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No global, solo la Diaz compatta il movimento
Publie le domenica 29 febbraio 2004 par Open-PublishingBernocchi (Cobas): «Polizia violenta, basta parlare di black bloc»
Genova E’ Piero Bernocchi, ruvido e viscerale leader dei Cobas, a dirlo
pubblicamente senza remore. «Caro Vittorio
Agnoletto e Giuliano Giuliani, i vostri interventi non mi sono piaciuti.
Continuate a discutere di black bloc e non-violenza,
quando è chiaro che il massacro della polizia fu preordinato e ci
sarebbe stato anche senza atti di vandalismo. Continuate a
dire che ci sono stati infiltrati fascisti e delle forze dell’ordine tra
chi mise in pratica le devastazioni: beh, fatemeli vedere».
Bernocchi rilancia: «Abbiamo piuttosto il coraggio di difendere i 26
imputati fino a prova contraria, se non altro perché la
condanna che loro rischiano è sproporzionata a quella che potrebbe
capitare ai poliziotti. E smettiamola di tirare per la coda il
sindaco Giuseppe Pericu, lui, come il centrosinistra italiano, ha
abbandonato il movimento. Buttano via il cane morto, quel
movimento di cui fino a ieri si sono in parte serviti e che oggi non gli
serve più. Scaricano noi, forse pensano anche che
possiamo danneggiare la loro campagna elettorale, e corrono verso le
classi benpensanti che credono ancora nei black bloc».
La critica del sindacalista parte da lontano, dagli stessi giorni del
G8. Ma quando dice che il black bloc non esiste non dà
ragione alle decine di anime del vecchio Genoa social forum - quelle
ambientalista, cattoliche e moderate, quelle delle donne e
degli scout - che hanno sbattuto la porta perché«molti nel movimento non
hanno ancora preso le distanze dai violenti». Anzi.
«A Napoli noi lasciammo venti persone ferite a terra, non volevamo
accadesse più. Volevamo tirare fuori i vecchi bastoni del
servizio d’ordine, ci dissero che non se ne parlava. Salvo poi tirarli
fuori di corsa dopo l’uccisione di Carlo Giuliani». E allo
stesso tempo i Cobas non abbracciano i Disobbedienti, ancora ricordando
la sfida alla provocazione più mediatica nei giorni
precedenti il summit del 2001. «Fassino - commenta Bernocchi - strilla
contro Francesco Caruso, dei Disobbedienti. Ora,
tutti sappiamo che a volte quel ragazzo parla a vanvera. Ma è indubbio
che chi non vota sul serio il ritiro delle truppe dall’Iraq
poi non può scendere in piazza con i pacifisti».
L’urlo di Bernocchi è lo spartiacque che segna le divisioni del
movimento, «quel branco di ingenui che per mesi parlò di zona
rossa mentre la polizia studiava il massacro a tavolino».
Divisioni che
il documento comune siglato ieri pomeriggio non può
sanare. Divisioni anche interne alle varie sigle, esempio per tutti
l’Arci: la leader nazionale Raffaella Bolini condanna senza
appello le decisioni del sindaco Pericu, il presidente regionale
Massimiliano Morettini siede nella sua maggioranza consigliare e
si accontenta del documento di mediazione studiato dal correntone
diessino (in questi giorni schierato decisamente a sinistra).
Lo spartiacque segna l’esplosione della galassia no global. I cattolici
non si vedono più. Gli ambientalisti, specie quelli vicini a
Legambiente, hanno preso evidenti distanze; ma non altrettanto hanno
fatto i Verdi, che pure hanno taciuto sul "caso Pericu".
L’universo eco-pacifista-solidale di Rete Lilliput arriva alla meta
deflagrato e insiste sull’analisi dei black bloc che hanno
rovinato il corteo pacifico. La Fiom sembra un sindacato esterno alla
Cgil, come non sanno dove sedersi - anzi non si vedono
– gli esponenti di Rifondazione che non hanno gradito lo strappo da
Pericu dopo l’ordinanza.
Bastano due parole per riportare l’unità. Diaz e Bolzaneto. Condanna
corale, dura e senza possibile appello, per Stato e
polizia.
Giovanni Mari
http://www.ilsecoloxix.it/Secolo_notizia01OK.asp?IDNotizia=169799&IDCategoria=1367