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Ricordo del Golfo: il massacro dei soldati sull’Autostrada della Morte

Publie le martedì 10 agosto 2004 par Open-Publishing

Dazibao


di Joyce Chediac

26 e 27 febbraio 1991. Due autostrade del Kuwait vengono bombardate dall’esercito
americano. Le truppe irachene si stavano ritirando dal combattimento eseguendo
gli ordini di Baghdad, la guerra era finita e l’Iraq aveva accettato le risoluzioni
ONU. Attaccare i soldati che stavano tornando a casa è stato un crimine di guerra.
Perpetrato, volontariamente, dagli Stati Uniti


Voglio fornire la mia testimonianza sulle cosiddette "autostrade della morte".
Si tratta delle due autostrade del Kuwait, cosparse dei resti di 2.000 veicoli
iracheni distrutti, e dei corpi carbonizzati e smembrati di decine di migliaia
di soldati iracheni, in ritirata dal Kuwait il 26 e il 27 febbraio del 1991 in
conformità alla risoluzione ONU. Gli aerei americani intrappolarono i lunghi
convogli bloccando i veicoli davanti e dietro, congestionando così il traffico. "Era
come sparare a dei pesci in un acquario" afferma un pilota americano. L’orrore è ancora
là.

Secondo il quotidiano Time del 18 marzo 1991, sull’autostrada interna per Basra, ci sono chilometri e chilometri di veicoli bruciati, schiacciati e frantumati - cisterne, auto blindate, camion, auto, carri armati. Il Los Angeles Times del 11 marzo 1991 afferma che lungo i sessanta chilometri dell’autostrada costiera, le unità militari irachene riposano in uno stato macabro, scheletri di veicoli e uomini bruciati al sole, neri e disgustosi.

Mentre lungo la strada interna la gente è sopravvissuta ai bombardamenti, non andò così lungo i sessanta chilometri della strada costiera. Là, per sessanta chilometri, ogni veicolo è stato mitragliato o bombardato, ogni parabrezza frantumato, ogni serbatoio infiammato, ogni camion bucherellato da frammenti di proiettili. Non ci sono superstiti noti o riconoscibili. Gli abitacoli dei camion sono stati bombardati al punto da sprofondare nel terreno ed è impossibile notare se contengono o meno conducenti.

I parabrezza sono sciolti e i serbatoi ridotti a brandelli dai proiettili.
"Non ho mai visto una cosa del genere nemmeno in Vietnam. E’commovente" dice il Maggiore Bob Nugent, un ufficiale dell’esercito. Questa carneficina unilaterale, questo massacro razzista, era in corso mentre il portavoce americano Marlin Fitzwater prometteva che gli Usa e i partner della coalizione non avrebbero attaccato le forze irachene in fuga. Si tratta certamente di uno dei crimini di guerra più atroci della storia contemporanea.

Le truppe irachene non furono scortate fuori dal Kuwait da quelle americane, come sostiene l’amministrazione Bush. Non si stavano organizzando per colpire ancora. Stavano infatti scappando, eseguendo gli ordini di Baghdad, secondo la Risoluzione 660. Alle 17.35 (ora locale) la radio di Baghdad ha annunciato che il ministro degli esteri iracheno ha accettato la richiesta sovietica del cessate il fuoco imponendo alle truppe irachene di ritornare sulle posizioni assunte prima del 2 agosto 1990, in conformità con la risoluzione ONU 660. Il Presidente Bush ha immediatamente replicato dalla Casa Bianca (tramite il portavoce Marlin Fitzwater) "non c’è alcuna prova che l’esercito iracheno si stia ritirando. Infatti le unità irachene continuano a sparare. Noi portiamo avanti la guerra".

