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Partito e’ contrario di democrazia

Publie le lunedì 2 agosto 2004 par Open-Publishing

Sono sempre stata colpita spiacevolmente dalla mancanza di democraticita’ dei partiti e dalla loro separazione dalle risorse della societa’ civile, quasi che il partito costituisca un mondo a parte, un apparato di potere centrato su di se’, con un proprio linguaggio e proprie finalita’, e non il mezzo con cui la societa’ civile, appunto, si rappresenta. Se questo vale per i club della Cdl che sono delle nullita’ sul piano della decisione politica e che costituiscono uno dei tanti modi fasulli con cui il venerabile Gelli pensava di aggregare i succubi e gli incubi, lo stesso vale anche per le sezioni della sinistra, i cui iscritti spesso contestano inutilmente decisioni prese cripticamente dall’alto da soggetti che non hanno mai criticato la propria pesante sconfitta storica e pretendono di andare avanti con le stesse pregiudiziali e gli stessi errori.

Il potere e’ ormai cosi insediato che nemmeno quando viene sconfitto decade. E la sua arroganza e’ ormai tale che nemmeno un calo di consenso lo spinge a una revisione critica, cosi’ che persiste nell’errore di dichiarsi vincitore anche quando e’ vinto.
Con l’attuale involuzione storica della democrazia, ritengo che questa autoreferenzialita’ finisca per accentuare la crisi del progresso democratico per lo scadimento in una partitocrazia di stampo feudale che resiste con accanimento alla propria dissoluzione. Naturalmente la crisi aumenta nella misura in cui i segretari o i presidenti dei partiti sono figure egoiche e protese a un potere personale, indifferenti alla rispondenza del cittadino o ai nuovi bisogni universali, e nella misura in cui molti iscritti si abituano lentamente a una posizione di subalternita’ o di claque, oppure a una critica sterile non incisiva che non modifica le cose dall’interno.

Il voto elettorale garantisce ad alcuni uno zoccolo di fedelta’ abitudinaria e passiva che mantiene lo status quo, sostenendo di fatto posizioni autarchiche. Un’altra parte dell’elettorato manifesta stanchezza e si presenta ondivaga e insoddisfatta. Un’altra infine smette di riferirsi ai partiti tradizionali, sentendoli troppo lontani dai suoi interessi e dagli sviluppi del senso etico e sociale e rischia di aumentare la disaffezione e il non voto, pur conservando molti interesse alla politica intesa come cura delle cose comuni e non come tifoseria di squadre.
Nascono modi nuovi di interessarsi ai beni sociali ma i politici professionali non mostrano alcun desiderio di occuparsene, quando non li boicottano decisamente come concorrenziali al loro potere unico. Un tempo la piazza era ascoltata, ora e’ negletta e derisa.

Finche’ ci sara’ uno zoccolo sufficiente a mantenere al potere certi personaggi e apparati, avremo poca speranza. D’altro canto finche’ fare politica sara’ inteso come difendere pedissequamente una ’appartenenze’ la situazione restera’ invariata. Posso solo notare che lo spirito di appartenenza, sia che riguardi un partito o una classe o casta o ceto o squadra o chiesa, fa parte di un maschilismo deteriore che trova nel gregarismo identita’ e certezza, mentre le donne sembrano maggiormente immuni.
Si ha tuttavia l’impressione che le parrocchie, i club e le sezioni manifestino una certa minorita’ nell’immaginario sociale come luoghi formatori del consenso, mentre l’associazionismo non partitico avanza in onde crescenti di impegno civile e sociale, soprattutto tra i giovani. E’ proprio il modo partitico di chiedere adesione passiva in luogo di fervore di pensiero, di iniziativa personale e di partecipazione individuale, che sta uccidendo la democrazia nei luoghi dove essa e’ posta istituzionalmente. Per questo i partiti si svuotano progressivamente di carisma, ideali e adesione popolare.

