Home > Porter J. Goss, l’uomo del presidente
di Tito Gandini
Porter Johnston Goss, presidente del comitato per i servizi segreti della Casa Bianca, l’House Permanent Select Committee on Intelligence (HPSCI), è stato nominato il 10 agosto dal presidente George Bush alla guida della CIA. Il giorno dopo il NY Times definiva la nomina "elettorale": Nato il 26.11.1938 nel Connecticut, si laurea alla Yale University in greco antico nel 1960 e si arruola dapprima nell’esercito, poi nella Central Intelligence Agency, per conto della quale opera direttamente nelle zone più calde dell’epoca, l’America Latina e l’Europa dell’Est. Per determinare il periodo storico, basti ricordare che gli USA invadono la repubblica domenicana nel 1962. Nel 1970 durante un viaggio da Londra, dove all’epoca risiede, a Washington, Goss ha un collasso nella sua camera d’albergo, soffre di una misteriosa infezione del sangue.
Lascia l’incarico nel 1971, la circostanza tuttavia rimane poco chiara, sembra che il suo passaggio lasci sistematicamente tracce. Nel 2002 rilascia un’intervista al Washington Post in cui afferma di avere "trattato barche piccole" cosa che ha portato "a momenti molto interessanti nello stretto della Florida". Ad ogni modo per rimettersi dalla malattia, il multimiliardario si trasferisce in Florida, a Sanibel, dove nel 1974 viene eletto sindaco. Sanibel è una piccola località, principalmente abitata da ex agenti della Cia, dove fonda l’Herald Tribune of Southwestern Florida, che dirige per qualche anno e che rivenderà con notevole guadagno. Giornale cui ancora oggi rilascia le interviste più importanti della sua vita politica.
Porter Goss è da sedici anni un deputato repubblicano ed è diventato il "go to man" di qualunque problema di intelligence. È stato eletto per la prima volta nel 1988 con una maggioranza talmente evidente da inibire qualunque concorrente nel 1990. Successo che verrà costantemente ribadito nel tempo, nel 1992 vince l’onoreficenza come "personaggio più votato dei repubblicani".
Raggiunge il comitato sull’intelligence nel 1995 e in quest’incarico rientra anche nella commissione per il controspionaggio e analisi. Nel 1998 è vicepresidente di una commissione bipartisan temporanea per l’analisi delle preoccupazioni militari e commerciali nutrite nei confronti della Cina, nello stesso anno fa parte della commissione "War on Drugs" che determinerà la politica americana in Colombia e in tutta l’America Latina.
Ora e questo è fondamentale, Goss presiede insieme al democratico Bob Graham, la commissione d’indagine sull’11 settembre. Goss non si contraddistingue per una particolare vivacità legislativa, resta nell’ombra, appoggia di volta in volta quel che gli pare opportuno, in maniera abbastanza indipendente per esempio appoggeerà il protocollo di Kyoto. È un uomo d’ombra, non cerca interviste, non espone ai media i contatti che certamente ha, nel 1988, all’inizio della sua attività parlamentare, chiede e ottiene dalla CIA il permesso di svelare il fatto di essere stato alle dipendenze dell’agenzia, ma non aggiungerà mai altro "sono stato in posti interessanti, in momenti assurdi", risponderà a domande più precise su quel periodo.
Oggi siamo in campagna elettorale, Condoleeza Rice terrorizza gli elettori rilasciando fino a 7 interviste al giorno sulla sola CNN per annunciare la minaccia terrorista e comunicare che il Governo sta "tentando di fare qualcosa nel periodo preelettorale, per neutralizzare le minacce provenienti da molteplici indizi." Qualche giorno dopo si scoprirà che gli indizi sono vecchi di cinque anni, ma che i terroristi sono sempre "molto attivi". Bisogna avere pazienza, l’amministrazione Bush ricomincia a mostrare iniziativa dopo due mesi dominati dallo scandalo delle torture di Abu Ghraib, Fahrenheit 9/11 e le conclusioni della commissione d’indagine (e sopratutto dei giornali) sui perchè dell’11 settembre.
