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PER UNA CAMPAGNA GENERALE CONTRO IL SISTEMA GUERRA
Publie le mercoledì 4 febbraio 2004 par Open-PublishingAssemblea nazionale dei socialforum Bologna 7/8 febbraio 2004
Perché la guerra è contro di noi ?
E’ questa la domanda che oggi risulta centrale per i singoli e i soggetti collettivi del
movimento. Non più soltanto perché noi siamo contro la guerra, cosa di cui la società civile è ampiamente
cosciente e su cui si è largamente espressa, ma piuttosto perché il sistema guerra ci colpisce e ci
minaccia, entrando nel nostro quotidiano e nei nostri territori. Credo che sia questa la chiave di
volta per trasformare l’attuale movimento per la pace, diffuso nella società, da movimento
d’opinione in movimento conflittuale, in grado di muovere lotte radicali e autoorganizzate per agire un
conflitto politico.
I limiti di quell’oceano pacifico che in modo carsico va e viene dalle strade con la speranza
frustrata di fermare la guerra sono stati evidenti a tutti dopo il 12 aprile dell’anno scorso.
Limiti tipici di un movimento che, appunto, si è presentato nella sua quasi totalità, come un movimento
di opinione e dunque non ancora organizzato e determinato per essere efficace sul piano dei
rapporti di potere.
Come recuperare oggi quella energia e quella volontà collettiva per farla pesare su una
trasformazione reale del sistema guerra, a partire dai suoi pilastri -quelli economici ?
I soggetti si impegnano a lottare in modo radicale quando sentono direttamente messa in crisi la
propria esistenza quotidiana, i propri bisogni. Vedi il caso di Scanzano o della Maddalena o le
lotte sociali di questi mesi, da parte delle scuole, dei precari, degli operai minacciati dalla
chiusura delle fabbriche, degli autoferrotranviari, delle donne. Ora, la coscienza che la guerra è la
più grave ingiustizia è ormai diffusa e radicata e questo induce le persone a sentirsi coinvolte
nel movimento per la pace. Se dovessero rispondere alla domanda "Perché la guerra è contro di
noi?" risponderebbero probabilmente con motivazioni culturali ed etiche: "perché non vogliamo essere
complici di quella grave ingiustizia, non vogliamo calpestare le vite e i diritti di un altro
popolo". Ma per lottare in modo radicale e continuativo è necessario evidenziare anche altre
motivazioni più materiali, più quotidiane, più vicine ai bisogni e alle nostre vite di occidentali,
impoveriti ma non troppo dalla globalizzazione.
Per chi abita vicino ai poligoni di tiro o alle basi militari corredate da testate o polveriere
atomiche, con più o meno frequenti incidenti e con incessante inquinamento è sicuramente più facile
ed evidente rispondere alla domanda : "La guerra è contro di me perché le sue macchine di morte
invadono la mia terra e minacciano la mia salute". Ma è meno evidente per tutti gli altri, che
vedono la guerra apparentemente lontana, comprendere il nesso che lega il sistema guerra all’economia
del nostro paese e dunque alle condizioni di vita dei più.
Potrebbe essere molto utile, dunque, fare un po’ di conti e rendere evidente l’ingiustizia e il
militarismo insito nella distribuzione delle risorse che viene fatta in Italia e in Europa.
