Home > Scuola pubblica, addio
di Francesco Muraro (insegnante)
Dopo la manifestazione di Milano, di sabato 14 febbraio 2004
Siamo partiti bene. Sabato pomeriggio ho partecipato, come cittadino,
genitore ed insegnante, ad una manifestazione pubblica realmente spontanea
ed autorganizzata. Il tema: difesa della Scuola Pubblica. Ed è per questo
che decine di migliaia di bambini (ovviamente strumentalizzati per poi
essere ingrassati e divorati), adulti di tutte le età, familiari o
lavoratori della scuola ., insomma tutti coloro che diversamente partecipano
al lavoro dell’enorme macchina scolastica, sono scesi per strada per rendere
pubblico e visibile il loro dissenso. Me compreso.
Da insegnante vorrei raccontare le ragioni concrete e non solo ideali del
mio dissenso rispetto al progetto Berlusconi-Tremonti-Moratti; un progetto
che trasforma il sistema istruzione-formazione e il campo educativo in
Merce, facendo seguito alla precedente trasformazione - da Diritto a
Servizio - compiuta in buona parte dal governo dell’Ulivo. La trasformazione
dei singoli istituti scolastici pubblici in "aziende (parzialmente)
autonome" ha dato il via alla mercificazione dell’istruzione, anche se ha
aperto spazi di discussione e progettualità assopiti da tempo. L’operazione
Moratti & c., porta a compimento l’aziendalizzazione della scuola cominciata
con la riforma Berlinguer, pur riaccentrando il controllo (magari in parte a
livello regionale) e gerarchizzando i rapporti professionali. I Dirigenti
scolastici, nominabili dall’autorità politica e da essa revocabili sarebbero
facile preda di pressioni di ogni tipo, orientati al conformismo, cauti
nella sperimentazione e magari un po’ meno dialoganti con i docenti e le
RSU .
Sul piano dei rapporti con il ministero si profila una trasformazione nel
modo di finanziare i singoli istituti: fai il bravo e ottieni buon punteggio
nella valutazione del servizio - test? quiz? questionari guidati? - e ti
finanziamo per bene, oppure arrangiati e vendi l’anima alle aziende del
territorio (la vera nuova committenza che vorrebbe dettare programmi e
indirizzi). Anche fra scuola pubblica e scuola pubblica si va a creare una
gerarchia di merito, valutata sul rendimento medio degli studenti (?!?): le
scuole in contesti difficili o accettano il bollino d’infamia di scuola a
rischio (e finanziamenti ad hoc) o in quanto semplice scuola riceverebbero
il minimo indispensabile per funzionare a basso regime.
Azienda dal prodotto scadente offre merce di bassa qualità: hard discount
del sapere.
La "famiglia", feticcio e specchietto per le allodole della riforma e dei
suoi risvolti propagandistici, potrà quindi scegliere "liberamente" se
comprare (con ticket, buoni, sconti, ecc.) qui o là (pubblico e/o privato -
discount o boutique) ore di scuola: in compenso vengono sollevati in buona
parte dall’impegno a partecipare alle scelte collegiali d’Istituto, là dove
realmente si decide e si partecipa liberamente alla vita scolastica, in sede
pubblica, insieme alle altre componenti della scuola.
Per dimostrare quanto sia strategica e pensata con attenzione l’operazione
"demolisci il servizio pubblico" (in ottemperanza, tra l’altro, alle
indicazioni internazionali del Fondo Monetario Internazionale, della Banca
Mondiale, dell’Organizzazione mondiale del Commercio), può bastare - come ha
suggerito il dirigente scolastico Vito Giacalone in un recente incontro
pubblico - osservare cosa vada abrogare il decreto Moratti: dall’articolo
19 "Norme finali e Abrogazioni" si evince che qualsiasi riferimento agli
intenti costituzionali relativo al Diritto all’istruzione pubblica e
gratuita vengono cancellati.
Vi sono poi tutte le questioni specifiche e relative alla cosiddetta
"offerta formativa".