Il giorno successivo, il 26 febbraio 1991, Saddam Hussein annunciava alla radio di Baghdad che le truppe irachene avevano, invece, iniziato a lasciare il Kuwait e il ritiro si sarebbe concluso in giornata. E ancora Bush reagì definendo l’annuncio di Hussein un "oltraggio" e una "beffa crudele".
I testimoni kuwaitiani attestano che il ritiro iniziò nel pomeriggio del 26 febbraio 1991 e che la radio annunciò alle 2 (ora locale) di quella mattina che il governo aveva ordinato a tutte le truppe di ritirarsi.

Il massacro dei soldati iracheni che si stavano ritirano viola le Convenzioni di Ginevra del 1949 e l’articolo 3 che vieta l’uccisione di soldati fuori combattimento. La discussione ha per oggetto la pretesa dell’amministrazione Bush secondo cui le truppe irachene si stavano riorganizzando per riattaccare. Tale presunzione è stata l’unica via d’uscita per legalizzare il massacro agli occhi del diritto internazionale. In effetti, questa presunzione è falsa e non può che essere così.

Le truppe si stavano ritirando dal combattimento eseguendo gli ordini di Baghdad, la guerra era finita e l’Iraq aveva accettato le risoluzioni ONU. Attaccare i soldati che stavano tornando a casa è stato un crimine di guerra. L’Iraq accettò la Risoluzione 660 e si offrì di lasciare il Kuwait con la mediazione dei sovietici il 21 febbraio 1991. La dichiarazione di George Bush del 27 febbraio 1991, secondo la quale ai soldati iracheni non spettava nessuna caserma, viola persino l’U.S.Field Manual del 1956. La convenzione di Hague del 1907 sul controllo del territorio in guerra rende illegale tale dichiarazione. Il 26 febbraio 1991, il seguente dispaccio fu inviato sottocoperta dal U.S.S Ranger, con la firma di Randall Richard del Providence Journal:
"Oggi gli attacchi aerei contro le truppe irachene in ritiro dal Kuwait sono state cosi feroci che i piloti affermano di aver usato qualsiasi bomba a portata di mano. Gli equipaggi, eseguendo gli ordini di Lone Ranger, hanno rinunciato spesso all’uso dei missili perché impiegava troppo a caricarsi."

Il reporter del New York Times Maureen Dowd scrive:"Di fronte al leader iracheno sconfitto, il signor Bush decise che piuttosto che rischiare di ricorrere a un’ alternativa avrebbe scelto la strada violenta e potenzialmente impopolare: un insediamento imperfetto di sovietici e iracheni che l’opinione mondiale avrebbe tollerato". In sostanza, piuttosto che accettare l’offerta irachena di cedere e abbandonare il campo di battaglia, Bush e gli strateghi militari americani decisero semplicemente di uccidere il maggior numero possibile di iracheni. Un articolo su Newsweek su Norman Schwarzkopt, intitolato "Un soldato di coscienza" (11 Marzo 1991), sottolineava come prima della guerra il generale si preoccupasse solo di "quanto tempo il mondo sarebbe stato a guardare gli Stati Uniti colpire senza dire "Aspettate un attimo, quando è troppo è troppo". Lui (Scwartzkopf) fremeva per l’invio delle truppe di terra a compimento dell’opera".

Il pretesto dello sterminio di massa dei soldati iracheni era la realizzazione del desiderio americano di distruggere l’esercito iracheno. In realtà il piano era di evitare che i soldati iracheni si ritirassero. Persino prima dell’inizio della guerra in Iraq, Powell sottolineò che i soldati iracheni sapevano di essere stati inviati a morire in Kuwait. Rick Atkinson del Washington Post afferma che "il cappio è stato stretto"così bene tra le truppe irachene che "fuggire è impossibile" (27 febbraio 1991). Il risultato non è una guerra, ma un massacro.
Esistono, inoltre, prove che tra le persone uccise dai bombardamenti ci fossero anche civili palestinesi e iracheni. Secondo il Time del 18 marzo 1991, non furono colpiti solo veicoli militari, ma anche automobili, autobus e camion.

