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PERCHE’ NON POTETE DIRVI PACIFISTI.

Publie le domenica 22 febbraio 2004 par Open-Publishing

Se le parole hanno un senso e la smettiamo di giocare ancora con gli ossimori ( come guerra
umanitaria o missione militare di pace) la parola pacifista significa una cosa semplice e inequivocabile

. Indica colei o colui che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali perché pensa che la guerra è un crimine in sé e non esistono guerre giuste. Coloro che
pensano che la guerra in certe condizioni è umanitaria o etica o una contingente necessità o che
possa essere legittimata dal consenso di alcune grandi potenze o dall’ONU o dalla NATO, semplicemente
non sono pacifisti. Si può discutere sull’opportunità di definirsi responsabili ( molti/e pensano
che il ripudio di tutte le guerre sia la vera responsabilità da assumersi) oppure di sinistra, o
di "centrosinistra che vuole diventare governo", ma definirsi pacifisti non si può, quando si
abbraccia la dottrina della guerra giusta.

Secondo questa dottrina le missioni militari decise dalle istituzioni internazionali e dalle
Nazioni Unite vanno sostenute con convinzione. "E’ una questione di principio" afferma Marina Sereni
nel suo articolo sul Manifesto. Infatti è proprio così. Il principio, a cui i DS si appellano, è
opposto al principio per il quale le donne pacifiste fin dal ’91, durante la prima Guerra del
Golfo, autorizzata dall’ONU, lanciarono lo slogan FUORI LA GUERRA DALLA STORIA. Ed è un principio
opposto a quello che ha portato i movimenti pacifisti USA, insieme ai parenti delle vittime dell’11
settembre, a opporsi alla guerra in AFGHANISTAN, autorizzata e praticata dalla NATO e a comunicare
al mondo il loro NOT IN MY NAME. E’ proprio in nome del principio della GUERRA GIUSTA -attenzione
ho detto guerra giusta, non pace giusta che piacerebbe ai pacifisti- che i DS al governo con
D’alema e nelle piazze con Veltroni hanno lanciato e praticato la guerra umanitaria contro la Serbia
sui cui effetti collaterali non mi dilungo.

Perciò, al fine di evitare nuovi ossimori, eufemismi ed equivoci e per ristabilire la verità,
conveniamo sul significato delle parole e stabiliamo che coloro che credono nel principio della
guerra giusta non possono chiamarsi pacifisti. Altrimenti dovremmo chiamare pacifisti tutti coloro che
credono e praticano il principio si vis pacem para bellum, se vuoi la pace prepara la guerra, che
sarebbe lo stesso principio di Ciampi che vuole la pace in Iraq da ottenere, se necessario, col
sacrificio patriottico dei nostri soldati a Nassirya. In fin dei conti anche Bush vuole la pace-solo
negli USA- da ottenersi attraverso il mezzo della guerra preventiva. Peccato che nella Carta
fondativa delle Nazioni Unite, che è una carta pacifista-quella sì-, ci sia scritto a chiare lettere
non solo il divieto di fare guerra ma l’obbligo di perseguire la pace con mezzi pacifici.

Dunque l’ONU non può autorizzare nessuna guerra. E qui veniamo al punto: una cosa è la carta
fondativa dell’ONU, nei suoi principi ispiratori, altra cosa è l’attuale realtà dei rapporti di forza e
l’attuale realtà del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Quest’ultimo è un direttorio dove vige
l’accordo o il disaccordo tra le grandi potenze che hanno vinto la seconda guerra mondiale. E’ un
organo antidemocratico, soggetto allo strapotere degli Stati Uniti. Non ha alcun potere reale di
evitare le guerre o di fermare la guerra preventiva degli USA: solo, allorché si determina un disaccordo
tra i membri che non vogliono consentire mano libera allo strapotere militare degli USA, smette di
funzionare, grazie a un veto reale o minacciato.

