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Sudan: attacchi sul Darfur e affari con l’Italia

Publie le venerdì 13 agosto 2004 par Open-Publishing

MISNA | United Nations High Commissioner for Refugees

Il governo di Khartoum prosegue i bombardamenti aerei sulla popolazione in fuga del Darfur - scrive Warnews che riporta informazioni dell’agenzia Reuters. Mentre si dichiara disposto a disarmare i cavalieri Janjaweed, sospettati di essere in combutta con Khartoum, il regime non esita a compiere azioni militari nella regione del Darfur.

Il regime islamico, per voce dell’ambasciatore nel Regno Unito Hassan Abdin, ha ribadito l’impegno a riportare la pace nella regione, sono 6 mila le forze governative mobilitate, presto portate a 12 mila, ma ha dichiarato l’impossibilita’ di portare a termine le operazioni di disarmo dei guerriglieri entro fine agosto come richiesto dalla risoluzione delle Nazioni Unite del 30 luglio scorso. Abdin ha inoltre negato il coinvolgimento diretto del regime nelle atrocita’: "Non vi sono bombardamenti da tempo. Il governo sudanese sta rispettando il cessate-il-fuoco deciso ad aprile". Agenzie umanitarie delle Nazioni Unite hanno però confermato la notizia di incursioni aeree nel Sud del Darfur nella giornata di ieri. Va ricordato che nei giorni scorsi il governo sudanese ha rifiutato la proposta dell’Unione Africana d’inviare 2.000 soldati in Darfur per arginare il disastro umanitario.

Continua intanto a prevalere l’incertezza sulle trattative che si dovrebbero tenere il 23 agosto prossimo in Nigeria tra i due protagonisti della crisi del Darfur: se il governo sudanese e i mediatori dell’Unione Africana (Ua) hanno confermato oggi l’appuntamento, entrambi i movimenti ribelli attivi in Darfur (Jem e Sla-m) chiedono che gli incontri vengano spostati di qualche giorno a causa di "precedenti impegni" - riporta l’agenzia Misna.

E sempre la Misna comunicava ieri che sarebbero 22 le persone morte per un’epidemia di epatite nei campi profughi del Darfur, la regione occidentale del Sudan teatro di violenze e di una delle più gravi crisi umanitarie del pianeta. Secondo un’intervista di un medico del Fondo delle Nazioni Unite per le popolazioni, Henia Dakkak, all’emittente britannica Bbc, la malattia si sta diffondendo in maniera estremamente veloce a causa delle scarse condizioni igieniche dei campi. Le stime delle Nazioni Unite parlano di oltre un milione gli sfollati interni del Darfur: persone costrette da attacchi e combattimenti ad abbandonare i propri villaggi e che oggi sono ammassati nei dintorni delle città più grandi della regione.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nel tentativo di migliorare le condizioni di vita dei rifugiati ha aumentato in maniera drastica le consegne dei quantitativi di acqua nel campo di Bredjing, portandole da 1,7 litri per rifugiato al giorno a 12 litri per persona al giorno, ma le condizioni degli aiuti rimangono precarie a causa delle pioggie. Le pesanti precipitazioni in Ciad orientale della scorsa settimana hanno causato un blocco dei trasporti lungo l’arteria stradale Abeche-Adre per oltre due giorni.

Mentre nel Darfur continuano le violenze, c’è chi con il regime al potere in Sudan continua a fare buoni affari in campi come il petrolio, le armi, le tecnologie sensibili: dalla Cina alla Malaysia, dall’Iran alla Russia, dal Canada alla Gran Bretagna. E, non per ultima, l’Italia, che risulta il terzo cliente della produzione petrolifera sudanese, mentre la joint venture italo-britannica Alenia Marconi Systems fornisce a Khartoum sistemi radar per il controllo del traffico aereo. Apparecchiature da 22 milioni di euro installate in aeroporti che sono anche militari -scrive Francesco Terreri di Microfinanza in un dettagliato articolo per Unimondo. Secondo i dati Istat sul commercio con l’estero, infatti, l’Italia ha acquistato tra il 1999 e il 2003 petrolio da Khartoum per oltre 144 milioni di euro: 24,6 milioni nel ’99, 14,4 milioni nel 2000, 13,2 milioni nel 2001, 54,8 milioni nel 2002 e 37,1 milioni nel 2003.

E nel 2002 - riporta Terreri - l’Italia risulta la prima fornitrice di radar al Sudan con materiale del valore di 4 milioni di dollari. Ma sulla natura solo civile dei sistemi forniti sorgono forti dubbi sollevati anche nel Parlamento britannico, ad esempio il 4 novembre 2002 alla Camera dei Lord dall’interrogazione di Lord Alton che mette in relazione la fornitura dei radar e quella russa dei velivoli MiG-29. Sia El Obeid, sia Port Sudan, sia Juba sono aeroporti utilizzati dalla Sudan Air Force. E l’aviazione di Khartoum bombarda anche i villaggi del Darfur: il 4 giugno un mediatore del Ciad racconta all’Agenzia France Presse dell’attacco di aerei ed elicotteri su Tabet, nel nord. Obiettivo: il mercato in piazza. [GB]

http://unimondo.oneworld.net/article/view/91800/1/