Spesso le auto trasportavano famiglie e tutti i loro averi. La stampa americana cercò di far apparire fino alla fine la scoperta di beni bruciati e bombardati come un saccheggio del Kuwait da parte delle truppe irachene. Gli attacchi ai civili sono specificatamente vietati dagli Accordi di Ginevra e dalle Convenzioni del 1977.
Come è potuto succedere? Il 26 febbraio 1991 l’Iraq annunciava di accettare la proposta sovietica e ritirarsi dal Kuwait. Secondo testimoni kuwaitiani ,citati dal Washinghton Post l’11 Marzo 1991, il ritiro iniziò dalle due autostrade e terminò in serata. Verso mezzanotte, iniziò il primo bombardamento.

Centinaia di iracheni saltarono fuori dalle auto e dai camion, alla ricerca della salvezza. I piloti americani utilizzarono ogni tipo di bomba a portata di mano. Potete immaginarle mentre cadono su una macchina o un camion? Le forze americane continuarono a lanciare bombe sui convogli finché non uccisero tutti. Furono lanciati così tanti jet sulla strada interna che si creò un ingorgo aereo e i controllori di volo temettero collisioni a mezz’aria.

Le vittime non opposero resistenza. Non furono spinti a rientrare in battaglia o a combatterne un’altra. Secondo un articolo del Washingthon Post dell’11 marzo 1991 intitolato "Gli Stati Uniti si affrettano a creare l’autostrada della morte", il governo americano cospirava e faceva di tutto per nascondere questo crimine di guerra alla nazione e al resto del mondo.Ciò che aveva fatto l’America divenne l’elemento centrale della campagna di pubbliche relazioni americana. La linea tradizionale era di usare convogli in "classiche battaglie a serbatoio", quasi a suggerire che le truppe irachene cercavano di difendersi o avevano la possibilità di farlo. La verità è che quello fu un massacro unilaterale di decine di migliaia di persone che non potevano difendersi o attaccare.

Il Washington Post sostiene che gli ufficiali senior e il Central Command americano a Riyad iniziavano a preoccuparsi del fatto che un pubblico sempre più crescente percepisse che le forze irachene stavano lasciando il Kuwait volontariamente e che i piloti americani stavano bombardando senza pietà. Così il governo americano, secondo il Post, minimizzò la prova che le truppe irachene stessero realmente abbandonando il Kuwait.

I comandanti americani trasmisero ai media un quadretto poco preciso dell’evoluzione dei fatti. L’idea era quella di rappresentare la ritirata irachena come una sconfitta resa necessaria dalla pressione dell’alleanza militare.Vi ricordate quando Bush arrivò al Rose Garden dicendo che non avrebbe accettato il ritiro di Saddam Hussein? Era tutto parte del quadretto, così come lo era Bush. Dopo la dichiarazione di Bush seguì un briefing dall’Arabia Saudita per spiegare che le forze irachene non si stavano ritirando, ma erano state allontanate dal campo di battaglia. Infatti, decine di migliaia di soldati iracheni in Kuwait iniziarono ad allontanarsi ben trentacinque ore prima dell’arrivo delle forze alleate a Kuwait City. Non si mossero sotto la pressione della fanteria delle forze alleate che erano distanti miglia da Kuwait City.

Questa deliberata campagna di disinformazione sull’azione militare e i crimini di guerra, questa manipolazione dei briefing della stampa per ingannare il pubblico e nascondere il massacro al mondo è anche una violazione del primo emendamento della Costituzione americana, del diritto di informazione.

Joyce Chediac è un giornalista libano-americano che ha viaggiato in Medio oriente e scrive sul Medio oriente. La sua relazione fu presentata alla corte di New York l’11 maggio 1991.

Originale in inglese: http://bellaciao.org/en/article.php3?id_article=1862

Tradotto Nuovi Mondi Media

http://www.nuovimondimedia.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=769&mode=thread&order=0&thold=0