E da questo punto di vista (passivita’ massificante contro operativita’ personale) che si gioca il valore della democrazia, nella destra come nella sinistra, indifferentemente.
Ed e’ su questo graduale svuotamento democratico che si misura il fallimento della sinistra contro la demagogia perversa della destra. Questo giustifica la permanenza abnorme di capi chiusi e totalitari, il loro circondarsi di cloni e cortigiani, la burocratizzazione dei partiti, la mancanza di programmi realmente innovativi e persino diversi tra destra e sinistra, il distacco progressivo dalla storia che essi credono di fare mentre ne perdono le coordinate, perfino l’isolamento internazionale dai grandi flussi sociali che unificano ormai i popoli nel mondo intero. Tutto boccia i partiti come centri chiusi e sterili di potere autonomo e alienato.
Il corpo sociale diventa in parte malato, in parte automatizzato, in parte assente, in parte separato. Il partito, in luogo di essere parte attiva del corpo dello stato, diventa un bubbone in cancrena che porta lo stato lentamente in rovina in un fiume logorroico di non parole, una torre di Babilonia che, mentre cerca di salire piu’ in alto, perde ogni senso di umanita’.

Il primo compito di un partito dovrebbe essere in parte riassumere le istanze popolari, in parte tradurle in programma di impegno e di lotta sociale, in parte guidarle ad una realizzazione evolutiva, ma questo compito oggi e’ dismesso. Fine di ogni leader e’ creare enclave di omologhi. La politica e’ una mappa di poteri che colloquiano tra loro diversificandosi solo sulle spartizioni dei beni.
E ora si parla addirittura di premierato forte, mentre lo svuotamento dei grandi organi dello stato aumenta la deriva totalitaria, nell’assenso o nel consenso o nell’indifferenza del centrosinistra. Non dobbiamo dimenticare che questo strano sistema bipolare che poteva portare solo all’arroganza del piu’ ricco, senza diminuire la frammentazione partitica ma anzi aumentandola, e’ stato propagandato dalla sinistra, non dimentichiamo che il suo unico scopo non era una migliore governabilita’ ma solo una piu’ acuta concentrazione di potere, che il controllo crescente dei media da parte di uno solo e’ stato voluto dalla sinistra e che il premierato che aumenterebbe ancora di piu’ un potere totalitario individuale senza bilanciamenti e correttivi istituzionali o mediatici e’ parimenti voluto dal presidente del maggiore dei partiti della sinistra.

In questa lotta verso il potere monocratico, con decadenza progressiva di tutte le garanzie democratiche, la sinistra non presenta, ahime’, nessun argine, anzi rema ed ha sempre remato a favore dell’unico capobarca finanziariamente compatibile. La bicamerale era iniqua come e’ iniquo il programma della P2 e in ambedue i ’desiderata’ degli Italiani non c’entrano, come i desiderata degli stati generali francesi non entravano nelle mire di Luigi XVI.
Mentre gli Italiani si trastullano in piccole opinioni e pettegolezzi di corridoio la democrazia frana inesorabilmente.
Nel frattempo le associazioni e i movimenti portano avanti un programma di lavori sociali totalmente sconnesso dalla politica ufficiale, muovendosi trasversalmente per obiettivi, difendendo cause, procedendo nel confronto, nel rifiuto di corpi direttivi standardizzanti e nel disprezzo della politica professionale. E’ in questo lavoro la vera democrazia, flusso vivo di vita da cui il corpo istituzionale sembra totalmente avulso, da destra come da sinistra.

Dal punto di vista individuale, la Rete ha molti vantaggi, perche’ abitua il soggetto a una maggiore iniziativa, partecipazione, immaginazione, volonta’, gli da’ un valore che non riposa sulla sicurezza di una mera appartenenza, o su un triviale vantaggio pecuniario, ma lo coinvolge nella formazione e attuazione di un progetto, lo autonomizza, sviluppando la sua creativita’ e il suo apporto personale per il bene sociale, acuendo il suo giudizio e liberandolo da succubanze gerarchiche. Che cos’e’ la democrazia se non questo? Diventare uomini in una strada di liberta’, crescere nel servizio per gli altri, trovando in se’ un’utile universale.
La rete sta sostanzialmente formando una nuova soggettivita’ etica che non ha niente a che fare con l’egoismo capitalista ma nemmeno col gregarismo corporativo dei partiti del centro-sinistra. E’ un modo nuovo di fare politica che non usa mai per se’ questa parola e la sostituisce con ’partecipazione’.

