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PER UN’ALTERNATIVA ROSSOVERDE, PER LA DEMOCRAZIA PARTECIPATA

Publie le venerdì 19 marzo 2004 par Open-Publishing

La lotta di Scanzano, la sua ampiezza e il risultato conseguito ci
propongono un terreno di riflessione di grande valore che possiamo
articolare su due punti.

1. Le questioni ambientali sono un crocevia decisivo nella comprensione
della globalizzazione e nella lotta contro il suo portato distruttivo: ciò è
ormai patrimonio sempre più diffuso, di consapevolezza ed esperienza, e
orienta l’operato e la presenza politica di grandi masse.

2. A Scanzano è stata una intera comunità territoriale, un’intera regione a
ribellarsi, a "disobbedire"; una lotta unitaria e radicale insieme, di una
comunità non chiusa ma aperta, che si afferma non contro altre comunità,
evitando la miope politica del not in my back yard, indicando bensì un
terreno praticabile da tutti. L’idea del nuovo municipio si va realizzando e
non a caso i riferimenti allo zapatismo sono espliciti, intrecciati con
elementi sociali e culturali di quei luoghi.

Questo movimento è su temi di grande rilievo: il nucleare e l’energia, con
le loro connessioni alla spirale guerra/terrorismo che riduce sempre più
democrazia e libertà.

Tutti elementi vissuti nella lotta di Scanzano, che ha detto no alle scorie
(e al relativo decreto), ma anche al nucleare e alla militarizzazione. E ha
portato un’altra idea di futuro che parte, per il Sud (ma non solo), dalla
valorizzazione dei beni comuni - la terra, l’acqua, l’energia, la
biodiversità, in una relazione tra comunità territoriale e globali, tra
generazioni presenti e future.

La lotta di Scanzano non è la sola.

Il negoziato Wto a Cancun è stato messo in crisi anche dall’insorgere dei
movimenti per la sovranità alimentare e per l’acqua. Le lotte per l’acqua
sono diffuse in tutto il pianeta e sono state punto di riferimento del Forum
mondiale in India.

In Italia, si moltiplicano i luoghi di resistenza alle violenze contro
l’ambiente, da Acerra e Ariano Irpino, al ponte sullo Stretto, ai movimenti
contro l’elettrosmog, contro le privatizzazioni dell’acqua e dell’energia
così come dei beni collettivi (la scuola, la salute e la previdenza). E si
moltiplicano le riappropriazioni di spazi da vivere con un diverso rapporto
con l’ambiente urbano e sociale: occupazione di case e la creazione di spazi
pubblici.

La mercificazione e il dominio integrale, devastante, sull’ambiente si
esasperano con la globalizzazione. La teoria della guerra preventiva e
permanente e la spirale guerra/terrorismo manifestano lo spregio per la vita
del pianeta e degli essere umani. Si moltiplicano le guerre per il petrolio
e per l’acqua, si vogliono brevettare i viventi espropriando i popoli
nativi, si realizzano inoltre modificazioni genetiche; si provoca
l’alterazione della biosfera con l’effetto serra, istituendo addirittura una
borsa dove svolgere la compravendita delle quote d’inquinamento. Sono in
atto le nuove recinzioni dei beni comuni, tutto viene militarizzato. Si
sradicano culture e biodiversità; gli unici luoghi, in realtà nonluoghi,
sono il mercato e gli spazi repressivi: il resto è anomia o precarietà.

Crescono l’opposizione alla mercificazione e alla guerra, e le alternative
per un altro mondo.

Il movimento dei movimenti porta avanti una critica radicale della
globalizzazione: primo movimento non subalterno alla modernizzazione e
portatore di un’idea di un’altra civiltà. Questo movimento si va
caratterizzando, e deve sempre più caratterizzarsi sulla questione
ambientale, divenendo portatore di un’istanza rossoverde. Non possiamo più
pensare come separati società e natura, economia e ambiente.