La prima è quella del Tempo Pieno/Tempo Prolungato. Quello che sembra
risultare dalla lettura del decreto è che la quantità di ore di Merce-scuola
offerta dalla scuola Pubblica non diminuirà (se non gradualmente) ma
cambierà natura. Anche il tempo-lavoro dei docenti cambierà natura, o meglio
si snaturerà. Qualche esempio: con la nuova impostazione oraria nella scuola
media inferiore risulta praticamente impossibile far condividere le ore a
docenti di diverse materie; è bastato diminuire il monte ore annuale delle
diverse materie, abolirne qualcuna (Educazione Tecnica, chissà poi perché?),
accorpare insegnamenti, cambiare nome alle materie e via. Taglio di
personale (quante migliaia?) e individualizzazione del lavoro docente: come
ottenere un obiettivo culturale strategico e risparmiare (o spostare risorse
verso il privato). Stesso discorso vale per l’istituzione della figura del
Tutor (?!?) nella scuola elementare: come ci ha ricordato Clara Bianchi di
reteScuola, nessuno ne sentiva il bisogno e nessun pedagogista che si
rispetti può sostenere senza risultare ridicolo, che one is meglio che two.
Quindi meno spazio ai progetti di recupero, su gruppi interclasse, a
laboratori con piccoli gruppi, meno spazio al sostegno, meno programmazione
comune, meno progettazione comune, meno valutazione comune (un fatto
gravissimo, data la delicatezza di questa operazione). La maggior parte del
nostro lavoro sarà svolgere "la lezione", le verifiche, valutare (compilando
il fantomatico portfolio individuale, che nessuno ha mai visto e che in
alcuni casi rischia di assomigliare ad una sorta di fedina penale) e
compilare pigne di carta. E’ il ridotto quantitativo di ore scuola, 27 (+3
opzionali alle elementari + mensa a piacere) o 27 (+6 opzionali alle medie +
mensa), che lo impone: nessuna traccia scritta di questa operazione, nessuna
esplicita e imbarazzante prescrizione, solo fatti .
Anche i programmi di materia subiscono variazioni tutte da spiegare. Perché
la Storia Antica deve essere insegnata alle elementari mentre alle medie si
riserva il Medio Evo e il suo seguito? A voler leggere il fatto con l’occhio
dello storico, viene immediatamente da pensare che ai piccoli si riservi l’
epoca delle favole e dei miti (ma anche del paganesimo, della democrazia
ateniese e dell’imperialismo romano) e ai più grandi lo stadio evolutivo
della coscienza nell’Europa cristiana . una lettura pre-ottocentesca dello
svolgimento della storia a forte tasso ideologico: l’antichità come fase
infantile della Storia e il cristianesimo come maturità dell’umanità! E
ancora: perché viene reinserita l’economia domestica (tra l’altro all’
interno degli insegnamenti matematico-scientifici?). Quanto è vero che i
programmi di matematica sono stati male organizzati e mal scritti?
Ma, soprattutto: perché bloccare la riforma Berlinguer, che ormai era in
fase di completamento, per imporre dall’alto una radicale trasformazione
che - e come insegnante posso assicurarlo - getterà la scuola nel caos
organizzativo più totale?
GRANELLO DI SABBIA (n°122)
Bollettino elettronico settimanale di ATTAC
Messaggi
1. > Scuola pubblica, addio, 20 febbraio 2004, 15:36
Caro Prof. Muraro
Concordo con le sue tesi anche se non mi sembra che la riforma Berlinguer godesse della stima e della approvazione di insegnanti e genitori.
Ciò che veramente mi indigna è come i tagli sulla scuola pubblica perpetrati in questi anni, a danno dei portatori di handicap, siano passati sotto assoluto silenzio. Quando entro in classi”multietniche” di 30 alunni stipati come animali in gabbia mi chiedo solo come tutto ciò sia stato reso possibile.
Da destra e da sinistra abbiamo assistito per anni al lancio degli slogan sulla necessità di introdurre lingue straniere e informatica in una scuola di alunni sempre più problematici, con famiglie separate e in crisi. Mi scappa da ridere!! Il computer in prima elementare…!!
Trovo una coerenza invece con la riforma Berlinguer: visto che gli alunni disabili sono miracolosamente guariti e che di alunni nelle classi ormai non riusciamo più anche fisicamente a farne entrare…tagliamo le ore. Non servono (sic).
Per fortuna arrivano le elezioni europee…
Cordiali saluti
Luciano Fedeli (insegnante)