Home > Pensieri di sabato 11 settembre
Sveglia alle 8, anche di sabato. Mi ha svegliato un senso di angoscia e
di impotenza. Che dipenda dal famigerato anniversario dell’11 settembre?
No, non direi. Forse sì. Ma non in questi termini. Istintivamente mi
sono diretta verso la libreria e ho gettato lo sguardo sulla collezione
di Limes. Alla fine lo sguardo si è fissato su due numeri: uno di
febbraio 2002 “Guerra santa in terra santa”, Prossimo obiettivo Saddam;
e l’altro “L’Europa americana” marzo 2003.
E ho continuato a scavare nella memoria. Sono arrivata fino al lontano
1994, dieci anni fa, per trovare su articolo su Internazionale che
affermava:
“È evidente che Israele non ha interesse alla fine dell’embargo contro
l’Iraq, come non aveva interesse alla cessazione della guerra tra Iraq e
Iran. Ma al momento attuale vi sono altre ragioni, secondarie, per
mettere in circolazione voci su pretesi contatti tra l’Iraq e Israele:
la preoccupazione, nata in alcuni ambienti israeliani e che si riflette
sugli ambienti ebraici in America, sulle possibilità del futuro.
Israele, che ha realizzato grossi vantaggi nell’equilibrio geopolitico
dopo le ostilità contro l’Iraq e sfrutta questi vantaggi nella gestione
di quella che viene definita operazione di pace, nello stesso tempo sa,
in modo più articolato e intelligente rispetto all’amministrazione
americana, che i regimi arabi che hanno partecipato alle ostilità contro
l’Iraq, in maggioranza alleati americani che rappresentano
indirettamente un lato della sicurezza della forza israeliana attuale,
sono più deboli di prima della guerra, colpiti da pericolose crisi
economiche, sociali, politiche e di sicurezza”
Gli Usa sono stati la forza principale dietro l’embargo all’Iraq del
1990; per anni hanno guerreggiato contro il paese per indebolirlo.
Ma allora non è Bush in quanto Bush, sono gli Stati Uniti. O la
maggioranza dei membri del Congresso che questa volta ha sottovalutato
le reazioni della vecchia Europa, Blair a parte e per non parlare del
Berlusca-pagliaccio, rappresentante di un governo, il nostro, che
dovrebbe essere preso a calci in culo. Tutti, nessuno escluso! Di fronte
a una crisi che potrebbe scatenare una guerra ben più grave il nostro
governo ha messo davanti gli interessi particolaristici, mandando a quel
paese tutti i bei discorsi sull’unione dell’Europa, sui famosi Stati
Uniti d’Europa. Ha fatto prevalere l’idea di un’Europa dove la decisione
politica su questioni di portata mondiale resta comunque nelle mani dei
singoli governi. Ha lasciato Francia e Germania a fare la parte delle
“nemiche dell’America” (certo non che loro non abbiano un ritorno
economico).
L’America ha sottovalutato le reazioni della società civile e
dell’opinione pubblica, è vero. Ma a dire la verità se ne frega
dell’opinione pubblica del resto del mondo.
E noi? Noi cosa possiamo fare? Commemorare i morti americani dell’11
settembre è giusto. E gli altri? E i bimbi iracheni morti durante la
guerra? Come qualcuno mi ha fatto notare, dopo aver ricevuto un sms che
esortava a mettere una candela alla finestra per i bimbi morti in
Cecenia, e per i bimbi iracheni una candelina non l’accendiamo? Sono
forse diversi? È diverso morire in un attentato terroristico o per le
schegge di una bomba? E per tutti gli altri morti non piangiamo?