Home > Per l’unità del movimento
Un’assemblea politicamente importante, quella di Bologna. Importante e
difficile, appassionata e densa, anche, di contrasti: come dimostrano anche
le attenzioni della stampa, che questa volta ha seguito con attenzione ("non
neutrale") il dibattito. Un dato è per noi evidente: il movimento si è
arricchito della grande esperienza di Bombay e, in questo senso, dal punto
di vista dei suoi orizzonti e dei suoi ambiti di lavoro e di iniziativa, è
in crescita. Non è ancora tempo di dichiararne o conclamarne la crisi, come
vorrebbero gli avversari o gli antipatizzanti. E’ vero, invece, che la sua
rappresentanza politica vive una fase di sofferenza e di difficoltà. Che
derivano non solo da posizioni diverse, o da personalizzazioni dannose, ma
anche dal contesto politico e sociale generale.
Da questo punto di vista, a Bologna, nessuno ha processato nessuno. Sono
emerse invece, lungo la discussione, posizioni e valutazioni diverse, dalla
nonviolenza al rapporto con la politica, temi che meritano di essere
ulteriormente indagati. Del resto, l’assemblea è stata marcata dalla
presenza delle aree politicamente più militanti e "riconoscibili" come tali:
mancava cioè gran parte di quella "eccedenza" che ha rappresentato e
rappresenta una delle ricchezze reali del movimento insieme alla capacità di
ascolto e rispetto delle pluralità e delle differenze. Ciò ha contribuito a
rendere più spigolosa la discussione, dal rapporto con la politica alla
costruzione delle prossime scadenze - in primis il 20 marzo - alla
discussione sulle pratiche, a Genova, alla questione sociale. Terreni
indubbiamente reali ma percorsi anche da battaglie specifiche, cui non sono
estranei né i conflitti interni al Prc riagiti nel Movimento, né le stesse
le competizioni elettorali.
Separare queste specificità dal cuore della discussione è in parte
arbitrario, ma serve forse a semplificarne i termini. Del resto, le compagne
ed i compagni del Social Forum di Bologna avevano efficacemente prospettato
i temi in agenda, partendo della scadenza del 20 marzo e da una ricognizione
delle lotte in corso (da Scansano agli autoferrotranviari, alla scuola e
tanti altri). Questa impostazione, in parte contraddetta dal dibattito, non
è stata in realtà stravolta: da più parti si è ribadita la necessità di un
20 marzo grandissimo, così come il tema della riunificazione delle lotte,
del contributo specifico che a ciò può dare il Movimento e la relazione di
ciò con la politica, è stato riproposto come il terreno decisivo. Un filo
che non è stato stracciato ma che si è aggrovigliato.
Prendiamo il 20 marzo. Nessuno può negare come prioritaria l’esigenza di una
sua riuscita di massa. Né può essere ostativa la discussione sull’efficacia
dell’opposizione alla guerra, sulla spirale guerra-terrorismo, sulla stessa
categoria della nonviolenza. Noi abbiamo detto la nostra in forme
nient’affatto impositive o prescrittive, ma soltanto chiare. La nonviolenza
per noi è la strategia che si contrappone efficacemente alla guerra
permanente, alla spirale guerra-terrorismo come volontà di annichilire la
politica, al movimento e alla stessa democrazia. Posizione che è stata
capovolta da chi l’ha sciaguratamente usata contro Rifondazione Comunista
accusandoci di portare acqua alla criminalizzazione del Movimento.
All’opposto, proprio questa discussione è terreno indispensabile di una
ricerca strategica portatrice in sé di elementi unitari in quanto fondata
sulla pratica del confronto e del dialogo e di estensione delle tutele
giuridiche e democratiche per tutti, in quanto assume non solo in forma
radicale il terreno del garantismo ma considera il conflitto sociale pratica
fondativa della democrazia ed elemento indispensabile nella trasformazione
sociale.
Tutto ciò a partire da Genova, dove tutti hanno diritto ad essere difesi e
tutti hanno subito l’operazione repressiva che si è voluta tragicamente
costruire allora, e si vorrebbe reinverare con il processo. La tutela del
Movimento è anche tutela delle persone in carne ed ossa, della loro
agibilità contro il rischio di una carcerazione e criminalizzazione sempre
più ampia che va contrastata proponendo invece il terreno di un ampliamento
del diritto al conflitto e alle sue pratiche.
Analogamente alla questione sociale, la riunificazione e la qualità delle
lotte, il loro successo è semplicemente conculcato dal sovrapporsi della
politica e dall’esigenza dello "sbocco"? A me pare proprio di no. E’ vero,
invece, che il movimento stenta a praticare la sua contrapposizione al
liberismo con la stessa forza che ha contro la guerra. Non è solo il tema
della riunificazione delle lotte e delle pratiche che già per proprio conto,
anche se parzialmente, si realizza da Scansano a Civitavecchia. E’ la
necessità di irrompere sul terreno ormai esploso del conflitto, dalle
pensioni ai salari passando per il tema del precariato. Lo sciopero europeo
sulle pensioni riguarda o no il Movimento? E l’unificazione delle lotte
salariali come leva di contrasto alle politiche europee di Maastricht è
agito e come? E all’opposizione mondiale ed europea alle privatizzazioni,
che già c’è come si è visto a Cancun e in India, come tutti noi
contribuiamo? Sono questi temi impediti dall’incombere del quadro politico o
magari imposti dal Prc? E’ proprio il contrario.
Naturalmente il progetto del Prc può essere legittimamente contrastato: ma a
partire da ciò che esso è. Torniamo a ripeterlo: noi non vogliamo far
assediare il centro sinistra dal movimento, come qualcuno ha detto nel
dibattito. Noi agiamo una proposta politica ma stiamo del tutto nelle forme,
nelle modalità, nei tempi che il movimento si dà, perché noi non siamo altro
da esso nel mentre siamo in esso. E’ la stessa ragione per cui per noi
criminalizzare il movimento sarebbe come criminalizzare noi stessi. Abbiamo
già più volte dimostrato di aver rotto con ogni doppiezza e dunque chiediamo
di essere presi in parola con quel rispetto reciproco che è stata la base
della fortuna del Movimento.
In questi giorni si è vissuto un rischio reale, ancora tutto in campo,
quello della divisione del movimento. Noi questa divisione non la vogliamo e
la contrastiamo perché la radicalità, l’unità e l’autonomia del Movimento
sono da sempre la nostra bussola. Possiamo superare tutte le difficoltà se
sapremo tutti, nella chiarezza e nel rispetto reciproco, lavorare all’agenda
che da Bologna è stata lanciata.
Da Liberazione