Home > Siamo in guerra. Anche ad agosto
di Salvatore
Cannavò
Il mese di luglio è stato il mese dedicato alla crisi di governo, alle difficoltà della
destra nonché all’impasse e alle contraddizioni del centrosinistra sul fronte
interno. Anche in Italia, come negli Stati Uniti, la guerra in Iraq ha avuto
meno spazio e meno attenzione. Ieri, improvvisamente, il mondo dell’informazione,
e gli italiani che guardano i tg, hanno riscoperto che la guerra continua. Imperterrita,
dura, sanguinosa, ingiusta.
Il tentativo di «afghanizzare» mediaticamente il conflitto - per usare l’espressione
con cui Paul Krugman, sul New York Times, denuncia l’oscuramento sul conflitto
– non è riuscito, e non poteva riuscire. Le ultime, drammatiche, notizie - nella
controffensiva contro al Sadr gli Usa sono arrivati a bombardare i cimiteri -
mostrano infatti una situazione che è l’esatto contrario di quanto ci era stato
fatto credere dopo il 28 giugno, data della presunta normalizzazione del paese.
Il paese, invece, è molto distante dall’essere sotto il controllo del governo-fantoccio di al Allawi: Sadr-City, periferia della capitale da 2,5 milioni di abitanti, è sotto la giurisdizione dello stesso al Sadr; Falluja è territorio ostile agli Usa; altre città occidentali anche e le truppe di occupazione si trovano sotto un tiro di fuoco continuo.
E’ difficile decifrare correttamente le mosse della "resistenza" militare agli Usa - l’ultima offensiva sciita potrebbe trovare spiegazione nel ricovero di al Sistani a Londra e quindi in un possibile, imminente, vuoto di potere nella comunità sciita. Quello che è certo è che a distanza di quindici mesi dalla solenne dichiarazione di Bush sulla portaerei Lincoln il paese continua a opporsi all’occupazione e a non riconoscere il governo che gli Usa intendono calargli dall’alto. Opposizione che non passa solo attraverso il terrorismo, che ovviamente riguarda un nucleo ristretto di persone, desiderose di aumentare, criminalmente, l’instabilità dell’intera regione, ma attraverso una resistenza civile strisciante e anche attraverso un’azione militare che gli Usa stessi non possono tacciare di terrorismo - al Sadr aveva condannato gli attacchi contro le chiese cristiane - e che per quanto non proponga una soluzione politica desiderabile per l’Iraq, continua a tenere aperto il problema di fondo: il paese è occupato e la sua autodeterminazione è lungi dall’essere raggiunta.
Qualche giorno fa il presidente del Consiglio ha annunciato l’intenzione di andare "finalmente" in vacanza; le ultime ore, poi, ci hanno offerto gli scontri di potere tra il ministro della Difesa e quello degli Interni a proposito del comando dei Carabinieri. Si continua a fare finta che l’Italia non sia in guerra, a ignorare i pericoli che possono abbattersi sul paese e a limitarsi a gestire una politica del falso allarme. E invece si tratta di un’emergenza assoluta e per risolverla non possiamo solo sperare nella caduta di Berlusconi o nella vittoria di Kerry.