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Perché Su Indymedia sono apparsi i messaggi pro-Liboni?

Publie le martedì 10 agosto 2004 par Open-Publishing
1 commento

Dazibao


Per costruire l’altro mondo possibile occorre la nonviolenza

di Alessio Di
Florio
(Rete Lilliput - PeaceLink - Libera)

Liboni ha trovato incredibili appoggi. In nome della ribellione allo Stato
alcuni hanno inneggiano a lui.


Ormai tutti sanno chi è Liboni, l’uomo in fuga (e poi ucciso in un successivo
scontro a fuoco) dopo aver ucciso un carabiniere. Le cronache nere di questi
giorni si sono ampiamente soffermate su di lui. Quello che invece si sa poco è il
suo passato. E proprio un episodio del passato giovanile del "Lupo" gli ha dato
incredibili simpatie. Da giovane infatti Liboni aderì a movimenti di antagonismo
della sinistra italiana.

Quest’episodio è riemerso nei giorni scorsi su Indymedia. Dove sono apparsi i
messaggi a suo favore, definendolo un eroe della ribellione allo Stato, e alle
sue strutture.

Tutto sembra essere partito da un volantino di una associazione anarchica toscana, che rispolverando il passato del ricercato, gli ha espresso solidarietà. La notizia è giunta su Indymedia, dove alcuni hanno rilanciato la solidarietà per Liboni.

Per chi non lo sapesse Indymedia (la sigla sta per INDYpendent MEDIA) è un newswire aperto a tutti. Chiunque può scrivere e partecipare ai tanti dibattiti, che ogni giorno si trovano sul sito (raggiungibile da http://italy.indymedia.org ). Negli ultimi anni la novità mediatica rappresentata da Indy (come affettuosamente viene definita dai suoi sostenitori) ha rappresentato l’impulso per un nuovo modo di fare informazione, decentrato e dal basso. Quindi non è intenzione di questo articolo screditare o criminalizzarla, ma soltanto riportare un episodio, increscioso finché si vuole, ma che non intacca il newswire. Proprio questa modalità aperta fa sì che non esista censura su quello che viene scritto.

Così dopo i messaggi di esultanza dopo la tragedia spaziale, che non più tardi di un anno fa, avvenne alla Nasa, oggi il lato oscuro emerge colpisce ancora. Liboni ha ucciso un uomo. Ha messo a ferro e fuoco la capitale. Eppure c’è chi gli esprime solidarietà. Attaccando lo Stato, sempre e comunque. In alcuni luoghi ancora ci si indentifica in una lotta senza quartiere contro lo Stato, definendo compagno chiunque attacchi lo Stato e i suoi rappresentanti. Non importa chi fosse il carabiniere ucciso, non importa che lascia un figlio orfano (cosa cambia tra questo bambino e il figlio di Dax?), non importa che Liboni l’abbia ucciso a sangue freddo. Né tantomeno a qualcuno importa che quello di Liboni è un’assassinio, un crimine. Per alcuni è soltanto il "Lupo". Un compagno da difendere e omaggiare. In ossequio ad una subcultura di morte e odio.

E’ facile dire NO ALLA GUERRA, senza SE e senza MA. Ancor più facile è urlare "UN ALTRO MONDO E’ POSSIBILE". Ma questo altro mondo da cosa è formato per queste persone? Dalla guerra allo Stato senza se e senza ma? Ma non si era contro la guerra?

Se io mi mettessi su Indy a inneggiare alla repressione, mi mettessi ad esultare perché a Genova Carlo è morto, se io usassi i loro stessi termini nei confronti della morte di Dax cosa mi risponderebbero? Sicuramente sarei insultato e offeso. Probabilmente qualcuno mi chiederebbe il mio indirizzo di casa per venirmi a pestare. Nella migliore delle ipotesi sarei identificato come "servo dello Stato". Dimenticandosi che tra i "servi dello Stato" abbiamo avuto grandi uomini. Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Antonino Caponneto tanto per ricordarne alcuni. Anche le loro morti sono state fonte di gioia per questi "antagonisti"? Dimenticandosi che lo Stato lo si serve tramite pratiche di legalità che nulla hanno a che vedere con leggi ingiuste. Don Milani e don Mazzolari non hanno servito lo Stato meno di Dalla Chiesa ribellandosi a situazioni di ingiustizia. La legalità, la sua affermazione e difesa permette che non si scivoli verso la giungla, la legge del più forte. Impedisce che, con la violenza, si affermi l’oppressione di alcuni contro altri. E’ la vera garanzia di giustizia ed equità. Chi scatena guerre, chi calpesta i diritti umani, distrugge la legalità. Quella legalità che dovremmo ricostruire per poter affermare la giustizia e la Pace. Invece si preferisce, in nome di una ideologia antagonista confusa e violenta, inneggiare all’odio e alla morte.

