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Se il bene e il male si mettono allo specchio

Publie le mercoledì 1 settembre 2004 par Open-Publishing
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di RICCARDO BARENGHI

Fra un Iraq governato dai tagliatori di teste e un Iraq occupato dagli americani, Barenghi sceglie il secondo. Lo capisco. Il suo ragionamento può essere applicato (e lo è stato) a molti analoghi eventi storici. Esempi: 1511/1522: Hermàn Cortès decima le popolazioni azteche e fonda in Centro America la colonia cristiana Nuova Spagna. Sì, ma gli aztechi praticavano i sacrifici umani, dunque scelgo l’occupazione spagnola. XVI-XIX sec.: i bianchi catturano milioni di africani e li trasferiscono in America, imponendo loro il battesimo e la schiavitù. Sì, ma in Africa già vigeva lo schiavismo e le genti languivano sotto tiranni crudeli e idolatri. Dunque scelgo la tratta degli schiavi.

1935/36: l’Italia occupa l’Etiopia sterminandone l’esercito mediante gas letali, e la annette all’italico Impero. Sì, ma l’Etiopia era oppressa da un regime tribale barbarico, e anche là si tagliavano le teste. Dunque scelgo l’occupazione italiana.

Gli esempi si possono moltiplicare all’infinito, basta scorrere la storia (Giulio Cesare fra i barbari Germani, gli inglesi in India, gli olandesi nel Congo, gli arabi in Sudan, gli Usa nelle Filippine, ecc. ecc.) Credo che molte di queste «scelte» si possano far risalire a una radice comune del nostro pensiero , secondo cui il Bene «deve a ogni costo trionfare sul Male». (Genesi 18:20, 19:23) «Di conseguenza Geova disse "Il grido di lamento circa Sodoma e Gomorra, sì, è alto, e il loro peccato, sì, è molto grave" ...Quindi Geova fece piovere zolfo e fuoco su Sodoma e Gomorra. Egli rovesciò dunque queste città, sì, l’intero Distretto e tutti gli abitanti della città e le piante del suolo».

In tutte le circostanze citate e citabili alcune Potenze, sedicenti rappresentanti del Bene, si sono proclamate investite dalla missione di eliminare il Male. E’ esattamente quanto oggi proclama Bush lanciando i suoi Marines e le sue bombe contro i tagliatori di teste. Evidentemente Barenghi la pensa come lui. Filippo Franceschi, Veano, Piacenza

Evidentemente invece no. Sarcastica e anche spiritosa questa lettera, tanto che rischia di far vacillare il mio dubbio. Dopo di che uno pensa che la caratteristica del dubbio è proprio il suo vacillamento, dunque vacillo dubbioso. Intanto, a proposito degli esempi fatti qui sopra da Franceschi, mi pare che nei secoli o decenni che sono trascorsi da quegli avvenimenti, qualche piccolo passetto in avanti il nostro odiato occidente l’abbia fatto. Se non nel comportamento pratico nelle situazioni di guerra (penso alle torture ma non solo), quantomeno nella cultura, nella politica, direi nell’idea che l’opinione pubblica occidentale ha di quel che si può o magari si deve fare e di quel che invece non s’ha da fare. Poi magari, ipocrisia vuole che questi valori vengano dimenticati per convenienza, derogati per cosiddette ragioni di forza maggiore, piegati a esigenze politiche del momento. E’ il caso di questa guerra come delle ultime che abbiamo vissuto, dal 91 in poi passando (trapassando) per il Kosovo. Ma il punto che mi interessa discutere ancora (magari domani cambiamo argomento) sta nelle ultime righe della lettera, il bene e il male. Ecco appunto, tanto non la penso come Bush, ossia che noi siamo il bene e loro sono il male, quanto però non penso neanche il contrario.

E invece ho da tempo la netta impressione che noi pacifisti e radicali di sinistra tendiamo un po’a cadere nella trappola dello stesso manichesimo, seppur rovesciandolo. Ovviamente siamo contro il terrorismo, ovviamente giudichiamo barbarie chi taglia la testa di qualcun altro o fa saltare un autobus o una discoteca e via dicendo. E però finiamo per spiegare questi fenomeni come reazioni alla guerra del male (gli americani o gli israeliani) contro il bene (il popolo iracheno o palestinese o chi per esso). Fenomeni che andando comunque contro il nemico principale, se non sono buoni finiscono per essere utili alla causa. O come minimo non costituiscono un problema perché appunto il problema è quell’altro. Penso al contrario che siano un problema e non siano affatto utili alla causa ma che, anzi, rischino di comprometterla. Sia in questo momento, cioè mentre milioni di persone (lì e qui) si battono con altri mezzi per liberare l’Iraq dagli occupanti, sia un domani quando (e soprattutto se) l’Iraq tornerà a essere un paese libero. Non vorrei, insomma, che gli iracheni (non noi che viviamo più o meno tranquilli) in futuro si trovassero a dirsi che stavano meglio quando stavano peggio.

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