Rossoverde significa ricondurre l’essere umano, la sua società, la sua
economia, nella natura, per essere parte di essa; all’essere umano si
richiede di agire con maggiore responsabilità, senza spirito d’onnipotenza e
prometeismo. Per questa strada la critica rossoverde incontra quella
femminista al maschilismo e al patriarcato. Il ripristino di questa
relazione è l’orizzonte di una nuova modernità e di una nuovo modo d’essere
dell’umanità: la liberazione della persona non si realizza attraverso il
dominio sulla natura ma riconnettendosi a essa.

Questo progetto si contrappone a quello liberista della globalizzazione e
supera gli illusionismi dello "sviluppo sostenibile".

La "speranza" di umanizzare la globalizzazione liberista, propria delle
ideologie delle "terze vie", si è infranta nella durezza della
modernizzazione capitalistica, mostrando la loro inefficacia.

Per questo riteniamo che occorra elaborare nuovi linguaggi per nuove
progettualità. Beni comuni, sovranità alimentare e ambientale, democrazia
partecipata, società "orizzontale" sono prime parole che ci parlano di un
progetto nuovo e diverso che leghi liberazione umana e attiva responsabilità
di specie, per conquistare nuovi equilibri con i cicli ambientali.

Sono i fondamenti stessi del capitalismo che vanno destrutturati: la
crescita, la mercificazione, l’alienazione, il potere.

L’altro punto, altrettanto fondamentale, è che quest’orizzonte viva come
pratica reale delle soggettività sociali. L’alienazione capitalistica è non
solo sfruttamento del lavoro, è anche rottura del nesso uomo/natura; per
questo superare i processi alienanti significa realizzare luoghi dotati di
senso, relazione, progettualità, apertura.

Le false comunità che la globalizzazione produce sono quelle della
produzione e del consumo mercificati, o delle identità etniche,
fondamentaliste, razziste.

Le comunità, a cui noi vogliamo dare vita, sono al contrario la
rappresentazione di un percorso di liberazione che viva nella costruzione di
relazioni sociali, personali, libere e aperte, del nesso natura/società, per
far vivere democrazia, partecipazione, libertà.

La nonviolenza è resistenza alle pratiche sempre più brutali del potere,
alla spirale guerra-terrorismo, al dominio quotidiano, e al tempo stesso
elemento di costruzione, già oggi, dell’altro mondo possibile.

Quest’orizzonte rossoverde ha qualcosa da dire anche alle forze impegnate
nella ricostruzione di una sinistra alternativa? Noi pensiamo di sì, a patto
che un’alternativa di società viva come progetto in sé, e non come manovra
politica, né abbia di mira la "presa del potere" da parte di nuove élites.

Naturalmente occorre essere attenti a non confinare nelle ristrettezze di
un’operazione politica un’elaborazione che riguarda l’alternativa generale
alla crisi della modernità. Anche da questo punto di vista la critica
ecologista e la democrazia partecipativa mettono in discussione la
separazione tra politica e società, la gerarchizzazione e l’utilitarismo
mercantile, attenta come è alla realtà del vivente.

Ma se si concepisce la sinistra d’alternativa come uno dei fili capaci di
ricucire la rete delle relazioni dell’altro mondo possibile ne cogliamo
anche tutta la necessità. Non un nuovo partito, né un assemblaggio ma una
ricostruzione che poggi sul fare il pensare il comunicare.

Proprio perché né un assemblaggio né un nuovo partito, la sinistra
alternativa ha bisogno di nutrirsi di esperienze e riflessioni, di esistenze
e di resistenze, che si cimentino con la critica della modernità.

Per questo è anche rossoverde.

Antonio Bruno, Paolo Cacciari, Fabrizio Giovenale, Laura Marchetti, Sandro
Medici, Emilio Molinari, Roberto Musacchio, Giorgio Nebbia, Luigi Nieri,
Gianni Palumbo, Ciro Pesacane, Franco Russo, Patrizia Sentinelli,
Massimiliano Smeriglio, Gigi Sullo