Tutti ganci da ko, in qualche maniera bisogna reagire, sia pure con qualche colpo a vuoto come quello dell’allarme terrorista (comunque giustificato) e soprattutto mettendo a segno il grande colpo Porter Goss. La carrellata di incarichi confidenziali che Goss ha inanellato in carriera testimonia la sua assoluta affidabilità politica. Goss non è un grande leader, un burocrate piuttosto, esegue non teorizza. Nixon è il presidente più prossimo alla mentalità di Bush jr, più di quanto non sia stato il padre.
Quando Nixon arrivò al potere nominò a capo della CIA James Schlesinger che subito dichiarò: "Sono qui per evitare che freghiate Nixon!", specificando che invece di riportare al segretario di Stato Kissinger, avrebbe riportato direttamente a Bob Haldeman, l’amico intimo di Nixon. Malgrado Goss, sia senza dubbio più discreto, la scelta del personaggio è eminentemente politica ed arriva nell’unico momento in cui i democratici sono costretti a fare buon viso a cattivo gioco: La campagna elettorale.
Di solito infatti quella del capo della Cia è una scelta bipartisan, soprattutto per un dato oggettivo, il capo dello spionaggio è incaricato di dire al presidente di turno le cose come stanno e non come il presidente si auguri che stiano in funzione delle contingenti situazioni politiche. L’unico precedente di un capo della Cia scelto tra i parlamentari di una parte è rappresentato (sic) da Bush padre, che nel Novembre 1975 viene nominato in tale incarico da Gerald Ford. Goss invece rappresenta l’esatto opposto, un personaggio sguinzagliato a rincorrere Kerry in ogni sua affermazione di politica estera e a giudicarla "naif", che ha sempre difeso il ruolo della Cia, tranne che negli ultimi tempi, quando ha trascinato il suo predecessore dimissionario George Tenet in una discussione sbalorditiva per le dimensioni assunte, tanto da spingere il pur riservato Tenet a scrivere e pubblicare una lunga e rabbiosa nota di difesa del proprio operato indirizzata a Goss.
Insomma tanto per riferirsi ad eventi reali, se tra un anno, vinte le presidenziali Cheney pretenderà di dimostrare che l’Iran abbia comprato Uranio dalla Nigeria, Goss come Tenet in passato, farà di tutto per procurarsi le prove, vere o false che siano. Quello che interessa in questo momento è però che malgrado le reazioni a caldo siano state virulente, i democratici non possono permettersi di non votare Goss a settembre, quando il senato dovrà esprimersi. Non possono perchè agli occhi degli elettori sarebbe incosciente, a causa di una querelle politica, lasciare scoperto il posto simbolo della lotta americana nel mondo dal secondo dopoguerra ad oggi. E questo malgrado concretamente Goss, fino a dopo le elezioni potrà fare ben poco. Non sapendo infatti se la sua autorità verrà confermata nessuno dei suoi ordini, per perentorio che sia, verrà eseguito prima di sapere se il suo sponsor Bush vincerà le elezioni.
La mossa dei repubblicani però è vincente comunque: hanno nominato un personaggio che dopo le elezioni, non avrebbe mai potuto essere votato. Senza la preoccupazione del voto infatti i democratici avrebbero costretto Bush a cambiare idea e scegliere qualcun altro. Bisogna poi anche tener presente, che se Bush non vincesse le elezioni, è tutt’altro che scontato che Kerry abbia l’immediata faccia tosta di procedere a sostituirlo, altri problemi lo preoccuperanno all’inizio, e sicuramente almeno per un anno i neocons avranno un loro uomo sul ponte di comando. Fatto questo che apre negli elettori una consapevolezza nuova: Se Kerry vince le elezioni, prima che la sua politica, buona o cattiva che sia, possa essere messa in pratica, che tutti gli uomini possano essere sostituiti, prima che le alleanze, a torto o a ragione distrutte da Bush, possano essere ripristinite, che ne sarà dell’America? E se quei mesi fossero cruciali per consentire un attacco?
