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Ipotesi in fumo
di Nicola Nosengo
Come se le attuali previsioni sul cambiamento climatico non fossero già abbastanza
preoccupanti, nuovi studi arrivano a prospettare un quadro
ancora più fosco. È il caso di due ricerche pubblicate sull’ultimo numero di Science che mostrano
come anche fattori che finora si sperava potessero mitigare
il riscaldamento del pianeta non fanno in realtà che aumentarlo. Gli studi, basati su dati
raccolti in Amazzonia, sono stati guidati da Ilan Koren del
Nasa Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland, e da M.O. Andrae e colleghi del Max
Planck Institute di Chimica di Mainz, in Germania. Con
strumenti e metodologie diverse, dai dati satellitari alle rilevazioni chimico-fisiche effettuate
da aerei, entrambi i gruppi di ricerca si sono concentrati
sugli effetti atmosferici del fumo prodotto in Amazzonia dalla combustione di biomassa. Centinaia
di migliaia di fuochi, infatti, vengono accesi ogni anno
in quella regione durante la stagione secca, per deforestare o eliminare gli scarti
dell’agricoltura, con il risultato di coprire l’area di un denso fumo
nero.
La portata di questi risultati va molto oltre la scala locale. I processi di
combustione, siano i giganteschi falò amazzonici o gli insediamenti
industriali, producono grandi quantità di aerosol, o polveri fini. Finora gli studi che cercavano
di simulare gli effetti delle attività dell’essere umano
sul cambiamento climatico avevano considerato che queste emissioni, sebbene avessero un impatto
nefasto sulla salute umana, potessero contrastare l’effetto
serra e ridurre il riscaldamento globale. Secondo questa ipotesi, infatti, ad altitudini elevate
gli aerosol filtrerebbero la luce proveniente dal Sole,
limitando il riscaldamento della superficie del pianeta. Inoltre, favorirebbero la formazione
delle nuvole, altro schermo terrestre contro la radiazione
solare. Lo stesso inquinamento prodotto dalle attività umane, quindi, era considerato un fattore
mitigante degli effetti dei gas serra sul clima. Gli studi
su Science, però, sollevano dei dubbi sull’effettiva interazione degli aerosol con le nubi e con
la circolazione atmosferica.
L’Amazzonia offre praticamente l’unico scenario al mondo in cui studiare gli effetti
"netti" degli aerosol, la cui produzione non è qui associata
a quella di altri inquinanti di origine industriale. I risultati sono tutt’altro che confortanti.
Koren e colleghi, in particolare, hanno scoperto che
lo strato di polveri fini che si forma al di sopra dell’Amazzonia in conseguenza dei fuochi,
riducendo la quantità di luce solare che arriva sul terreno,
diminuisce anche l’apporto di acqua evaporata che dovrebbe "rifornire" le nuvole. Questo, insieme
al riscaldamento dello stesso strato di aerosol che assorbe
le radiazioni solari, impedisce la formazione di una particolare categoria di nuvole, le boundary
layer clouds. Meno nuvole significa, di nuovo, più luce
solare che arriva a terra, e l’effetto benefico degli aerosol è presto annullato.
"Il fumo di combustione anziché raffreddare il clima finisce per aumentare le
temperature", sostengono i ricercatori. "Questo meccanismo potrebbe
spiegare perché la Terra si è riscaldata nel corso dell’ultimo secolo, nonostante l’atteso effetto
benefico degli aerosol". Gli autori degli studi sottolineano
l’esigenza di inserire anche questo meccanismo nelle simulazioni attualmente usate per formulare
previsioni del cambiamento climatico globale. Il che potrebbe
rendere ancora più preoccupanti gli scenari previsti per i prossimi decenni.