Il riarmo è una macchina vorace che divora miliardi. A livello globale le spese militari sono
arrivate a 900 miliardi di dollari, di cui circa la metà solo da parte degli USA. In Italia il 2% del
PIL, quasi 20 miliardi di euro, viene destinato alle spese militari dirette: a ciò si devono
aggiungere numerose altre spese, sia quelle per il rifinanziamento delle missioni militari ( vedi
ultimo decreto per prolungare la partecipazione alla guerra in Iraq, oltre che in Afghanistan e negli
altri territori), sia quelle che appaiono sottoforma di bilancio di altri Ministeri (
Industria,Sanità, Ricerca etc.). Sono risorse ingenti che hanno assunto un’escalation dal 1999 in poi, cioè
dalla cosiddetta "guerra costituente" che ha fatto decollare il Nuovo Modello di Difesa (fondato su
missioni militari all’estero dal sapore neocoloniale e "guerre di sicurezza"). A fronte di questo
dirottamento di risorse a fini bellici, abbiamo i poteri forti del nostro paese, dal Governo alla
Confindustria alla Banca d’Italia che impongono tagli inauditi alle spese sociali, che attaccano le
pensioni, impediscono la contrattazione sui salari, vietano il reddito di cittadinanza, fanno
chiudere ospedali e classi scolastiche, impongono il carovita, tolgono fondi agli enti locali, negano
sevizi agli immigrati, privatizzano i beni comuni e i servizi essenziali..
Insomma una sottrazione di reddito a 360 gradi in tutti i settori della società, a cominciare da
quelli più precari, dai cittadini più deboli. E’ giunto il momento di una ribellione generalizzata
a questo sistema di sfruttamento che fa affari difendendoli con la guerra e trasforma la guerra in
un affare.. Mentre il capitalismo italiano affonda, con le sue più grandi aziende che chiudono o
falliscono dentro giganteschi scandali finanziari, nel frattempo le imprese più furbe si stanno
aggiudicano gli appalti della nuova terra di conquista, l’Iraq, dove il sangue di quindicimila
vittime civili e pure dei morti italiani a Nassirya è servito a innaffiare contratti e pozzi di
petrolio ( vedi i pozzi aggiudicati all’ENI nelle vicinanze di Nassirya).
Abbiamo oggi la possibilità di legare più strettamente con un’ unica campagna di protesta e
boicottaggio le lotte sociali e la lotta per la pace aggredendo un sistema che è unico: il sistema del
liberismo armato o sistema della guerra capitalistica o della guerra sociale economica e militare.
Questa possibilità è anche una necessità oggi del movimento per la pace che solo attraverso una
campagna generale contro le spese militari e per il disarmo può acquistare continuità e radicamento,
e produrre lotte che vengano agite nel quotidiano e nel locale.
UNA CAMPAGNA CHE LEGHI LE LOTTE SOCIALI ALLA LOTTA PER LA PACE.
Partiamo dallo slogan dei precari GUERRA PER NESSUNO REDDITO PER TUTTI, è una prospettiva di lotta
che ci avvicina immediatamente alle spese militari ed alla necessità che tutto il movimento assuma
una grande campagna contro le spese militari, per le spese sociali. L’obiezione alle spese
militari dovrebbe uscire dalla nicchia in cui da anni è reclusa e diventare un comportamento di massa che
renda visibile la protesta e sposti concretamente risorse, recando un danno all’economia di
guerra.
A questo si aggiunge la lotta contro l’apparato finanziario che finanzia le imprese belliche e le
produzioni di armi sia leggere che pesanti. Perciò il travaso di risorse operato dalle banche
significa devolvere i risparmi della massa di piccoli risparmiatori verso il sistema guerra e
rialimentare la stessa macchina. Dunque il boicottaggio delle banche armate è l’altro tassello della
nostra lotta.
L’apparato bellico industriale si fonda su un complesso sistema di produzioni e di tecnologia che
concerne anche la ricerca e le applicazioni informatiche e tecnologiche, nel campo delle
comunicazioni satellitari, delle armi biologiche e chimiche, fino alle nanotecnologie. Entrare in questo
sistema e cominciare a boicottarlo con i nostri comportamenti di consumatori è possibile. Possiamo
costruire ricerca e informazione su questo e possiamo cominciare a contestare le produzioni e il
loro mercato, vedi il lavoro collettivo contro la Fiera delle armi a Brescia. Ma credo che i nostri
sforzi saranno più efficaci se costruiamo il boicottaggio di massa delle imprese armate , non solo
di quelle italiane, ma collegandoci anche alla campagna internazionale Boycott Bush che sanziona
dal basso quei marchi intrernazionali che hanno sostenuto la giunta Bush e la sua guerra globale.
