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Poveri noi

Publie le sabato 16 ottobre 2004 par Open-Publishing

Dazibao

di GUGLIELMO RAGOZZINO

I poveri non hanno mai contato molto nel nostro paese. Adesso non li contano più neanche. Infatti sono stati esclusi - due categorie su tre - dalle statistiche. L’Istat (istituto nazionale di statistica) ha fornito ieri, come per il passato, i dati sulla povertà relativa . Si tratta di un gruppo importante di persone che si aggirerebbero intorno ai 7 milioni; poco meno di una persona su otto, calcolando i 57 milioni di nostri concittadini.

Di questa malattia - la povertà - che colpisce in forma piena, o in forma attenuata, o è temibile per i comportamenti a rischio, con i quali si arriva a 10 milioni, si parla ampiamente e con necessaria precisione nel manifesto a pagina 3. Noi diremo solo, e in modo molto grossolano, che sono povere per le statistiche - relativamente povere -, le persone che consumano meno della metà di quanto consumi in media una persona italiana. Come ovvio, il consumo medio viene abbassato dalla presenza dei sette milioni di consumatori assenteisti; quelli insomma che la pubblicità televisiva pro consumo indica al pubblico dileggio. Se si potesse abolirli questi sette milioni di poveri il consumo medio nazionale sarebbe ben più alto e degno della sesta potenza industriale.

Questi sottoconsumatori sono stati rimproverati, dal presidente Cordero e dal governatore Fazio nelle audizioni parlamentari sulla finanziaria. Per il presidente degli industriali, i poveri sono la palla al piede della nazione. Essi non sanno fare impresa, non sono competitivi, almeno non secondo le preferenze di Confindustria e consumano troppo poco. Per il presidente della Fiat, è assai raro che essi comprino automobili, tanto meno italiane (o italo-polacche). Per il presidente della Ferrari, non parliamone neanche: è davvero tempo perso.

Il governatore è preoccupato per un deficit fuori controllo e avviato al 6%. Urgono correttivi che incideranno sulla spesa sanitaria e quella pensionistica. Al disotto della linea della povertà, i sette milioni di nostri concittadini ne soffriranno, soprattutto gli anziani: 17 famiglie ogni cento di quelle con due o più persone anziane, sono povere. Mentre il presidentissimo giustamente non si cura di loro, «ma guarda e passa», in cambio il governatore ne soffre e vorrebbe poter intervenire con il «capitalismo compassionevole» in salsa cattolica che lo anima. Ma i rigidi criteri del bilancio, e Maastricht, e il rigore e il risparmio in tutte le forme, hanno la meglio. E’ il fardello del banchiere. Oltre ai poveri catalogati e discussi dall’Istat, vi sono quelli appartenenti alle altre due categorie: quelle ignorate, escluse dalle statistiche. In primo luogo vi è un milione, forse due milioni di stranieri. Sono gli invisibili per definizione. Però lo studio è imperniatosulle «famiglie italiane». Cosa c’entrano gli altri? Cosa importa sapere quanto e cosa consumano? Certo consumano poco, altrimenti non verrebbero a dar fastidio a noi che abbiamo già tanti pensieri.

Infine vi sono le persone affette da povertà assoluta. Negli anni scorsi l’indagine dell’Istat offriva un’informazione. Nell’indagine Istat del 2003 (dati del 2002) sono povere in via assoluta le persone non in grado di acquistare un paniere di beni e servizi considerati essenziali. Per una persona singola, il paniere era di 383 euro. Per famiglie di due persone, 574 euro. Insomma, la povertà assoluta di un milione di persone era davvero una piaga che avrebbe dovuto spingere il governo a occuparsene subito. La scelta è stata un’altra, altrettanto drastica. La povertà assoluta è stata tolta di mezzo. La spiegazione indicata è l’impegno a riformulare il paniere della povertà «entro dieci anni», inserendo scuola e sanità. Quanto conteranno la scuola impossibile, le cure mancate per i poveri? Lo sapremo senza meno tra dieci anni. Una commissione di luminari è già al lavoro.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/14-Ottobre-2004/art6.html