aggiunto che "Bolaños é stato eletto democraticamente ed ha lottato contro la corruzione per un governo etico e trasparente e gli Stati Uniti continueranno a lavorare con lui per portare la prosperità ai nicaraguensi".
E’ quindi sempre più evidente che Bolaños, rimasto solo nel paese anche per una continua serie di errori nella gestione dei rapporti con gli altri partiti e con la Asamblea Nacional, sta giocando tutte le sue carte sull’appoggio che gli potrà venire dall’estero.
Intanto in Parlamento continua la discussione per decidere come verrà composta la Commissione Speciale che dovrà studiare la risoluzione della Contraloria General de la Republica, con la quale ha chiesto la destituzione di Bolaños per essersi rifiutato di spiegare la provenienza di varie centinaia di migliaia di dollari ricevuti come finanziamento per la campagna elettorale del 2001.
La Commissione avrà il compito di decidere se ci sono i presupposti per passare alla votazione in aula per togliere l’immunità parlamentare al presidente.
I tre Segretari della Direttiva della Asamblea Nacional, legati al gruppo parlamentare filo governativo "Azul y Blanco", sono per il momento riusciti a mantenere la maggioranza alleandosi con la Terza Vicepresidenza in mano alla deputata di Camino Cristiano, Delia Arellano. In questo modo sommerebbero 4 voti su 7.
I due partiti maggioritari, FSLN e PLC, che insieme sommano circa il 90% dei deputati, stanno invece insistendo affinché la Commissione sia formata in base alla rappresentanza dei partiti in parlamento.
Intanto FSLN e PLC sembrano continuare nella loro alleanza congiunturale e antigovernativa.
Non é la prima volta che ciò si verifica e quello che lascia perplessi é la strategia che si sta sviluppando a ridosso delle elezioni municipali previste per il 7 novembre. Tale situazione ha tra l’altro permesso la veloce approvazione della tanto discussa Legge di Carriera Giudiziale, stravolgendo la proposta presentata a suo tempo dal Governo. Nei prossimi giorni, inoltre, il governo dovrà presentare il nuovo Blancio Generale della Repubblica per il 2005 e la situazione creatasi lascia prevedere nuovi e ancora più intensi problemi per il governo.
A rincarare la dose, il Segretario nazionale del Frente Sandinista, Daniel Ortega, ha emesso dichiarazioni molto pesanti, poi pubblicate in un inserto a pagamento sui giornali, contro Bolaños e gli Stati Uniti.
Nei suoi passi più significativi Ortega ha detto di "sentirsi pieno di vergogna ed indignato come nicaraguense nel vedere un presidente che ha promesso mari e monti ed oggi pretende convertire il paese in una sua proprietà e sottomettersi agli interessi imperialisti degli yankee". Ha inoltre detto che "in Nicaragua non esiste un governo sovrano e indipendente, ma un governo marionetta che vuole trasformare il Nicaragua in uno stato schiavo degli Stati Uniti. Questo presidente affronta una grave accusa di frode, corruzione e malversamento di fondi pubblici e non vuole rispondere su questo tema. Il signor Bolaños, come buon servo, come buon impiegato dell’impero sta creando uno scenario teatrale per gli yankee....e manipola la realtà delle cose. E’ un bugiardo, manipolatore ed ha ingannato, si é preso gioco del popolo nicaraguense".
Ha poi conculso sfidando Bolaños a spogliarsi della sua immunità e dimostrare che non é corrotto, che non ha rubato nulla e che é trasparente e retto come dice".
Erano molti anni che il FSLN non prendeva posizioni così forti contro gli Stati Uniti e contro un governo e il suo presidente.
Lotte e UnitÀ
Circa 15 mila persone (davvero tante per il Nicaragua post 1990) hanno marciato dalla sede del Ministero del Lavoro fino a quella del Ministero del Tesoro e alla Asamblea Nacional. La Federazione dei Lavoratori della Sanità (FETSALUD), la Associazione degli Educatori Nicaraguensi (ANDEN) e il Movimiento Comunal sono stati i principali promotori.
Maestri, dottori, infermieri, ausiliari, studenti di secundaria e lavoratori di altri settori si sono ritrovati insieme ed hanno chiesto che questo governo la smetta di dare soldi ai banchieri, che rinegozi il pagamento del Debito Interno e trasferisca questi soldi per l’educazione e la sanità.