Di fatto però l’elezione di Goss fa tramontare ogni credibilità internazionale della CIA, se non altro a livello politico. In tre mesi la CIA di Bush è diventato l’immondezzaio politico di ogni bega: Responsabile di ogni lacuna investigativa nel pre-11 settembre, responsabile di avere dato al pesidente false informazioni sia sul coinvolgimento dell’Irak nell’organizzazione degli attacchi alle Torri Gemelle, che sulla natura dei contatti tra Saddam e Osama Bin Laden. Oltre ad aver raccolto informazioni fasulle sui proggrammi di armamento di Saddam, la Cia passa anche per essere stata responsabile della troppa credibilità concessa ad Ahmed Chalabi, il decaduto uomo neocons in Irak e quindi di tutto il fallimento della gestione della situazione irachena.
Insomma per qualunque cosa sia successa in politica estera negli ultimi tre anni, la Casa Bianca accusa la Cia. Ora supponiamo che, vinte le elezioni, Bush rivolga il proprio arsenale bellico contro l’Iran e che la CIA pubblichi un rapporto sulle transazioni internazionali di tecnologia bellica nucleare con la Corea del Nord, chi potrebbe credere ancora alla CIA di Porter Goss? Ed è per questo motivo che Stansfield Turner, predecessore di Goss alla guida della Cia, ai tempi di Jimmy Carter, ha detto che il giorno dell’elezione di Goss "sarà un brutto giorno per la CIA", per quanto poi soggiunga "Goss è stato solo scelto per vincere voti in Florida."
Considerazione certo non fuoriluogo, ma non ai vertici delle valutazioni politiche di Cheney nella scelta di Goss. A conferma di queste tesi, basti considerare tre fatti: 1) Il nuovo libro di Bob Woodward, Plan of Attack, sulla questione irachena, ampiamente sponsorizzato dalla Casa Bianca, assolve completamente George Bush da qualunque cosa gli possa essere imputata nella gestione delle informazioni che la Cia invece ha avuto la responsabilità di ricercare, verificare e fornirgli. 2) Quando si profilò l’ipotesi di istituire una commissione d’inchiesta sull’11 settembre, Cheney era contrario, tanto da "avvertire" che se il Congresso avesse davvero dato vita ad una simile commissione, i responsabili si sarebbero rifiutati di testimoniare.
Tuttavia quando la stampa e l’opinione pubblica in maniera sempre più insistente incominciarono a reclamarne l’istituzione, Cheney si convinse che si trattava del male minore, soprattutto perchè avrebbe potuto contare su Goss. E Porter Goss non lo deluse: la sua priorità era quella di fornire protezione politica incondizionata alla Casa Bianca, tanto che la Cia e la Casa Bianca poterono permettersi di vietare alla commissione di rendere noto di quali informazioni abbia avuto a disposizione Bush prima che gli attacchi avessero luogo. 3) Le conclusioni della commissione d’inchiesta sull’11 settembre, che attribuivano molte colpe a Bush, vengono "annacquate" mettendo in risalto invece le responsabilità della Cia, tanto da far sparire completamente l’esistenza di un meeting, in data 6 agosto 2001, che avrebbe trattato il lungimirante argomento "Bin Laden determined to strike in US" (Bin Laden determinato a colpire negli USA) e questo malgrado la stampa ne avesse già parlato. Cosa che tra l’altro provocherà la feroce indignazione dell’associazione dei parenti delle vittime. Non si sa se per togliersi la pressione di dosso o sinceramente, comunque da due anni a questa parte Goss è sempre seriamente intenzionato ad andare in pensione.