Questi comportamenti di boicottaggio economico si possono collegare alle lotte sociali e
ambientali per smilitarizzare i territori e far chiudere le basi militari USA in Italia col loro corredo di
morte e malattie sociali. Così come alle lotte per riconvertire le fabbriche di morte e tutte le
loro ramificazioni nei nostri territori, alle lotte per chiudere i poligoni di tiro e i campi di
esercitazione militare, alla lotta contro l’uranio impoverito nei luoghi che lo ospitano o ne
risultano inquinati.
E tutti questi comportamenti di resistenza al sistema guerra si potrebbero collegare ad una
generalizzata volontà di obiettare al sevizio militare e di sostenere una alternativa al modello di
difesa militare, attraverso la DPN (Difesa popolare nonviolenta) e i corpi civili di pace e la
diplomazia dal basso, in alternativa alle missioni militari all’estero. Infine dovremmo far pesare la
nostra volontà di pace sul Parlamento e contestare con la nostra pressione elettorale i partiti e i
candidati che non hanno accettato il NO ALLA GUERRA SENZA SE E SENZA MA, ovvero che hanno votato
le spese militari e le missioni militari all’estero, contribuendo col loro voto in Parlamento ad
alimentare le complicità del sistema di guerra.
In base a questi ragionamenti mi sono immaginata la possibilità di costruire una campagna
unificante tra lotte sociali e lotta per la pace, nella prospettiva unica del DISARMO. Ho provato a
sintetizzare una specie di protocollo di comportamenti che viene sottoscritto da chi singolarmente
aderisce alla campagna ed a chiamarla con lo slogan che era stato suggerito da Marco Bersani, a cui
sono debitrice dell’idea. Dunque, IO DISARMO.
CAMPAGNA IO DISARMO
Per rompere ogni complicità col sistema di guerra, mi impegno a:
OBIETTARE ALLE SPESE MILITARI CON LA MIA DICHIARAZIONE DEI REDDITI. E, come alternativa politica,
mi impegno a sostenere la riconversione della Spesa Pubblica verso il reddito di cittadinanza e il
Welfare State (GUERRA PER NESSUNO REDDITO PER TUTTI).
BOICOTTARE LE IMPRESE ARMATE CHE FINANZIANO L’APPARATO BELLICO E PRODUCONO ARMAMENTI E a
sostenere, invece, i progetti di riconversione della produzione bellica verso usi civili.
BOICOTTARE I MARCHI INTERNAZIONALI DELLE IMPRESE CHE HANNO SOSTENUTO LA GIUNTA DI BUSH (campagna
Boycott Bush) E LA GUERRA IN IRAQ E/O CHE LUCRANO SULLA PRIVATIZZAZIONE DELLE RISORSE DI QUEL
PAESE. E, come alternativa politica, mi impegno a sostenere la ricostruzione dell’IRAQ attraverso i
progetti delle ong autonome che si sono opposte alla guerra e all’occupazione militare.
BOICOTTARE LE BANCHE ARMATE SPOSTANDO I MIEI RISPARMI VERSO LA FINANZA ETICA E IL CREDITO
COOPERATIVO.
OBIETTARE AL SERVIZIO MILITARE e sostenere il modello alternativo di Difesa (DPN), con la difesa
popolare nonviolenta in sostituzione degli eserciti e degli armamenti e il servizio civile di pace
in sostituzione delle occupazioni militari all’estero.
SOSTENERE I PROGETTI DI SMILITARIZZAZIONE DEGLI INSEDIAMENTI MILITARI e la campagna internazionale
per la chiusura delle basi USA.
NEGARE IL MIO VOTO AI PARTITI E AI CANDIDATI CHE HANNO VOTATO LA GUERRA E LE MISSIONI MILITARI.
Sostenere invece i candidati e i partiti che hanno votato contro la guerra e le missioni militari
SENZA SE E SENZA MA.