In questi giorni il Nicaragua sembra risvegliarsi dopo anni di torpore e finalmente i due settori che maggiormente hanno sofferto le politiche neoliberali degli anni ’90, si sono uniti per lottare insieme per obiettivi che sono gli stessi. Migliore educazione, migliore sanità, medicine negli ospedali e Centri di Salute e aumento ai miseri salari che ormai non coprono nemmeno la metà del Paniere.
Il minimo per sopravvivere é ormai calcolato in circa 200 dollari. Questi settori non arrivano ai 100 dollari al mese. Una vergogna, in confronto anche agli standard centroamericnai e ai maxi stipendi che si ricettano ministri, magistrati e deputati.
Erano tanti, arrabbiati, decisi e venivano da tutto il Nicaragua, nonostante le pressioni esercitate dal Ministro dell’educazione, Silvio De Franco e da molti direttori degli istituti pubblici per evitare che maestri e studenti partecipassero alla marcia. Nell’Istituto Ramiro Goyena di Managua sembra che siano tre i maestri licenziati per avere partecipato alla manifestazione.
Stessa situazione si é verificata negli ospedali e centri di salute dove i direttori hanno minacciato di licenziamenti o di soppressione del pagamento della giornata lavorativa..
La manifestazione cade in un momento molto delicato per questo governo. La richiesta di destituzione del Presidente Bolaños promossa dalla Contraloria per reati elettorali (non ha mai voluto dare spiegazioni sui fondi ricevuti durante la sua campagna elettorale del 2001) ed appoggiata dalla maggioranza dei deputati, lo porta ora sull’orolo di una crisi senza precedenti. Questo nuovo e inaspettato rinvigorimento delle lotte sociali e soprattutto, questa unione tra i settori in lotta per i propri diritti, potrebbe anche essere il colpo di grazia e sembra che i lavoratori vogliano "battere il ferro finché é caldo".
All’interno del prossimo Bilancio Generale della Repubblica il governo ha praticamente destinato le stesse quantità per Educazione e Sanità ed ha promesso un aumento di circa il 20% per gli stipendi.
FETSALUD e ANDEN chiedono un aumento sostanziale che arrivi almeno a coprire il 100% del Paniere. Per il settore sanitario si richiedono anche 300 milioni di cordobas (circa 18 milioni di dollari) per l’acquisto di medicine per ospedali e Centri di Salute che ne sono sprovvisti in modo ormai cronico.
Alla fine della marcia i lavoratori si sono ammassati sotto un palco improvvisato su cui hanno preso la parola i dirigenti di FETSALUD (Gustavo Porras) e ANDEN (José Zepeda).
I due sindacalisti hanno avvisato il governo che l’intenzione dei lavoratori e lavoratrici é di andare fino in fondo in modo pacifico, ma deciso. Se questo non basterà e le loro rivendicazioni non verranno accettate, sono ormai pronti per lanciare uno sciopero generale congiunto e nel caso dei maestri a non cominciare il nuovo anno scolastico previsto per febbraio 2005.
Hanno proposto ai deputati (era presente il deputato sandinista Edwin Castro che ha promesso l’appoggio incondizionato dei 38 voti del FSLN in parlamento per le modifiche al Bilancio della Repubblica) di modificare le voci di Bilancio presentate dal governo per i loro settori ed al governo di smetterla di convogliare la maggior parte dei soldi che arrivano dai prestiti internazionali e dai condoni sul debito estero, per il pagamento de debito interno contratto nel passato con i banchieri del paese.
Durante la giornata una commissione dei lavoratori si é riunita con i deputati e le loro proposte verranno presentata alla Commissione Economica del parlamento che dovrà poi presentarle al momento della votazione in aula.
Questa manifestazione segue di pochi giorni quella contro la privatizzazione dell’acqua e contro l’approvazione del Trattato di libero commercio tra Stati Uniti e Centroamerica (CAFTA) e si aggiunge alla mobilitazione del settore trasporti che sta protestando per il rincaro del petrolio.
Anche l’ormai famosa lotta per il 6% costituzionale per le università sembra non essere terminata, nonostante gli accordi firmati solo pochi mesi fa tra il Comité Nacional de Universidades (CNU) e il governo.
Proprio in questi giorni il CNU si é accorto che nei quasi 950 milioni di cordobas (59 milioni di dollari) destinati dal governo nel nuovo Bilancio Generale e che corrisponderebbero al 6%, hanno incluso una serie di spese per oltre 170 milioni che secondo gli accordi dovrebbero essere conteggiati come quota a parte.