Due anni fa sembra che Cheney abbia detto a Goss alla fine di un meeting in cui aveva annunciato l’intenzione di ritirarsi: "Non così in fretta, ho l’istruzione di non farti uscire da questa stanza prima di averti fatto cambiare idea." Comunque siano andate le cose è certamente prevedendo un veloce pensionamento che Goss, intervistato da Moore per Fahrenheit 9/11, si lascia individuare come uno dei principali artefici della seconda tranche del Patriot Act e in una confessione poi non finita nel montaggio del film, ammette di non coltivare alcun’ambizione per un ruolo istituzionale all’interno della Cia non avendo sufficenti capacità linguistiche (non parla l’arabo) e informatiche.
In questi mesi le critiche di Goss nei confronti della Cia sono state tantissime, la più consistente però sembra essere quella che anche molti insider le hanno pubblicamente mosso, ovvero quella di avere una certo "timore del fuoco." Sembra che gli agenti scansino il terreno, preferendo mandarci informatori e agenzie private, raccogliendo sempre notizie di seconda mano, impossibili da verificare oppure confidando nell’analisi tecnologica, nella ricerca d’ufficio tra le milioni di mail analizzate quotidianamente, ricostruendo percorsi a tavolino e senza verificarli nella realtà.
Questa accusa è stata indirettamente confermata nel discorso pronunciato da Bush al momento dell’investitura di Goss, quando ha fatto notare che è soprattutto sul piano umano che si aspetta un miglioramento del lavoro. Inevitabilmente il personaggio Goss emerge quindi come agente vecchia maniera, a suo agio nella Cia degli anni sessanta e come teorico di un ritorno a quei metodi, sia da un punto di vista pratico e di contatto con il terreno, sia da un punto meramente legislativo con il Patriot Act. Caratteristiche queste che si nutrono e nutrono a loro volta la percezione di pericolo permanente che Condoleeza Rice vuole instillare negli elettori per convincerli a votare di nuovo un Bush concentratissimo a combattere il nemico.
È abbastanza evidente quindi che l’elezione di Porter Goss vada anche in un’altra inconfessabile direzione. Se è vero che la Casa Bianca ha a sua disposizione, elementi gravi per ritenere possibile un attacco durante il periodo elettorale, tanto gravi da farle considerare l’ipotesi di posticipare le elezioni, serve un qualcuno che questi elementi li verifichi, ovvero un responsabile pronto eventualmente, una volta vinte le elezioni "posticipate" e scoppiato un eventuale scandalo sull’ennesima valutazione errata di elementi inesatti, a farsi silurare senza troppi complimenti. Per tutte queste fasi, la raccolta di inidizi, l’avallo tecnico della validità degli stessi, la gestione dello scandalo eventuale e il relativo siluramento, Porter Goss è il personaggio ideale.
Naturalmente queste sono illazioni assolutamente inverificabili, di fatto per ora si sa soltanto che gli indizi sembrano esserci e che un posticipo delle elezioni presidenziali americane sia un’eventualità presa in considerazione dalla Casa Bianca: La CNN in un recente sondaggio domandava: "Should the United States postpone the election in the event of a terrorist attack?" (In caso di attacco terroristico gli Stati Uniti dovrebbero spostare le elezioni?). Occorre comunque ricordare che ci si muove su di un terreno i cui due paletti estremi sono il Presidente e l’opinione pubblica: Il presidente farà solo quello che l’opinione pubblica gli consentirà di fare. Ma gli elementi che consentono all’opinione pubblica di esprimere un giudizio sono (ancora una volta) informazioni che Porter Goss avrà grandi possibilità di influenzare. La cosa si deciderà sul filo del rasoio: se i sondaggi non daranno esiti migliori ai primi di novembre, la tentazione sarà forte.
