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Nicaragua: dalla “cleptocrazia” alla “bancocrazia”
Publie le martedì 5 ottobre 2004 par Open-Publishing
di Giorgio Trucchi
Quando Enrique Bolaños assunse nel gennaio del 2002 la presidenza della repubblica in Nicaragua, il paese era scosso da cinque pesanti e interminabili anni di governo Alemàn in cui le casse dello Stato erano state saccheggiate da un’orda di oscuri personaggi di governo, alcuni dei quali sono ora latitanti o come il caso dello stesso Alemàn, in carcere.
Il semplice dato emesso da un organismo legato alla ONU che inserisce Arnoldo Alemàn tra i dieci ex presidenti più corrotti del mondo è un segnale di quanto siano stati tragici quegli anni.
Durante il discorso di insediamento, Bolaños disse che il suo quinquennio di governo sarebbe stato ricordato come l’opera di un vero statista, che avrebbe combattuto a morte contro la corruzione, che avrebbe risollevato l’economia, la sanità, la scuola, la produzione del Nicaragua, invitando i nicaraguensi a “remangarse las mangas” (rimboccarsi le maniche) perché lui avrebbe pensato al resto.
Era l’inizio della Nuova Era, che si sarebbe contrapposta alla Era Alemàn in tutto e per tutto e per il bene del Nicaragua.
Da allora sono passati quasi 3 anni e delle promesse fatte quel lontano 10 gennaio 2002 è rimasto ben poco.
Il Nicaragua continua a essere il secondo paese più povero del continente latinoamericano dopo Haiti, la disoccupazione e la sottoccupazione superano il 60 per cento, il paese è stato invaso da imprese asiatiche e nordamericane che si sono installate in regime di Zona Franca (senza quindi pagare un solo centesimo di tasse ed imposte ed esportando tutti i guadagni fuori dal paese e praticamente solo a questo si devono i tanto decantati 200 mila nuovi posti di lavoro creati dal governo) sfruttando le lavoratrici in modo vergognoso, oltre il 75 per cento della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, sono aumentati gli indici di violenza (nonostante resti il paese più sicuro del Centroamerica), di analfabetismo, di mortalità materno-infantile, di abbandono scolastico, dell’infanzia che lavora fin dalla più tenera età e di violenza interfamigliare.
Il paese vive praticamente di aiuti finanziari che provengono dall’estero (soprattutto da organismi finanziari internazionali come il FMI, BID e Banca Mondiale e dagli Stati Uniti che dettano legge nel paese) e dai soldi che i nicaraguensi emigrati all’estero (circa un milione di cui oltre il 60 per cento in Costarica) mandano alle loro famiglie.
I servizi pubblici più importanti sono stati svenduti a prezzi ridicoli.
Il settore agrario, vera risorsa del Nicaragua, è rimasto abbandonato riducendo sul lastrico enormi schiere di contadini e braccianti agricoli e a fronte di oltre mille milioni di dollari di importazioni, il Nicaragua esporta solo 600 milioni di dollari.
Il Debito Estero, pur avendo ottenuto un’importante riduzione grazie alla Iniziativa per i paesi altamente indebitanti (Hipc), ha continuato a crescere e i benefici dell’abbuono sono tutti finiti in mano ai banchieri nazionali per coprire il Debito Interno. Ben poco è stato destinato alla tanto decantata Lotta Contro la Povertà di cui si riempieno la bocca il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale.
L’intervento quindi della Nuova Era di Bolaños è stato tutto nell’ottica del rispetto totale delle imposizioni economiche-politiche-sociali che vengono dall’estero che, alla fine, hanno beneficiato pochi gruppi di potere, lasciando ancora una volta nella disperazione la maggioranza della popolazione.
Sul fronte della corruzione è evidente un cambiamento di attitudine, ma la tanto decantata lotta alla corruzione si è arenata subito dopo l’arresto di Alemàn che, attualmente, è ancora l’unica persona che è finita in carcere e dove l’aspetto politico ha contato molto di più di quello penale.
Anche sul fronte politico il conto è evidentemente in rosso. Con un atteggiamento da padre-padrone tipico della sua estrazione oligarchica conservatrice, Bolaños è riuscito a inimicarsi l’intero spettro politico del paese, mantenendo dalla sua parte solo l’inoperoso e per nulla produttivo settore dell’impresa privata, molto più interessata a fare commercio che produzione.
Alternando improvvisi slanci di apertura nei confronti dei due partiti più forti del Nicaragua, Frente Sandinista e Partido Liberal Constitucionalista, si è bruciato quel minimo di credibilità che aveva all’inizio e si è ritrovato ben presto solo, in trincea con il suo governo di blancos criollos e in netta minoranza in Parlamento e quindi, nell’impossibilità di poter realmente governare il paese.
Anche con gli altri Poteri dello Stato è caduto in continui e snervanti conflitti, non ultimo quello con il Potere Giudiziale che ha più volte tacciato di corrotto ed in mano ai partiti, fino ad arrivare a voler far approvare una legge di Carriera Giudiziale in cui avrebbe “eliminato”, con una chiara posizione antisandinista, qualsiasi giudice o magistrato che in passato avesse fatto parte dell’esercito o della polizia.
Anche con la Contraloria General de la Republica (la nostra Corte dei Conti) lo scontro è stato forte, soprattutto durante l’ultimo anno quando questa istituzione ha cominciato a indagare sui delitti elettorali della campagna elettorale del 2001 che lo vedrebbero coinvolto per l’utilizzo di fondi che il PLC avrebbe sottratto allo Stato e deviati su un conto bancario di Panama.
