Home > Pisanu in fuga dal processo Diaz
Superpoliziotti in aula, l’avvocato dello stato chiederà l’esclusione del Viminale dal processo
Il blitz, 21 luglio 2001 Ventotto funzionari e capisquadra della polizia sono alla sbarra per le prove false e le violenze nel dormitorio no global
di ALESSANDRO MANTOVANI
Il Viminale vuole uscire dal processo Diaz. Il ministro dell’interno Giuseppe Pisanu, sembra di capire, abbandona al loro destino (processuale) i ventotto funzionari e capisquadra della polizia accusati a vario titolo per l’ultima drammatica sequenza del G8 genovese di tre anni fa.
L’assalto notturno alla scuola-dormitorio, le violenze sui no global e le prove false (molotov e altro) fabbricate per arrestarne 93, in seguito scagionati da ogni accusa. Questa mattina, al tribunale di Genova, riprende l’udienza preliminare, interrotta durante la pausa estiva. Per la prima volta sarà presente in aula il ministero dell’interno, rappresentato dall’avvocatura dello stato.
Il Viminale è il responsabile civile, chiamato in causa dai legali degli attivisti riempiti di botte alla Diaz per il risarcimento dei danni. E l’avvocato dello stato, secondo informazioni che siamo in grado di anticipare, chiederà l’esclusione del ministero dal processo.
L’avvocato sosterrà che gli atti compiuti alla Diaz andavano al di là del «rapporto organico» che lega i singoli poliziotti all’amministrazione, come dire che i fatti di quella sera non rientravano in alcun modo nelle attribuzioni istituzionali della polizia di stato. Non è certo cosa di poco conto se si considera che alla sbarra per la Diaz sono finiti gli attuali direttori dell’antiterrorismo (ex Ucigos) Gratteri e Luperi, i capi delle squadre mobili e delle digos di varie città come Ferri e Mortola, l’ex responsabili del reparto mobile romano Canterini, ormai vicinissimo alla nomina a questore.
Ci sono varie ragioni per comportarsi così, da parte del Viminale. La corte dei conti impone alle amministrazioni pubbliche, come i ministeri, criteri di economicità gestionale: un principio elementare è quello di evitare, se possibile, di pagare ingenti risarcimenti. Per le parti civili, infatti, si allontanerà la prospettiva di un risarcimento ragionevole dei danni, che a questo punto saranno tutti a carico dei funzionari eventualmente condannati, sempre che la prescrizione non faccia in tempo a cancellare i reati (a seconda dei casi, falso, calunnia e lesioni personali in concorso).
Ma non è affatto detto che il Viminale riesca nella fuga, ad opporsi potrebbero essere tanto gli avvocati dei poliziotti quanto i legali di parte civile. E la giurisprudenza, spiegano gli esperti, è piuttosto restrittiva: il ministero è uscito facilmente dal processo ai poliziotti-killer della Uno bianca, può svignarsela nel caso di un furto commesso da un dipendente fuori servizio ma ben difficilmente realizza l’impresa quando il reato è commesso nell’ambito di attività istituzionale, come una perquisizione.
Quali che siano le giustificazioni tecniche, è difficile non interpretare una simile decisione del Viminale come la scelta di abbandonare i poliziotti-imputati. Anche il sindaco di Genova Giuseppe Pericu (Ds), quando ha deciso di costituirsi parte civile contro i 26 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio per i disordini del G8, si è giustificato con motivazioni tecnico-giuridiche, nascondendosi dietro la corte dei conti e negando qualunque valenza politica alla sua scelta.
Rimane del tutto legittimo, però, leggere quell’atto come un aperto sostegno alla pubblica accusa, che contro alcuni no global potrebbe richiedere pene superiori ai dieci anni. Non a caso Rifondazione comunista è uscita dalla giunta Pericu in polemica con quell’iniziativa processuale. Che non era affatto dovuta, tant’è vero che il tribunale ha respinto la richiesta del Comune dichiarandola «inammissibile».
Dallo staff del ministro Pisanu nessuno fornisce «interpretazioni autentiche» di quanto avverrà, probabilmente, questa mattina. Ma se davvero il ministro sta prendendo le distanze dai poliziotti eccellenti del processo Diaz, allora di fatto le prenderebbe anche nei confronti del capo della polizia, Gianni De Gennaro. Che invece, da tre anni a questa parte, ha sempre difeso a spada tratta tutti gli imputati, alcuni dei quali sono molto vicini a lui. La recente ammissione di Canterini al corso che sfornerà tra un anno quattro nuovi questori, ha confermato che il fronte dei poliziotti non si rompe. Nemmeno nell’anello che sembrava più debole e, forse, più «sacrificabile».