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Piazza Fontana tutti assolti

Publie le mercoledì 17 marzo 2004 par Open-Publishing

Ergastolo cancellato per Maggi, Zorzi e Rognoni. Ma, 35 anni dopo la strage di stato, c’è ancora la Cassazione

MILANO

Tre ergastoli cancellati e la madre di tutte le stragi torna a essere senza colpevoli. La sentenza al processo d’appello per Piazza Fontana - 12 dicembre 1969, 17 morti e 84 feriti - ribalta quella di primo grado, assolve per non aver commesso il fatto i tre ex ordinovisti neri Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi e Giancarlo Rognoni. I primi due, con la formula dubitativa del secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Il terzo, l’unico a rischiare effettivamente il carcere, con formula piena. Per Maggi, vecchio e malato, e per Zorzi, protetto dallo scudo giapponese, quello comminato in primo grado era comunque un ergastolo virtuale. Ma quel che importava in questo processo, il decimo di una lunga storia, non era mandare in galera qualche avanzo del neofascismo bombarolo. La posta in gioco era far corrispondere alla verità «storica» ormai acclarata - «strage di stato», compiuta da terroristi neri con la regia e la copertura dei servizi italiani e a stelle e strisce - quella giudiziaria. La sentenza di primo grado, pur fermandosi alla manovalanza, aveva avvicinato le due verità.

Quella pronunciata ieri dalla seconda corte d’assise d’appello, dopo una settimana di camera di consiglio, le allontana di nuovo. Perché le prove non sono sufficienti, sembra di capire dal dispositivo della sentenza, in attesa delle motivazione che la corte depositerà tra un mese. Una sentenza «sorprendente», dice calibrando la scelta dell’aggettivo l’avvocato Federico Sinicato, legale di parte civile dei familiari delle vittime della Banca dell’agricoltura. E infatti, aldilà dello sconforto dei parenti delle vittime che hanno fatto i capelli bianchi in attesa che giustizia sia fatta, la sentenza sorprende anche sotto il profilo «tecnico». Perché il dibattimento d’appello aveva aggiunto, e non tolto, qualcosa all’impianto accusatorio. Finalmente l’ex ordinovista mestrino Martino Siciliano, dopo ripetuti rovesciamenti di fronte, incastrato dai magistrati bresciani che indagano su Piazza della Loggia (28 maggio ’74, 8 morti e 100 feriti), aveva confermato in aula le accuse a Zorzi per la strage del 12 dicembre. In più aveva confermato d’aver scritto il memoriale che scagionava Zorzi dietro pagamento (200 milioni di lire) e in combutta con i difensori di Hagen Roi (per questo l’avvocato Pecorella, inquisito per favoreggiamento a Brescia, aveva dovuto rinunciare all’incarico).

Evidentemente la parola di Siciliano e di Carlo Digilio, l’altro collaboratore di giustizia, ai tempi «armiere» e fornitore di esplosivi dei neofasciti veneti, non è stata ritenuta sufficiente o attendibile dai giudici d’appello. Resta il ricorso in Cassazione. Lo annunciano sia il pg Laura Bertolé Viale sia la parte civile. E la suprema corte potrebbe annullare l’assoluzione, come è già successo per la strage alla questura di Milano, per la quale Maggi e altri ordinovisti veneti sono stati condannati all’ergastolo in primo gradi e assolti in appello. Quel processo, ha ordinato la cassazione, va rifatto. Anche quello di Piazza Fontana, dunque, potrebbe essere celebrato di nuovo.

Intanto, però, assolti e difensori cantano vittoria. Dalla sua casa alla Giudecca il dottor Maggi (inquisito con Zorzi anche per Piazza Loggia) si proclama «assolutamente innocente», definisce Digilio e Siciliano «disperati» manipolati dagli inquirenti, e spera che vengano «sbugiardati» anche negli altri processi. A Tokyo Zorzi (vedi articolo in questa pagina) comprende «l’amarezza» dei familiari delle vittime, ma poi picchia duro sull’ «ingordigia» del giudice istruttore Guido Salvini che «senza uno straccio di prove, ha manovrato pentiti per costruire un castello sbagliato». Per Benedetto Tusa, difensore di Rognoni, quella di ieri è «finalmente una sentenza senza paraocchi ideologici». Rognoni era il capo del gruppo La Fenice, il corrispettivo milanese di Ordine nuovo. Era accusato d’aver fornito «supporto logistico» a Zorzi venuto a Milano su mandato di Maggi per realizzare la strage di Piazza Fontana.

Secondo la sentenza di primo grado non era certo che a depositare la bomba alla Banca dell’agricoltura fosse stato Zorzi, ma era provato che era stato lui a trasportare a Milano l’esplosivo a bordo dell’auto di Maggi. Il professor Pecorella (Forza Italia) lamenta le «aggressioni» politiche subite per il doppio ruolo di difensore di Zorzi e di presidente della commissione giustizia. Batte il tasto delle aggressioni anche Carlo Taormina (sempre Forza Italia), in primo grado difensore di Maggi. «Quando dissi che la sentenza per Piazza Fontana era stata scritta con la penna rossa fui costretto a dimettermi da sottosegretario agli interni». Il tempo, aggiunge Taormina, «mi ha dato ragione». Oltre che con la penna rossa, quella sentenza era scritta «con il pennino spuntato». Non c’è il due senza il tre: Enzo Fragalà (An), difensore di Rognoni, accusa Salvini d’aver imbastito «un processo-mostro, senza prove né fatti».

Pochi i parenti delle vittime in aula alla lettura della sentenza. «Le bombe continuano a far male ai vivi», dice sconfortata una signora.

Il Manifesto