La parola ’politica’ e’ invecchiata e deviata, significa ormai ’cura dei propri interessi e poteri’, difesa dei propri privilegi, discussione sul mantenimento del proprio potere, modo per creare e mantenere il nuovo feudalesimo. Per questo la Rete non usa mai il termine ’politica’, divenuto ormai peggio che obsoleto, deprecabile, guarda con enorme diffidenza a quanti si chiedono come mai e perche’ la Rete non cerchi uno sbocco partitico e considera male quanti entrano nel circuito del potere, sapendo come esso corrompa tutti quelli che, entrando nel Palazzo, dimenticano da dove sono venuti, diventando cittadini solo del Palazzo e mirando solo al proprio mantenimento sempre piu’ parassitario ed egocentrato. La democrazia e’ scaduta in partitocrazia, ma di questa partitocrazia il popolo non ha bisogno.

La Rete sta creando altri circuiti di informazione e di formazione e questi rendono sempre piu’ inefficaci i messaggi manipolativi dei partiti, che sono come i proclami di Cecco Beppe per i nuovi mazziniani del mondo. Un nuovo soggetto critico sta crescendo e si sta sviluppando ed e’ nel suo programma di riforma del mondo che riposa il futuro, non piu’ nelle polverose stanze di comando. Soggettivita’ etica vuol dire che l’uomo sceglie ogni volta partendo da se stesso, nell’indipendenza e autonomia della propria coscienza come ’work in progress’, che assume una responsabilita’ che non si limita a una appartenenza o a un voto ma si traduce in fatti, che lo vede indipendente e libero, guidato da un desiderio di trasformazione che non somiglia nemmeno alla lontana al vituperato riformismo.

Il fattore sociale e’ importantissimo per realizzare l’obiettivo prescelto, sia perche’ e’ superiore al vantaggio del soggetto, sia perche’ il suo conseguimento richiede una concordia di sforzi, sia perche’ scansa paraventi, paraocchi, sostegni dall’alto e programmi comandati per far emergere un proprio giudizio autonomo, e perche’ sollecita un giudizio etico che riguarda sempre e solo l’uomo in se’ ma nel suo cammino storico collettivo. Individuale la coscienza, collettivi i fini, sociali i mezzi.
I media sono a servizio del feudalesimo dei partiti e continuano a proporre i giochi interni di questo mondo claustrofobico e autoreferenziato come se esso rispecchiasse il paese, attirando ipnoticamente le discussioni di molti cittadini come se essi discutessero di se stessi e non di altro da se’ e come se le decisioni che vengono prese ogni volta avessero a che fare con i loro reali bisogni e interessi e non fossero in realta’ pretestuali ai soli bisogni e interessi di una élite di privilegiati. L’imbroglio maggiore dell’immaginario politico e’ proprio questa falsa partecipazione, come se si potesse fare sport facendo il tifo per una squadra o si avesse la pancia piena guardando un altro mangiare.

La politica e’ uno specchio falsificante che ti da’ l’illusione di partecipare a un potere mentre ne sei totalmente deprivato.
Tra il vertice chiuso in se stesso e ambiguamente rappresentativo e la base che guarda con crescente sospetto lo scollamento della politica e la sua sordita’ istituzionale, ci sono gli enti locali, i piu’ vicini per compiti e funzioni alla base, e non a caso l’incontro tra esigenze del cittadino col potere avviene piu’ proficuamente qui, e qui si rivolgono le esigenze di cambiamenti profondi e si appuntano speranze concrete. Trovo dunque estremamente significativo che Cofferati, proprio dalla sua posizione di sindaco rivolga ai DS un richiamo di apertura maggiore dell’apparato partitico a strati piu’ ampi di popolazione, ma temo che anche questa volta il potere astratto e testardo difendera’ se stesso e la propria posizione insostenibile e ormai solipsistica, incapace di uscire dalla propria involuzione.

Per cui dubito che questo appello trovi ascolto sostanziale e non di facciata. Resta il fatto che il nuovo totalitarismo berlusconiano rendera’ di fatto inefficaci i poteri locali deprivandoli finanziariamente e il verticismo dalemiano continuera’ a ignorare le istanze sociali e popolari nella difesa di un potere che da’ pure segni vistosi di logoramento e di scollamento.
Scriveva un cittadino su un forum: "Possiamo e dobbiamo fare a meno di Berlusconi, non capisco perchè non si debba fare a meno di tanti vecchi arnesi della sinistra." Aggiungo: attacchiamo a ogni pie’ sospinto l’antidemocraticita’ di Berlusconi, non capisco perche’ non contestiamo apertamente l’antidemocraticita’ del centrosinistra. Non e’ vero che questi sono i politici e questi dobbiamo ternerceli. Gli unici politici siamo noi, non appena cessiamo di ubbidire e credere e cominciamo a pensare.