Le Br sono nate e sono cresciute così. Uccidere un carabiniere è un vanto, mettere una bomba dimostrativa (vedi gli attentati a Banca Intesa di questi mesi) è uno strumento di lotta. Violenza contro violenza. Poi un giorno ci si alza e si decide di fare il salto di qualità. Di aumentare il tasso di violenza della guerra allo Stato. E le bombe non sono più dimostrative, le parole diventano fatti.

In Sicilia l’oppressione più grande da sempre viene dalla mafia. Che soprattutto negli anni settanta cercava di costruire un vero Stato alternativo a quello italiano. Allora anche loro erano compagni da appoggiare? Anche coloro che uccidono carabinieri e poliziotti ovunque lo sono? E’ semplice da capire dove questa logica porta. E’ una logica di morte, di odio, basata sulla violenza. E’ una guerra senza quartiere. Nella relazione semestrale di questi giorni si è detto che le Br si sono ridimensionate. Ma a quanto pare la loro logica e la loro sottocultura non è morta.

Per questo la società civile italiana deve avere ancora una volta la forza della ribellione morale nei confronti della violenza, da qualunque parte arrivi. Deve avere la forza di dire NO all’odio e alla voglia di sangue di gente che, nascondendosi dietro l’antagonismo, incita ad ammazzare e ad atti di violenza pura. La vita, qualunque vita è importante. Qualunque dolore è il nostro dolore. Questa è la lezione della nonviolenza. La compassione verso tutti gli esseri viventi.

Vorrei concludere con una frase, veramente emblematica, di Nella Ginatempo. All’indomani degli scontri del 4 ottobre disse "Che gioia far vedere il nostro amore per Firenze, il nostro amore per la pace, per la libertà dei popoli, per la giustizia. Ambasciatori di un altro mondo possibile. Che pena vedere alcuni di noi usare metodi simili a quelli dei nostri avversari! Pensiamo di usare come leva del nostro successo politico e mediatico la rabbia metropolitana dei ragazzetti di periferia? Dovrebbe farci paura quella distruttività, dovremmo saperla volgere in nuovo amore. Se non siamo capaci di produrre subito un messaggio di creatività saremo travolti".

Finché non riusciremo a capire questo, non potremo mai veramente costruire l’altro mondo possibile. E per farlo dobbiamo abbandonare chi ancora vuole essere strumento di odio e di violenza. Strumento di guerra.

http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_6301.html

Messaggi

  • Un tale esercizio per una banalità del genere......

    Tutto ciò che ha ruotato intorno alla vicenda di Liboni, in questi giorni, mi ha lasciato davvero ai confini dell’indifferenza.
    Sappiamo tutti che è agosto, come sappiamo tutti che, a prescindere da qualsiasi teorizzazione che si possa piazzare alle origini di questi fenomeni, che l’effereto delitto/assassinio estivo è un must che ci viene propinato ogni anno.
    Uno dei capolavori del genere, il delitto di Cogne, fa ancora cassetta a distanza di anni, e hanno anche appena riesumato anche il caso di Simonetta Cesaroni, il genere tira; particolarmente quando le notizie "vere" è meglio tenerle nascoste agli impressionabili, e poco attrezzati, cittadini. Curiosamente, però, il mondo ad agosto continua a produrre stragi e processi degenerativi immani, anche mentre parliamo di Liboni.

    Sappiamo anche che molti si appassionano alla cronaca nera, e gradiscono dire la loro senza tanto pensarci, su indy la tipica reazione-da-bar, non meditata ed istintuale, è favorita dalla velocità e dal facile accesso alla pubblicazione.
    Trattandosi di comunicazione ovviamente le opinioni più nette, o sconcertanti, sono destinate ad attirare l’attenzione e a provocare reazioni.
    Chi voglia alzare il livello dello scontro non ha che da esprimere opinioni estreme o controcorrente.
    Se avessi titolato questa risposta "Porco dio", avrei sicuramente avuto maggiore attenzione. Tutto ciò è ben noto agli utenti, e lo dovrebbe essere anche all’autore del messaggio, che pare aver superato decentemente almeno le superiori.