Per completare il profilo della situazione occorre ricordare un ultimo avvenimento. La mattina dell’11 settembre 2001 Bob Graham e Porter Goss, i due presidenti della stessa commissione d’indagine bipartisan, che si occuperà di indagare sulle responsabilità degli eventi, si trovano ad una colazione di lavoro con il generale Ahmad, che secondo l’FBI è il presunto finanziatore degli attentatori e insieme all’ambasciatore Pakistano, nella continuazione di un primo incontro avvenuto in Pakistan venti giorni prima.
Durante i lavori della commissione d’inchiesta sembra che i contatti intrattenuti con i servizi segreti pakistani siano stati volutamente trascurati. Per quanto le accuse siano piuttosto precise, la fonte è pur sempre l’FBI ovvero la principale sorgente di accuse nella storia della Cia. Tanto basti però a determinare l’incontrovertibile esistenza di un canale diretto di comunicazione e mercanteggiamento tra democratici e repubblicani all’interno della commissione d’inchiesta e che la parte dichiaratamente prone ai voleri del presidente è: Porter Goss. È impossibile non immaginare che ogni conclusione della commissione non sia stata formulata con il bilancino, in estenuanti contrattazioni fra le parti, che la rivelazione o meno di verità non sia dipesa che dall’abilità politica di consentire o non consentire alla loro pubblicazione.
La nomina di Goss infrange quindi altri due taciti accordi. Il primo è quello preso con i democratici per una gestione silenziosa delle indagini. Certo potrebbe essere dovuto alle loro capacità professionali il fatto che proprio Porter Goss e Bob Graham, responsabili dell’intelligence prima dell’11 settembre, siano nominati a dirigere le operazioni di indagine sul loro stesso operato, il conflitto di interessi permane e la sua oggettiva esistenza è giustificabile solo tramite un accordo preventivo tra le parti. Se l’accordo ha avuto luogo, di certo prevedeva che entrambi i contraenti si sarebbero impegnati a risolvere senza clamore ogni scoperta e a pubblicizzare con parsimonia sia il conflitto di interessi in questione, che il profilo della commissione e di certo in questo accordo non rientrava la nomina di Porter Goss a direttore della Cia.
Il secondo tacito accordo è interno al campo repubblicano e i contraenti sono i Neocons di Cheney e l’altra parte è "il resto". Il contenuto dell’accordo è lo stesso di quello stipulato con i democratici. I repubblicani però a questo punto sono uniti solo per le elezioni, ma subito dopo sembrano pronti ad esplodere: Almeno tre membri del team per la sicurezza nazionale di Bush, compreso il segretario Tom Ridge, hanno manifestato le loro perplessità per la nomina di Goss, affermando che una figura del genere al momento è solamente dannosa, Goss è troppo di parte per dirigere l’agenzia, non ha mai diretto un organismo così complesso e creerebbe un livello burocratico in più rispetto alla già consistente stratificazione.
In conclusione Bush con la nomina di Porter Goss, seppellisce definitivamente l’autorità internazionale della Cia. Crea i presupposti per coprirsi in situazioni di emergenza che lui stesso potrebbe dichiarare, come sarebbe quella di spostare le elezioni sotto la minaccia di imminenti attacchi terroristici. Mette con le spalle al muro i democratici che in campagna elettorale non possono permettersi di apparire come i contestatori politici dell’incarico chiave della lotta al terrorismo. Mette un suo uomo al comando della CIA assicurando, se non altro per i primi tempi dell’eventuale madato a Kerry, una continuità alla propria politica.
Oppure, nel caso di vittoria, Bush si prepara a continuare la sua politica di sempre: USA contro tutti, togliendosi tutta la credibilità per convincere nuovi partner per nuove imprese. Il meccanismo non è nuovo ed è già stato sperimentato con la Nato, che ora fatica persino a trovare un accordo per formare la polizia irachena. Il presidente Bush non ha imparato.
Tito Gandini
t.gandini@reporterassociati.org
http://www.reporterassociati.org/index.php?option=news&task=viewarticle&sid=3229