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Ossezia: dall’11 settembre al 3 settembre

Publie le sabato 4 settembre 2004 par Open-Publishing
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Dazibao


Ossezia

Ieri, 3 settembre 2004, il mondo è precipitato in un abisso di orrore indicibile, incomprensibile, intollerabile. Nonostante che i nostri occhi e i nostri cuori fossero già pieni di un’angoscia e di un dolore che parevano voler contraddire ogni spiraglio di speranza. Nonostante l’abbandono nella povertà più assoluta di milioni di diseredati. Nonostante le dittature più sanguinarie e le ingiustizie più atroci. Nonostante l’11 settembre. Nonostante l’avvitarsi feroce della spirale guerra-terrorismo, l’espandersi incontrollato della ferocia più bestiale, i bombardamenti sui civili, le torture, i kamikaze, fiumi di sangue innocente... Ogni giorno, sembrava che si fosse toccato il fondo della disumanità. Ma ora si può, si può solo pensare che possa avvenire qualcosa di più terribile e di più insensato di ciò che è successo ieri a Beslan?

Sarà difficile cancellare le immagini dei bambini morti e di quelli che scappano, feriti e confusi, nudi e insanguinati, dalla scuola colpita dal blitz delle forze speciali russe. Sarà difficile perché le immagini hanno una loro enorme forza che va anche al di là della scuola dell’Ossezia. I bambini. Quanti ne sono morti in questa terribile spirale guerra-terrorismo? Bambini che non hanno avuto il dolore e il lutto perché non hanno nome e non hanno usufruito dell’immagine televisiva. Bambini di cui non sappiamo né le ferite né i dolori. Iracheni, palestinesi, israeliani. I morti più innocenti della guerra e del terrorismo.

Ma l’emotività, per non rimanere tale o non ridursi ad ipocrita recriminazione, deve porsi delle domande: come si risponde al terrorismo? come lo si sconfigge? In queste ore è chiaro più che mai che la guerra non solo non ha risolto nulla, ma ha aggravato la situazione dell’intero pianeta. I focolai terroristici si sono moltiplicati, il terrorismo islamico si è intrecciato alle questioni spesso sacrosante di liberazione nazionale e le ha condizionate. L’odio per l’Occidente domina una parte consistente del globo, e la paura e l’islamofobia l’altra parte.

Non è vero che la guerra è l’unica risposta possibile al terrorismo, così come non è vero che il terrorismo è l’inevitabile reazione al dominio neoimperiale degli Stati Uniti. La risposta data dallo stato francese al rapimento dei due giornalisti, per quanto limitata e oggi drammaticamente sommersa da eventi molto più drammatici, è una indicazione. Si può dire di no alla guerra. Si può. si deve sconfiggere il progetto terrorista di unificare il mondo islamico contro l’Occidente, si può usare con determinazione la via diplomatica, si possono usare alleanze e relazioni.

Qualcuno oggi dice che, "trattando", i francesi hanno mostrato condiscendenza se non amicizia nei confronti dei terroristi. Qualcuno oggi accusa il fronte della pace, il grande movimento del no a tutte le guerre e a tutti i terrorismi di non essere stato duro e coerente contro questi ultimi. Fra l’arcaico sgozzamento e il bombardamento tecnologico - dicono - dovremmo scegliere quest’ultimo. E fra la donna cecena stuprata e assassinata dai militari russi e il bambino ucciso nella scuola di Beslan chi dovremmo scegliere? Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo a costo di qualche monotonia. L’unica risposta è la pace. E la volontà di costruirla.

http://www.liberazione.it/giornale/040904/LB12D6CA.asp

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