    Senza andare troppo oltre nella fenomenologia del postatore indyano (davvero molto varia), mi pare che la reprimenda qui sopra manchi il bersaglio.

    Affermare che i messaggi di giubilo per i morti di alcune categorie (poliziotti, americani o chissa’ chi....), ma anche di singoli, siano sintomo di una qualsiasi "cultura della violenza" ascrivibile ad un qualsiasi gruppo, mi pare una colossale forzatura.

    Spiegazioni diverse sono possibili, spiegazioni che a lume di naso, con la loro semplicità, si avvicinano di piu’al plausibile di quanto non faccia la lunga lettera lillipuziana.
    Dalla goliardia, alla maleducazione; da una rivalsa per disavventure proprie con le forze dell’ordine, alla rabbia di un ex; dall’astio metabolizzato di un curvaiolo, alle paturnie di un adolescente, fino ad iter complicatissimi o semplicissimi come il banalissimo "essere tifoso" di qualcosa, condizione che autorizza ogni purulenza verbale, assai diversa da una militanza meditata; possiamo tirare in ballo centinaia di "motivi scatenanti", e spesso appariranno più congruenti delle tesi esposte sopra.

    Per la questione dello Stato, invece, c’è anche uno sbaglio di prospettiva, c’è un salto logico che attribuisce a chi si pone contro un sistema, un governo, addirittura contro tendenze mondiali, la tensione verso la "distruzione dello stato", con il logico corollario di stignatizzare i portatori di distruzione e pretendere poi dagli stessi una immediata presentazione di una entità, o sistema, che lo sostituisca.

    Questo non è corretto.

    Si gioca sulla frequente manifestazione di ostilità e sfiducia verso le istituzioni, per illustrare i delusi come incendiari scriteriati.

    Ovviamente i delusi "altri" e non i delusi "propri", che invece spargono amore :)

    Questa sera, a proposito di Liboni, un carabiniere ha sottolineato che il carabiniere ucciso nelle marche era solo di pattuglia.
    Questo perchè lo stato (il governo) ancora non ha adeguato gli organici come promesso, la scure di Tremonti ha colpito duramente anche l’apparato di sicurezza.
    Bene, il carabiniere a ferragosto protesta contro lo stato (il governo) che lo lascia solo, ha parole dure verso lo stato.
    Cio’ fa di lui e dei suoi colleghi un simil-bolscevico?
    Un cultore dell’ideologia malefica che ci vuole lasciare senza stato?

    Credo di no.

    In sintesi, credo che il lillipuziano abbia una gran voglia di ribadire la SUA diversità da qualcosa che a naso non gli piace, che finge di non comprendere o sfugge davvero alle sue capacità, solo che per questo non c’era bisogno di tirare in ballo Liboni, e nemmeno Indy.

    Io amerei sentire i lillipuziani fare al punta su questioni più pregnanti, che sul profilo psicologico degli autori di qualche decina di post di Indy; chessò, sentire che dicono di Rutelli, di Fassino, di Bertinotti, vederli attivi anche su campagne come quella contro la procreazione assistita (più barbara ed idiota di Liboni sicuramente), o sui temi della protezione dei lavoratori, che sentirmi fare il cazziatone da nipotino delle Br da uno che evidentemente non ha di meglio da fare, e con questo caldo si incazza pure un pò a casaccio.

    Vorrei concludere con una frase, davvero amblematica, di Nella Ginatempo:
    "Che pena vedere alcuni di noi usare metodi simili a quelli dei nostri avversari! Pensiamo di usare come leva del nostro successo politico e mediatico la rabbia metropolitana dei ragazzetti di periferia? Dovrebbe farci paura quella distruttività, dovremmo saperla volgere in nuovo amore. Se non siamo capaci di produrre subito un messaggio di creatività saremo travolti"

    Non ti sei nemmeno accorto che la frase va benissimo anche per la tua lettera, un pò amore, di creatività, suvvia Alessio!

    abbiam voluto la bicicletta, non ci resta che pedalare.....