E’ perfino riuscito a inimicarsi la Chiesa cattolica, vera terza forza del paese e a “ottenere” un serio riavvicinamento tra quest’ultima e il Frente Sandinista, cosa che potrebbe alla lunga pesare in vista delle prossime elezioni presidenziali del 2006.
Con un paese allo sfascio e soprattutto con un atteggiamento come se il Nicaragua fosse una “finca” di sua esclusiva proprietà da amministrare con la bacchetta, Enrique Bolaños è riuscito a risvegliare anche i movimenti sociali che, sentendosi trattati come scolaretti da castigare, hanno rialzato la testa dopo dieci anni di semi passività.
Le lotte per il 6 per cento alle università, per gli aumenti salariali ai settori educazione e sanità, contro il Trattato di libero commercio CAFTA e non ultima, quella del settore bananeros colpito dai danni provocati dal pesticida Nemagòn, hanno percorso questi 3 anni di mandato presidenziale provocando morti e feriti.
Ma quindi alla fine che cosa ha rappresentato la Nuova Era?
Secondo il politologo ed ex Ambasciatore presso la ONU, Gustavo Vargas Escobar, Enrique Bolaños è “l’illegittimo seguace” della “cleptocrazia” di Arnoldo Alemàn. Illegittimo perché Alemàn non lo riconosce come tale e cleptocrazia intesa come istituzionalizzazione della corruzione avvenuta nel periodo Alemàn quando Bolaños era vicepresidente.
Nei governi cleptocratici, la corruzione, la mancanza di onestà e di etica dei funzionari pubblici e dell’impresa privata costituiscono un grave pericolo per i princìpi e valori della società civile. I governi cleptocratici formano una propria cultura, con i loro codici, le loro usanze e gerarchie, i loro onori e distinzioni sociali, producendo e moltiplicando la povertà morale e materiale delle popolazioni.
“Bolaños è quindi - sempre secondo Vargas Escobar - un presidente che ha dato continuità a questo tipo di politica, accentuando inoltre la “bancocrazia” nata nel periodo anteriore.
Per bancocrazia s’intende l’influsso che la banca privata e i settori finanziari legati ad essa esercitano sul potere politico in beneficio dei propri interessi.
Il capitale bancario in Nicaragua è strettamente connesso con le figure burocratiche dello Stato tanto che sono riusciti a far sparire la figura della banca statale a beneficio di quella privata.
La cleptocrazia del passato governo trova quindi una continuità con il governo attuale e con un’accentuazione della bancocrazia, basta vedere i nomi di chi compone il nuovo apparato statale e di governo e ci si rende conto come sono moltissime le persone che sono rimaste al loro posto nonostante le accuse di corruzione che gli sono state rivolte per i soldi esentasse presi sottobanco e per i quali non hanno mai pagato imposte di nessun tipo.
Non è possibile costruire la Nuova Era con gli stessi corrotti.
Il Presidente della Repubblica deve rispettare la Costituzione e le leggi e le deve far rispettare a tutti i suoi funzionari.
Attualmente il potere economico e politico delle banche in Nicaragua è enorme e tutti i governi che si sono succeduti dopo il 1990 hanno sostenuto una deliberata politica per rafforzare questo potere in detrimento di altri settori.
Il Nicaragua è un paese agricolo, ma il governo ha abbandonato questo settore mentre si fanno convergere tutti i benefici verso i banchieri, gli usurai e gli Istituti finanziari. Un esempio sono i 740 milioni di dollari che ci sono stati abbuonati dal debito estero e che sono finiti quasi tutti nelle mani dei banchieri per pagare l’altissimo debito interno sorto con il fallimento di cinque o sei banche private e che le banche attuali hanno assorbito dietro il compenso di centinaia di milioni di dollari in Buoni del Tesoro, che lo Stato ora deve restituire.
La deviazione di questi fondi ha impedito una seria lotta contro la povertà nel paese e ha arricchito ancora di più chi di soldi ne aveva già molti.
Per questi fallimenti quasi nessuno è stato processato e nessuno è in carcere. Lo stesso Superintendente delle Banche è fuggito dal paese per non affrontare le sue responsabilità ai tempi dei fallimenti e quindi del mancato controllo su quanto stava accadendo.
Bolaños e il suo governo sono totalmente identificati con il sistema finanziario parassitario e non rappresentano tutti i nicaraguensi, nemmeno quelli che l’hanno votato, ma rappresentano solo l’oligarchia finanziaria.
Le banche per anni non hanno mai pagato tasse sui propri guadagni ed ora, il poco che pagano da quest’anno, lo recuperano aumentando la forbice tra gli interessi che ottengono con i prestiti e quelli che danno ai depositanti. Si calcola che non abbiano pagato circa 60 milioni di dollari in tasse tra il 1997 e il 2001.
Il settore finanziario è aumentato del 25,9 per cento nell’ultimo anno e questo contrasta con l’aumento di altri settori come la costruzione che è aumentato solo del 7,9 per cento o dell’agricoltura con il 2,3 per cento.
Il Nicaragua di oggi è una realtà complessa. Convivono una specie di economia neoliberista che non è altro che lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, una politica erratica senza orientamento e un sistema di istituzioni lontane dall’ideale di uguaglianza e giustizia per tutti.
Una società di questo tipo, controllata dalla bancocrazia, non può durare a lungo. La più grande sfida per i nicaraguensi per uscire dalla crisi provocata dallo stesso Bolaños è lottare contro l’influsso che le banche private e i settori finanziari legati ad esse esercitano sul potere politico. La disperazione generalizzata non fa altro che rendere più profondi i problemi e ci si avvicina sempre più ad una crisi.
L’attuale presidente non è uno statista e non è in grado di andare oltre i propri calcoli personali agendo per il bene di tutti i nicaraguensi”.