Sull’Iraq il Consiglio di Sicurezza ha
manifestato il disaccordo tra USA e G.B.da un lato, resto delle grandi potenze dall’altro. In altre
occasioni, quando c’è stato consenso tra grandi potenze, l’ONU, contraddicendo la sua stessa carta
fondativa, ha con vari artifizi autorizzato o consentito la guerra, vedi la cosiddetta "guerra al
terrorismo" che ha prodotto l’orrore afgano cogli effetti collaterali che durano tuttora, dalla sorda
guerra civile, all’arruolamento dei paesi europei nella Nato, oggi chiamati a nuovi contingenti,
alle minacce ai paesi "canaglia", alla dottrina del disarmo dei deboli e del riarmo dei forti. I DS
dove stanno rispetto a questo quadro ? Con L’ONU, dice Marina Sereni.

Ma l’ONU è come Giano bifronte: ha la faccia delle istituzioni umanitarie e dei diritti umani, ma
ha l’altra faccia della geopolitica internazionale e della sudditanza agli Stati Uniti. I
pacifisti stanno con la prima faccia e pensano che le missioni umanitarie si debbano eseguire con i
volontari della cooperazione e con i corpi civili di pace, invece gli avversari dei pacifisti pensano
che se l’Onu autorizza gli interventi militari essi sono legittimi pure se ammazzano la gente e
pure se sono in contrasto con la stessa Carta dell’ONU e col più elementare dei diritti umani, il
diritto alla vita.

Lo spirito del 15 febbraio dello scorso anno era, come tutti ricordano NO ALLA GUERRA SENZA SE E
SENZA MA.. Su questo appello così netto i DS non ci sono stati, fin dall’inizio. Fassino inviò una
lettera al Comitato fermiamo la guerra, in cui dichiarava l’adesione alla manifestazione ma su
contenuti differenti dall’appello del comitato, nella quale i Se e i Ma riguardavano proprio il
ruolo dell’ONU. E tutti i tentennamenti in Parlamento circa il rapporto da tenere col governo, con
l’Europa e con gli USA riguardavano la remota eventualità che l’ONU autorizzasse la guerra in IRAQ,
nel qual caso i DS avrebbero votato a favore. L’unico motivo per il quale hanno accettato
parzialmente la posizione del movimento per la pace è stato il fatto che la guerra era unilaterale e non
autorizzata dall’ONU.

Salvo poi tentennare di nuovo, suscitando la prima rottura col Comitato
fermiamo la guerra, con l’astensione di aprile 2003, sull’invio dei 3000 soldati italiani in IRAQ "a
scopo umanitario". Insomma c’è sempre una superiore ragione per cui i DS devono soprassedere al
loro matrimonio col movimento pacifista. Oggi ci chiediamo ancora: qual’ è? Perché non dobbiamo
immediatamente ritirare le nostre truppe dall’IRAQ? Perché, dice marina Sereni, dobbiamo passare le
consegne ad "una forza multinazionale sotto l’egida dell’ONU". Sorvolo sull’atteggiamento coloniale
che questa affermazione implicitamente contiene rispetto al popolo che abbiamo occupato e invaso,
complici di chi li ha devastati e di chi sta rapinando le loro risorse. Mi concentro sull’ONU. Il
popolo dell’Iraq, nelle sue più varie componenti ed etnie ha percepito l’ONU come nemico, complice
degli USA.

Cosa penserebbe dell’ONU che lasciasse lì le sei nuove basi USA in allestimento e
fornisse di casco blu le attuali forze occupanti ribattezzandole forza multinazionale dell’ONU ??? E
cosa penserebbero i pacifisti di questa ONU ?

Il movimento pacifista si è confrontato eccome con l’ONU, col diritto internazionale, con la via
alternativa all’occupazione militare. Il ritiro immediato delle truppe è il primo indispensabile
segno di discontinuità con la situazione di guerra attuale in cui l’Italia è definitivamente
compromessa. Noi siamo forza occupante, dobbiamo ritirarci per consentire che l’ONU, con altre forze di
paesi davvero neutrali, possa svolgere un ruolo effettivo di pacificazione e ricostruzione. Ogni
altro discorso sull’Onu è pura barzelletta, o forse è l’ultima foglia di fico per nascondere la
verità.

Nella Ginatempo, tavolo Bastaguerra dei socialforum