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Grandi o piccoli, di destra o di sinistra, i giornali di ieri hanno scritto tutti la stessa cosa:
massacro orrendo stamane a Madrid, non siamo in grado di dirvi chi è stato, perché, dove si
nasconde. La notizia singolare è il fall out degli organi di informazione. I più ragionanti hanno potuto
aggiungere che se il governo spagnolo accusava l’Eta, quel che si sa da quarant’anni
dell’esistenza dell’Eta non somiglia affatto all’attentato alle stazioni di Atocha, El Pozo e Santa Eugenia. Il
che non poteva escludere che, l’Eta essendo assai divisa, una sua frazione abbia deciso di passare
dall’attentato al singolo politico al terrorismo vero e proprio, sparare nel mucchio dei cittadini
della capitale.
E per quanto riguarda la rivendicazione apparsa a tarda sera in un quotidiano in
lingua araba di Londra, osservare che ripeteva quel che Al Quaeda e altri fondamentalismi islamici
armati vanno dicendo dalla guerra del Golfo in poi: colpiremo gli Stati uniti e i loro alleati.
Dal che non si può dedurre con certezza che siano stati loro, perché appunto quel che è stato già
detto può essere ripetuto da altri a scopo di depistaggio.
Siamo dunque al buio, il che per i seminatori di terrore è già un risultato. Tre riflessioni si
possono però fare. La prima è il ritorno sulla scena politica del terrorismo in senso proprio, che
non mira a uccidere un uomo o un simbolo riconoscibile del potere come nei gruppi armati europei e
latinoamericani del Novecento, ma colpisce «la gente», popolo, considerato complice o subalterno
alle scelte del suo proprio governo. E’ stata una pratica della fine dell’Ottocento, in Russia e in
parte anche in Irlanda, e che è andata spegnendosi nel corso del ventesimo secolo. E’ una
regressione terribile della rivolta, che nel secolo scorso si è politicizzata, civilizzata, si è espressa
in soggetti visibili, che volevano essere riconosciuti, che fortemente argomentavano, e miravano a
coinvolgere le masse invece che a terrorizzarle. Il terrore vero e proprio era stato lasciato ai
mezzi della guerra. E questo richiama alla mente un’osservazione di Lucio Colletti, che già non era
più comunista, al cadere del comunismo: nel momento in cui viene meno una idea articolata di
riscatto dalla povertà e dall’umiliazione, dove si incanaleranno le pulsioni che covano nelle
contraddizioni della società e fra i popoli? E’ impossibile non fare qualche riflessione sulla
contemporaneità fra il crollo del muro di Berlino e il riemergere su vasta scala dell’ondata sanguinosa del
terrorismo.
Secondo: se si tratta di terrorismo islamico, questo non è certo espressione rozza ma popolare
dell’islam: si serve della reazione degli umiliati e offesi ma è una lotta per il potere fra i gruppi
dominanti della finanza, dei nazionalismi o delle religioni. Bin Laden ne è un evidente esempio.
E’ una vicenda arcaica con i mezzi tecnologici, comunicazione inclusa, della modernità.
Terzo: le politiche messe in atto dai governi occidentali di fronte a questa regressione non
potrebbero essere più stupide, sia quella dei governi spagnoli nei confronti dell’indipendentismo
basco, sia quella dell’Occidente nei confronti del Medio Oriente. La leadership borghese
antifranchista, dopo essersi servita dell’Eta per abbattere l’ammiraglio Carrero Blanco e con questo dare un
colpo fatale al franchismo, non poteva essere più stolidamente centralista, e proprio nei confronti
della sola regione della penisola iberica che aveva un reale fondamento di diversità culturale e
linguistica.
Perché non andare, appena caduto Franco, a una trattativa fra lo stato centrale e puntare poi,
soprattutto trattandosi di una regione economicamente sviluppata, a una sua rimessa in circolo
nazionale attraverso la produzione e i commerci? No, né Gonzales né Aznar hanno tentato nulla di simile,
proponendosi soltanto di reprimere l’Eta, e non sempre in forme legali, finché la spirale è
diventata sempre più sanguinaria. Lo stesso vale per gli Stati uniti nel Medio oriente. L’attentato
dell’11 settembre è stata una provocazione fortissima, largamente annunciata, non registrata per
arroganza, come per arroganza neppure si erano accorti di che cosa stesse calpestando l’Occidente nel
mettere piede in Medio Oriente e nel preparare pubblicamente l’attacco all’Iraq.
Gli Stati uniti
sono andati a invadere quel paese senza saperne nulla, convinti che la loro sola presenza lo avrebbe
ridotto alla ragione, schiacciando nel contempo un terrorismo internazionale che là non c’era. Non
hanno schiacciato nulla. Probabilmente il terrorismo si è andato estendendo e articolando. E sia
che si tratti di un gruppo, o di più gruppi, o perfino di un qualche stato - cosa finora
indimostrata - è sicuro che la sua possibilità di accesso a tecnologie raffinate non permette a nessuno di
contare sulla sola repressione per batterlo. Se la parola non torna alla politica, cioè alla
conoscenza dell’avversario, alle ragioni del suo procedere o involvere, di suoi possibili radicamenti, e
quindi al tentativo di separarlo dall’ascolto popolare e al negoziato, a una politica insomma, la
scia di sangue non finirà più. Questo soltanto si può dire con certezza, e i popoli europei
potrebbero con ragione chiederne conto a chi li governa.
MANIFESTO